La favola dei suoni è un inserto narrativo facente parte de Il Saggiatore di Galileo Galilei. È impropriamente chiamata "favola", benché non metta in scena animali parlanti o rappresentanti vizi umani: è in realtà un apologo che descrive l'applicazione, ossessiva e alla fine per certi versi anche distruttiva, del "metodo scientifico".[1]
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La favola dei suoni | |
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Autore | Galileo Galilei |
1ª ed. originale | 1623 |
Genere | racconto |
Lingua originale | italiano |
Modifica dati su Wikidata · Manuale |
Un uomo intelligente e curioso, nato e vissuto lontano dalla città, è solito catturare e allevare uccelli per studiarne l'emissione vocale. Una notte, udendo una nuova melodia, va a cercare di catturare quell'uccello, che però si rivela essere un semplice zufolo suonato da un pastore: l'uomo comprende che i suoni possono provenire dalle fonti più disparate. La novella finisce con il cercatore di suoni che, nel voler individuare il meccanismo che consente a una cicala di produrre il suo verso caratteristico, finisce per uccidere l'insetto.
«...onde si ridusse a tanta diffidenza del suo sapere, che domandato come si generavano i suoni, generosamente rispondeva di sapere alcuni modi, ma che teneva per fermo potervene essere cento altri incogniti ed inopinabili.» |
Con questa novella Galileo intende realizzare un obiettivo polemico che si basa sull'insegnamento di Socrate: "saggio è colui che sa di non sapere", cioè colui che è a conoscenza di quali siano i limiti del proprio sapere. Egli vuole inoltre dire che, fatta una scoperta grazie al "metodo scientifico", non bisogna limitarsi a questa ma bisogna continuare a ricercare e che poi non tutto è spiegabile e/o dimostrabile.
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