Il mattino dei maghi (Le Matin des magiciens) è un saggio pubblicato nel 1960 da Louis Pauwels e Jacques Bergier, entrambi appassionati di occultismo. È considerato tra i testi appartenenti al filone del cosiddetto realismo fantastico.
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Il mattino dei maghi | |
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Titolo originale | Le Matin des magiciens |
Autore | Louis Pauwels e Jacques Bergier |
1ª ed. originale | 1960 |
1ª ed. italiana | 1963 |
Genere | saggio |
Sottogenere | esoterismo |
Lingua originale | francese |
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Scopo del loro libro, come dichiarato da Pauwels nell'introduzione, è quello di suscitare nel lettore il dubbio su ciò che lo circonda: una differente visione del mondo può giungere mettendo in relazione fatti diversi in maniera inconsueta, o avanzando ipotesi che siano, per quanto improbabili, fuori dall'ordinarietà. Spesso nell'opera sono citate testimonianze di altri autori o riportate parti di racconti, come l'introduzione di The White People del visionario scrittore gallese Arthur Machen.
Il libro è diviso in tre sezioni. Nella prima vengono trattati temi quali le civiltà scomparse (ad esempio gli abitanti della leggendaria isola di Atlantide) e le società segrete come i Rosacroce; la seconda parte è interamente dedicata al Nazismo mistico visto come chiave di lettura dell'intero fenomeno hitleriano; l'ultima è riferita alle potenzialità dell'Uomo come essere vivente, da un'analisi di quelle che sono state alcune grandi menti del passato a ciò che potrebbe essere il suo futuro.
Il libro diede scandalo "in quanto poneva sullo stesso piano scienza e ciò che spesso non siamo disposti a ritenere tale, vale a dire la magia, l'occultismo, le tradizioni esoteriche ed iniziatiche", nell'affrontare l'evoluzione dell'arte dalla tradizione europea alla modernità[1].
Mentre Leonardo da Vinci teorizza che l'arte deve essere un'imitazione razionale e scientifica del reale, il secolo della prospettiva afferma il metodo oggettivo ed il carattere matematico-scientifico delle arti figurative.
Il '600 segna la rottura fra arte e scienza, fra creazione e rappresentazione. L'arte cessa di essere "rappresentazione dei saperi attraverso i suoi codici multipli": nascono l'estetica come scienza autonoma, il Museo, la nozione di "belle arti" contrapposta da Charles Batteux ai saperi tesi a soddisfare i bisogni materiali dell'uomo.
L'invenzione del cinematografo nel 1839, e l'Impressionismo di Cezanne, la filosofia di Friedrich Nietzsche completano la defigurazione o destrutturazione dell'immagine dalle arti visive, sollevando del tutto l'artista dal compito di imitare il mondo sensibile, dall'onere dell'adeguamento e conformità al dato sensibile, empirico e razionale proprio della scienza: l'arte dirige la ricerca della verità verso se stessa, attuando un'autoanalisi e un'autoreferenzialità di dominio, senso e significato. La forma non-naturalistica della rappresentazione e l'arte non-figurativa del dopoguerra introducono nell'arte il non conforme, di tipo inconsueto e il non-convenzionale, estendendosi fra due estremi:
Chi contesta la scientificità del libro afferma che i due autori mescolano molto liberamente esoterismo (Pauwels fu discepolo di G. I. Gurdjieff), scienza e altre discipline per arrivare a scrivere una specie di trattato di storia alternativa in cui le correnti esoteriche viaggiano da secoli in maniera sotterranea rispetto alla storia ufficiale.
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