Masscult and Midcult è un saggio di sociologia della cultura e della comunicazione di massa, opera di Dwight Macdonald (1906 – 1982), critico letterario e pensatore anarchico americano.
Masscult e Midcult | |
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Titolo originale | Masscult and Midcult |
Autore | Dwight Macdonald |
1ª ed. originale | 1960 |
1ª ed. italiana | 1964 |
Genere | saggio |
Sottogenere | letteratura |
Lingua originale | inglese |
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Lo scritto muove una critica sociale radicale che verte sulle categorie di produzione e fruizione della cultura nella realtà massificata a cavallo degli anni '50 e '60 negli Stati Uniti d'America. Il saggio si inserisce nel solco di una polemica latente, e a tratti molto accesa, nei confronti dei fenomeni di degenerazione del gusto nell'emergente middle class borghese. Si tratta di una controversia già esplosa nella temperie culturale dell'Inghilterra degli anni '20 e '30, che, tra i suoi iniziatori, aveva avuto la scrittrice Virginia Woolf, che, in un celebre scritto, si era scagliata contro il travisamento della cultura operato dal fenomeno detto Middlebrow.
Il saggio ha conosciuto varie edizioni in lingua originale ed è stato tradotto in diverse altre lingue tra cui anche l'italiano, più volte a partire dalla prima traduzione, pubblicata nel 1964.
Entrambi i termini che campeggiano nel titolo sono parole d'autore, frutto dell'onomaturgia di Macdonald che preferì coniarle per potersene servire in luogo di Middlebrow e Mass culture, non volendo nemmeno riconoscere, a queste due categorie, lo statuto di "culture".
Lo scritto di MacDonald, definito da Umberto Eco un "bellissimo e aristocraticissimo saggio"[1], argomenta una durissima critica alla cultura middlebrow. Macdonald associava il popolo, e la moderna deriva industriale di allontanamento dalla specializzazione, nella comune responsabilità di aver creato un mercato di massa di consumatori di arti, in grado di costituire e dar forma a una platea anonima e indistinta di soggetti. La cultura Highbrow, per Macdonald, è associata, invece, alla specializzazione dei connoisseur, mentre la cultura Lowbrow comporta prodotti popolari autenticamente adatti a specifiche comunità. Invece, la cultura di massa (che egli, per motivi ontologici, decide di chiamare masscult) copia e manipola entrambe queste tradizioni con prodotti in serie privi di innovatività o si preoccupa espressamente del mercato[2]. Lo stesso nome di Masscult, che Macdonald preferisce attribuire alla cultura di massa, riflette la sua intenzione di disconoscerne perfino lo status di cultura, in quanto prodotto industriale, "macinato" e confezionato da una "catena di produzione"[3] a uso e consumo di masse e moltitudini indistinte, un "prodotto uniforme il cui umile scopo non è neppure il divertimento, perché anche questo presuppone vita, e quindi sforzo, ma semplicemente la distrazione"[3]. Il prodotto Masscult, per Macdonald, "può essere stimolante o narcotico, ma dev'essere di facile assimilazione. Non chiede nulla al suo pubblico, perché è «completamente soggetto allo spettatore». E non dà nulla"[3]. Tutto ciò determina un'America in cui dominano omogeneità e livellamento, una situazione in cui una cultura pluralistica non può nemmeno esistere[4].
Nella visione di Macdonald, come spiega Umberto Eco con un'esemplificazione spicciola, "la cultura alta era rappresentata, tanto per capirci, da James Joyce, Marcel Proust, Pablo Picasso, mentre quello che veniva chiamato Masscult era dato da tutta la paccottiglia hollywoodiana, dalle copertine del Saturday Evening Post e dal rock [...]"[1].
La categoria intermedia del Midcult, al contrario, emerge con la cultura middlebrow e copia e adultera in modo spericolato la cultura alta, "spargendo ovunque il suo tiepido velo fangoso" che minaccia l'alta cultura[5]. Per Macdonald, il Midcult "delineava un terzo livello [...], una cultura media rappresentata da prodotti d'intrattenimento che prendevano a prestito anche stilemi dell'avanguardia, ma che era fondamentalmente Kitsch. Tra i prodotti Midcult, MacDonald poneva, per il passato, Lawrence Alma-Tadema e Edmond Rostand, e per i tempi suoi Somerset Maugham, l'ultimo Ernest Hemingway, Thornton Wilder"[1]. In quest'ottica, la categoria del Kitsch comprende sia il Masscult sia il Midcult[6]: qui il rapporto stretto e con il saggio Avant-Garde and Kitsch di Clement Greenberg (testo a cui Macdonald è debitore, che fu pubblicato, vari anni prima, nel 1939, anch'esso sulla Partisan Review).
Sono celebri, a tale proposito, in quello scritto, le stroncature di opere di grande successo e rinomanza, come Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway e Piccola città di Thornton Wilder, e dell'intera architettura neogotica dei college americani[7] (incluso, quindi, quello della sua alma mater, la Yale University).
Macdonald scrive che nel Masscult "il trucco è scoperto": il suo scopo è perspicuo e consiste nell'offrire "piacere alle folle con ogni mezzo". Il Midcult, invece, riserva "un duplice tranello": da un lato "finge di rispettare i modelli dell'Alta Cultura mentre, in effetti, li annacqua e li volgarizza. Il nemico che se ne sta fuori le mura è facilmente individuabile. Ciò che rende pericoloso il Midcult è la sua ambiguità. Perché il Midcult si presenta come facente parte dell'Alta Cultura"[2]. Promuoveva una separazione tra i "brows" in modo che "i pochi che si curano della buona letteratura, pittura, musica, architettura, abbiano la loro Alta Cultura, e non confondiamola con il Midcult"[8].
Il saggio di Macdonald fu pubblicato, per la prima volta, sulle pagine della Partisan Review in due parti, una prima uscita nella primavera del 1960, una seconda nell'autunno dello stesso anno. Fu poi ripubblicato due anni dopo nella raccolta di saggi Against The American Grain: Essays on The Effects of Mass Culture (il titolo, traducibile come "Contropelo all'America. Saggi sugli effetti della cultura di massa", riecheggiava per opposizione la raccolta di prose di William Carlos Williams, In the American Grain del 1925[9]) dalla Random House. Nel 1983 è stato pubblicato di nuovo, con lo stesso titolo, da Da Capo Press. Nel 2011, la raccolta dei saggi è stata di nuovo pubblicata, col titolo Masscult and Midcult: Essays Against the American Grain, nella collana NYRB Classics della New York Review of Books, un'edizione curata da John Summers e introdotta da Louis Menand.
La prima versione italiana del saggio è stata resa disponibile nell'edizione 1964 dell'Almanacco letterario Bompiani. Nel 1969 è uscito per Rizzoli editore, nella collana editoriale Saggi, con un'introduzione di Claudio Gorlier. Una nuova edizione è stata curata nel 1997 da edizioni e/o, con introduzione di Vittorio Giacopini.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 5506153289914532770003 |
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