Detenuto in attesa di giudizio è un film del 1971 diretto da Nanni Loy e interpretato da Alberto Sordi, in una delle sue rare interpretazioni drammatiche.
Detenuto in attesa di giudizio
Alberto Sordi interpreta Giuseppe Di Noi in una scena del film
Giovanni Pallavicino: brigadiere Saporito del carcere di Sagunto
Antonio Casagrande: giudice
Gianni Bonagura: avvocato Sallustio Giordana
Giuseppe Anatrelli: detenuto Rosario Scalia
Mario Brega: detenuto
Mario Pisu: psichiatra
Gianfranco Barra: impiegato dell'ufficio detenuti
Omero Capanna: Luigi Donato
Fulvio Mingozzi: Mingozzi, una guardia carceraria
Antonio Spaccatini: cancelliere del giudice
Sergio Gibello: carabiniere che traduce Di Noi in carcere
Nino Formicola:
Franco Cremonini: un agente
Doppiatori originali
Stefano Satta Flores: Saverio Guardascione
Mario Bardella: il poliziotto alla frontiera
Trama
Il geometra romano Giuseppe Di Noi, da anni trasferitosi in Svezia, sposato e stimato professionista, decide di portare in vacanza in Italia la sua famiglia. Alla frontiera italiana l'uomo viene arrestato senza che gli venga fornita alcuna spiegazione. Tradotto in un carcere a Milano, apprende dopo tre giorni di essere accusato di "omicidio colposo preterintenzionale" di un cittadino tedesco. Convinto che si tratti di un equivoco, viene tradotto di carcere in carcere, prima a Regina Coeli e poi fino alla località immaginaria di Sagunto, nei pressi di Salerno, ed ivi internato in una cella di isolamento in quanto, avendo risieduto all'estero, vi sarebbe il pericolo di fuga.
Di Noi subisce un lungo calvario, costellato di trattamenti umilianti. L'incubo si protrae per giorni e giorni. Giunto sul posto, il magistrato inquirente lo rimprovera di non poterlo ascoltare in quanto privo di un legale. L'uomo si trova, suo malgrado, coinvolto in una sommossa e trasferito dapprima in un carcere per reclusi ergastolani, dove scampa a stento a una violenza, e poi in una struttura psichiatrica. Occorrono l'ostinazione di sua moglie, l'interessamento del suo avvocato appena nominato nonché la benevolenza del magistrato inquirente altrimenti in ferie, per giungere a una spiegazione logica.
Di Noi apprende che il sinistro mortale avvenne per il crollo accidentale del viadotto di una superstrada costruita da una ditta di cui era stato dipendente. Trasferitosi nel frattempo in Svezia e senza alcuna comunicazione internazionale, non rispondendo al mandato di comparizione[1], era tecnicamente ritenuto latitante. Chiarita la sua posizione, il geometra viene prosciolto e rilasciato ma è ormai un uomo distrutto.
Giunto al confine italiano, un sottufficiale di polizia lo convoca per espletare "una pura formalità", ma Di Noi fugge terrorizzato inseguito dai militari, che lo raggiungono con una raffica di mitra. Si tratta fortunatamente di un incubo a occhi aperti. Di Noi è finalmente libero di lasciare il paese con la propria famiglia.
Commento
Per Alberto Sordi il film fu uno dei rari ruoli drammatici da lui interpretati[2], e l'anno seguente gli sarebbe valso l'Orso d'argento per il miglior attore al Festival di Berlino.
L'ispirazione per il film era venuta allo stesso Sordi dopo aver letto il libro Operazione Montecristo, scritto in carcere da Lelio Luttazzi[3].
Un'altra fonte di ispirazione per la trama del film fu l'inchiesta televisiva Verso il carcere, realizzata da Emilio Sanna[4].
Il film-denuncia di Nanni Loy, una sorta di incubo kafkiano calato nella realtà italiana, uscì nelle sale suscitando scalpore, poiché per la prima volta un'opera cinematografica denunciava senza mezzi termini l'arretratezza e la drammatica inadeguatezza dei sistemi giudiziario e carcerario italiani.[5]
Lelio Luttazzi scrisse alcuni interventi musicali per il film.
Luoghi delle riprese
Scena del film girata a Porto Santo Stefano: nel fermo immagine si nota il traghetto Giglio Espresso.
Il cantiere svedese diretto dal geometra Giuseppe Di Noi prima della sua partenza per l’Italia si trova a Nacka, in Svezia.
Il carcere nel quale viene trasferito Giuseppe Di Noi a Roma è quello di Regina Coeli.
La dogana nella quale viene fermato Giuseppe Di Noi appena giunto in Italia è quella di Entrèves, in Valle d'Aosta.
Una delle prigioni dove viene portato Giuseppe Di Noi è il carcere di San Vittore a Milano.
Sono state girate a Porto Santo Stefano sul Monte Argentario le scene del trasferimento del Di Noi presso il carcere di Sagunto con inquadratura finale sulla Fortezza Spagnola e la scena del trasferimento nel carcere di un'isola immaginaria, dopo la rivolta, con imbarco dei "detenuti" sul traghetto Giglio Espresso per l'Isola del Giglio.
Le scene ambientate nel carcere della località immaginaria di Sagunto sono state invece girate nel carcere di Procida e nel carcere minorile di San Michele a Ripa Grande.[6][7]
Riconoscimenti
1972 - Festival internazionale del cinema di Berlino
Orso d'argento per il miglior attore - Alberto Sordi
Precedentemente agli accordi di Schengen ed al trattato di Maastricht, le comunicazioni tra i paesi europei erano ancora soggette alle limitazioni doganali ed extraterritoriali
Sordi non rinuncia al ruolo comico in una battuta che rompe temporaneamente l'atmosfera drammatica, sulla morte del misterioso cittadino tedesco. Inoltre l'attore promuove il film in un numero del varietà Canzonissima '71, affiancato dall'imitatore Alighiero Noschese, dove i due si scambiano i rispettivi ruoli.
"il film ha una forte carica descrittiva e fotografa l'Italia di quegli anni, cogliendo il livello di arretratezza organizzativa e culturale delle istituzioni, tra l'altro quelle di maggior delicatezza, vista la materia trattata, amministrazione della Giustizia e penitenziaria."(...) "prendendo posizione sullo stato disastroso della giustizia di quegli anni, non solo Loy documentava quanto accadeva sotto gli occhi di tutti ma addirittura, con lo sguardo profetico dei grandi, anticipava la realtà drammatica che, pochi anni dopo, sarebbe esplosa con il caso TORTORA"(...) "Ma, in realtà, quella storia e quella tragedia non hanno tempo: sono entrambe figlie della stessa angoscia del Processo di KAFKA, ovvero il terrore del meccanismo divoratore delle persone, indifferente alla loro umanità ed auto-referenziale nella sua logica: anche SORDI non conosce l'accusa e non riesce quindi a trovare la ragione della spirale che lo sta risucchiando." (Paolo De Angelis, da "Cinemecum") - sito rilevato il 2/2/2016.
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