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Il Laurieddhu o Scazzamurrieddhru è un dispettoso folletto del folklore dell'Italia meridionale. Il nome "Laurieddhu" viene utilizzato in particolare nell'area ionico-salentina[1][2][3]. A Barletta è conosciuto come Schezzamurid, ad Andria come Scazzamrridd. In Daunia è noto come Scazzamurill, a Napoli come Munaciello, in Irpinia come Scazzamauriello,[4] nel Vulture Melfese (nord della Basilicata) come Scazzamauridd, mentre in Abruzzo e Molise come Mazzemarill.[5] Ha inoltre molte somiglianze con il Tummà barese e con l'Avurie (o Aure o Laùre) della zona tarantina, soprattutto nei comportamenti e nel modo di liberarsene (comunemente strappargli il berretto di testa), che però ha forma animale, di solito un gatto.

Una raffigurazione sul palazzo Belli a Lecce
Una raffigurazione sul palazzo Belli a Lecce

Descrizione e comportamento


È descritto sia come poco più che un bambino o anche come un omino brutto e peloso, delle dimensioni di un bambino di circa tre anni, con un abito color tabacco, spesso scalzo e con un cappello a punta in testa, "lu cappiddhuzzu"[2]. Nonostante le piccole dimensioni sarebbe assai forte e pesantissimo, e ha l'abitudine di sedersi sulla pancia o sul petto di chi dorme, guastandogli il sonno (si riferiscono a questo fatto nomi come Carcaluru, da "calcare", "fare pressione"). Non appare mai di giorno.

Per ingraziarselo gli si possono donare un paio di scarpe, o si possono lasciare dei sassolini nelle proprie pantofole la notte; lo Scazzamurrieddhru ripaga queste gentilezze con monete d'oro, o indicando al suo benefattore il luogo dove è nascosto un tesoro. Lo si può invece ricattare rubandogli il cappello. Appare inoltre se si prova a entrare in un cimitero di notte, in questo caso la pena che dovrà subire il malcapitato è la tortura e morte per mano dello Scazzamurrieddhru che gli salterà sul petto provocandogli delle incontenibili risate, che a loro volta causano appunto la morte.

Oltre a tormentare i dormienti fa altri dispetti, come rompere i vetri delle finestre, far chiasso con le pentole in cucina, deridere e schernire chi si imbatte in lui. Con gli animali domestici ha un rapporto particolare; talvolta li cura e li nutre, talaltra li tormenta (per esempio annodando le criniere e le code dei cavalli, creando trecce così resistenti che si diceva che l'unico pettine efficace fosse il crocifisso). Capita anche che mostri di odiare un certo animale e amarne un altro e, per esempio, sottragga il cibo dal primo per darlo al secondo.

È benevolo con le fanciulle, e le protegge dalle angherie delle matrigne e delle padrone, arrivando a fare i lavori di casa al posto loro. Ama anche i bambini, e regala loro dolcetti e monete.

Si dice che custodiscano numerosi tesori seppelliti durante le guerre. Se catturati, spesso acconsentono a rivelare l'ubicazione delle loro ricchezze, ma in seguito trovano il modo di confondere chi ha ottenuto questa informazione e salvare il proprio oro in extremis. Un racconto molto diffuso è che un contadino (o un ragazzo) lo cattura e lo obbliga a rivelargli la posizione di un tesoro nascosto. Il laurieddhu lo assicura che il tesoro è seppellito in un campo dietro una particolare pianta. Il contadino lega un nastro rosso alla pianta e strappa alla creatura la promessa che non toglierà il nastro, poi va a prendere un badile. Al suo ritorno, vede che ogni albero nel campo ha un nastro identico. Si racconta che se si riesce a rubargli il cappello si potrà diventare ricchissimi.

Alcuni racconti lo rappresentano come particolarmente burlone; se, dopo essere stato ridotto all'impotenza , per farsi restituire il cappello domanda "vuoi cocci o soldi?", se si risponde "cocci" porta soldi, e viceversa.

Il cantautore Domenico Modugno nel 1954 gli ha dedicato una canzone, chiamandolo con il nome usato nel Brindisino cioè Scarcagnulu (cioè scalcagnato, scalzo, malridotto).

È diventato una delle "icone" della recente riscoperta culturale e turistica del Salento[6], come uno dei principali soggetti raffigurati dall'artigianato locale della cartapesta e della terracotta, usato come "gadget", soprammobile, portafortuna o come nano da giardino.[7]


Origine


L'incubo, dipinto di Johann Heinrich Füssli
L'incubo, dipinto di Johann Heinrich Füssli
Un leprechaun conta il suo oro in un'incisione del 1900 circa.
Un leprechaun conta il suo oro in un'incisione del 1900 circa.

L'origine del mito dello Scazzamurrieddhru si può far risalire a quello dello spirito incubo citato da Petronio Arbitro[8], Plinio, Sant'Agostino[9] e altri, ma anche, per altri aspetti, alle figure dei lari (da cui il nome laurieddhu)[3] e dei penati. Altra origine del nome Laurieddhu potrebbe essere il termine "laure", grotte e cavità naturali un tempo abitate da monaci anacoreti orientali che tra l'VIII e XI secolo si insediarono nel Salento per sfuggire alla persecuzione iconoclasta cominciata da Leone III Isaurico[10], da cui anche il termine con cui il folletto è chiamato Munaciello o Monacieddhru e altri simili a seconda delle varianti dialettali[1].


Tradizioni analoghe


Si riscontrano figure assai simili e corrispondenti a questo spiritello anche in altre regioni italiane, dove prende il nome di buffardello o linchetto o nella tradizione del Leprechaun irlandese.


Sinonimi



Note


  1. Lu Laurieddhu, in CULTURA SALENTINA, 16 agosto 2013. URL consultato il 23 novembre 2017.
  2. LEGGENDE PUGLIESI: “Lu Laurieddhu“, un folletto salentino - Corriere Salentino, in Corriere Salentino, 16 novembre 2014. URL consultato il 23 novembre 2017.
  3. Tra tradizione e leggenda: l’antico ‘folletto’ salentino, in Salento.info, 24 marzo 2012. URL consultato il 23 novembre 2017.
  4. 'O scazzamauriello, comunevillamaina.org, link verificato il 5 gennaio 2020.
  5. Figure Fantastiche
  6. Impazza il Carnevale, in Il Gallo. URL consultato il 24 novembre 2017.
  7. Maria Antonietta Vetrugno, Comune di Novoli - Corso di lavorazione della terracotta e della cartapesta "Lu Laurieddhu", su comune.novoli.le.it. URL consultato il 24 novembre 2017.
  8. Petronio Arbitro, Satyricon, 38:.
    «Io non lo so per certo, l'ho solo sentito, ma gira voce che abbia rubato il berretto a Incubo e ci abbia trovato dentro un tesoro.»
  9. Sant'Agostino d'Ippona, De Civitate Dei, XV,23:.
    ««Ed è notizia assai diffusa e molti confermano di averlo sperimentato o di avere udito chi l'aveva sperimentato che i silvani e i fauni, i quali comunemente sono denominati “incubi”, spesso sono stati sfacciati con le donne e che hanno bramato e compiuto l'accoppiamento con loro.».»
  10. Smartcom srl - Martano, Insediamenti Rupestri nel Salento: cripte, chiese e ipogei, su Salentoviaggi.it. URL consultato il 23 novembre 2017.
  11. 'U SCAZZAMAURIEGGHIJ' Archiviato il 20 agosto 2010 in Internet Archive. calitritradizioni.it

Voci correlate



Collegamenti esterni


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