Il cielo sopra Berlino (Der Himmel über Berlin) è un film del 1987 diretto da Wim Wenders. Presentato in concorso al 40º Festival di Cannes, ha vinto il premio per la migliore regia.[1]
Il cielo sopra Berlino | |
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Titolo originale | Der Himmel über Berlin |
Lingua originale | tedesco, inglese, francese, turco, ebraico, spagnolo, giapponese |
Paese di produzione | Germania Ovest, Francia |
Anno | 1987 |
Durata | 128 min |
Dati tecnici | B/N e a colori rapporto: 1,37:1 (negativo) 1,66:1 |
Genere | fantastico, drammatico, sentimentale |
Regia | Wim Wenders |
Soggetto | Wim Wenders |
Sceneggiatura | Wim Wenders, Peter Handke, Richard Reitinger |
Produttore | Anatole Dauman, Wim Wenders, Pascale Dauman, Joachim von Mengershausen |
Produttore esecutivo | Ingrid Windisch |
Casa di produzione | Road Movies Filmproduktion, Argos Films, Westdeutscher Rundfunk |
Distribuzione in italiano | Academy Ripley's Home Video |
Fotografia | Henri Alekan |
Montaggio | Peter Przygodda |
Effetti speciali | Frank Schlegel |
Musiche | Jürgen Knieper |
Scenografia | Heidi Lüdi |
Costumi | Monika Jacobs |
Trucco | Regina Huyer, Victor Leitenbauer |
Sfondi | Esther Walz |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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«Il tempo guarirà tutto. Ma che succede se il tempo stesso è una malattia?» |
(Marion) |
Berlino, anni ottanta. Due angeli chiamati Damiel e Cassiel vagano nella città invisibili: osservano gli abitanti e ascoltano i loro pensieri. Tra le tante persone che incontrano nel loro girovagare, c'è un uomo anziano di nome Homer, che come il poeta greco Omero sogna la pace e cerca la Potsdamer Platz, una piazza che prima della Seconda guerra mondiale era una delle più belle d'Europa. Al suo posto trova una spianata incolta, una specie di terra di nessuno, e il Muro di Berlino coperto di graffiti. Damiel arriva in un circo dove si innamora di Marion, una trapezista che vive sola in un camper, balla da sola sulla musica dei Crime & The City Solution, e cammina sola per la città. Un regista americano, Peter Falk, arriva a Berlino per girare un film: in passato anche lui è stato un angelo, ma ha rinunciato alla sua immortalità. Anche Damiel decide di diventare uomo: le prime esperienze sono il sangue e il dolore. Vede i colori, gusta i cibi degli uomini e assapora il caffè caldo. Cassiel assiste impotente al suicidio di un ragazzo che si lancia dal tetto di un palazzo. Ad un concerto di Nick Cave, Damiel rivede Marion, che finisce per ricambiare il suo amore. Prima che il circo chiuda definitivamente, Marion eseguirà il suo ultimo numero volteggiando proprio come un angelo.
«L'idea è sorta contemporaneamente da diverse fonti. Anzitutto dalla lettura delle Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke. Poi tempo addietro dai quadri di Paul Klee. Anche dall'"Angelo della storia" di Walter Benjamin. D'un tratto ascoltai anche un brano dei The Cure che parlava di ‘fallen angels' [...]. Riflettevo anche su come in questa città convivano, si sovrappongano i mondi del presente e del passato, immagini doppie nel tempo e nello spazio, a cui venivano ad affiancarsi ricordi d'infanzia, di angeli in veste di osservatori onnipresenti e invisibili.» |
(Descrizione di un film indescrivibile in Giovanni Spagnoletti-Michael Töteberg (a cura di), Stanotte vorrei parlare con l'angelo. Scritti 1968-1988, p.148) |
Wenders ebbe l'idea del film dopo il suo ritorno in Germania. Il regista aveva trascorso otto anni negli Stati Uniti dove aveva girato quattro film in inglese. In quel periodo Wenders stava preparando anche un altro film, Fino alla fine del mondo, ma si rese conto che le riprese non sarebbero potute cominciare prima di un anno e dovendo pensare alla sua società di produzione e ai dipendenti da pagare, decise di realizzare un lungometraggio veloce e spontaneo, nella sua lingua nativa, che lo riavvicinasse alla sua essenza di tedesco e alla sua infanzia: il film sarebbe stato ambientato a Berlino. Inizialmente Wenders vagò per la città cercando ispirazione e annotando sul suo taccuino ciò che vedeva e ciò che lo colpiva. Poi, nel corso delle sue passeggiate, constatò che erano presenti molte raffigurazioni di angeli. Così, poco alla volta, il regista cominciò a prendere seriamente in considerazione l'idea di un film che avesse angeli custodi come protagonisti.[2]
Il regista si avvalse della collaborazione di Peter Handke, Premio Nobel per la letteratura 2019, per scrivere i dialoghi del film, che comprendono anche la poesia Lied vom Kindsein (Elogio dell'infanzia).[3]
Wenders iniziò le riprese del film senza avere un vero copione in mano; aveva deciso a grandi linee le scene e le ambientazioni, ma non aveva fissato una vera e propria tabella di marcia con le sequenze e con le battute da far recitare agli attori. Quest'assenza di copione consentì al regista una grande libertà espressiva. Le scene più costose furono quelle realizzate vicino al Muro e nella cosiddetta "striscia della morte" all'interno del Muro stesso. Non era possibile ottenere il permesso di girare in quell'area, e quindi Wenders fece necessariamente ricostruire in uno spiazzo aperto 150 metri di Muro. Nei primi giorni di riprese il regista e il costumista erano ancora incerti sul come vestire gli angeli. Il costumista fece provare agli attori armature e costumi alati, ma Wenders non era soddisfatto dell'effetto scenico e alla fine decise di fornire gli angeli di un semplice cappotto. Solo in una breve scena onirica si vede Damiel apparire a Marion vestito con l'armatura, quella stessa armatura che l'ex-angelo, non appena diventato umano, venderà per ottenere un po' di soldi.
«Volevo raccontare la storia di questa città. Era ancora una città divisa. Ci vivevano due popoli diversi, sebbene parlassero la stessa lingua. Il cielo era l’unica cosa che a quei tempi unisse la città.» |
(Wim Wenders, In difesa dei luoghi, in Frank Martucci, GLI SPAZI DI UN’IMMAGINE, FELTRINELLI, MILANO 2009) |
Il film è dedicato a tre "angeli" del cinema: i registi Yasujirō Ozu, François Truffaut, Andrej Tarkovskij.
Il film è un viaggio negli spazi della metropoli Berlino, fra i suoi monumenti emblematici:
La fotografia del film venne curata da Henri Alekan, famoso per aver lavorato con Jean Cocteau a La bella e la bestia.
Alekan utilizzò il colore per le scene con il punto di vista umano e una tinta monocromatica virata seppia per le scene con il punto di vista degli angeli. Significativa l'ultima scena del film, a colori tranne nell'angolo dove staziona Cassiel, che essendo un angelo rimane monocromatico. L'utilizzo del monocromatico rappresenta il fatto che gli angeli captano le cose essenziali della vita; sono esseri che possono sentire i pensieri più reconditi degli uomini, in grado di conoscere i fatti prima che questi accadano ma allo stesso tempo limitati dal non poter vedere i colori, sentire i sapori e provare tutte le sensazioni che un essere umano avverte quotidianamente. Durante la produzione del film, Alekan e Wenders utilizzarono una calza di seta come filtro per realizzare le sequenze monocromatiche.
Il primo film a utilizzare il monocromatico per gli angeli e il colore per gli umani fu Scala al paradiso (A Matter of Life and Death) di Michael Powell ed Emeric Pressburger nel 1946.
Il film non fa quasi mai uso di effetti speciali. Lo stesso regista ha ammesso che, durante la preparazione e la realizzazione del film, uno dei suoi grandi problemi era l'invisibilità degli angeli e il come renderla al meglio. Wenders, in collaborazione con Alekan, girò alcune scene utilizzando la sovrimpressione per rendere l'attore semitrasparente, in modo da dare l'idea di un'entità incorporea. Ma alla fine Wenders utilizzò molto raramente questa tecnica, preferendo far recitare gli attori normalmente, senza utilizzare artifici tecnici per simulare l'invisibilità degli angeli.[4]
Ha avuto un sequel, Così lontano così vicino (1993), e un remake statunitense, City of Angels - La città degli angeli (1998).
In occasione della 68ª edizione della Berlinale, il Festival Internazionale del cinema di Berlino, è stata presentata, all'interno della sezione Berlinale Classic, una nuova versione 4K DCP del film, curata dallo stesso regista e ripristinata digitalmente.[5]
Altri progetti
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