L'eredità della priora è un romanzo storico dello scrittore italiano Carlo Alianello. Pubblicato nel 1963 dalle edizioni Feltrinelli, lo stesso anno il libro fu finalista al Premio Campiello.
L'eredità della priora | |
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Autore | Carlo Alianello |
1ª ed. originale | 1963 |
Genere | romanzo |
Sottogenere | storico |
Lingua originale | italiano |
Ambientazione | 1861, Basilicata |
Personaggi | La Priora, Iuzzella, Isabellina, don Matteo Guarna, Andrea Guarna |
Protagonisti | Gerardo Satriano, |
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Ebbe anche una traduzione in francese,[1] e fu riproposto al pubblico nel 1980 grazie all'omonimo sceneggiato.
La vicenda inizia a Napoli nella primavera del 1861. Da poco, il Regno delle Due Sicilie è stato conquistato con la Spedizione dei Mille e consegnato, dopo un plebiscito, alla Casata dei Savoia. Il deposto re di Napoli, Francesco II di Borbone ha riparato a Gaeta e le Potenze straniere stanno ancora decidendo quali interventi operare o meno sulla situazione italiana. La Francia, che ha sostenuto i Savoia nel 1859, vorrebbe il trono di Napoli per il figlio di Gioacchino Murat, Luciano Murat; l'Austria potrebbe invadere le regioni settentrionali d'Italia per appoggiare i Borbone; l'Inghilterra temporeggia.
Un giovane di buona famiglia, Gerardo Satriano, viene individuato dai reazionari borbonici e inviato in Basilicata a combattere contro le truppe occupanti piemontesi; Gerardo acconsente, ma su di lui sono state fatte pressioni sproporzionate e questo non gli sfugge. Tuttavia arriva nei pressi di Potenza, a Lagonegro, dove incontra altri esponenti della reazione: Ugo Navarra e Andrea Guarna. È inteso che Gerardo e Ugo stanno per entrare di fatto nel Brigantaggio, mentre Andrea è venuto da Roma per visionare le sue terre e ha preso alloggio presso un parente, il liberale e filopiemontese don Matteo Guarna.
Tra i provvedimenti del nuovo assetto politico c'è la chiusura dei conventi e l'incameramento dei loro beni. Don Matteo, oltre alla figlia Isabellina, ha una sorellastra maggiore, priora in un convento di Carmelitane. La donna torna a casa propria per volontà dei piemontesi, ma procura di rendere il suo ritorno quanto più spettacolare possibile e porta con sé a palazzo Guarna le suore che vogliono rimanere unite. Ciò è possibile perché, tornata nel mondo, la Priora è la legittima duchessa Guarna, in quanto il fratello minore, più volte responsabile di azioni criminose, ha perduto ogni diritto all'eredità paterna. Ed ora, la Priora, attrezzando il piano più alto della casa a nuovo convento segreto, pensa e dice che vedrebbe con piacere un matrimonio tra Andrea, il suo prediletto, e Isabellina, per lasciare loro i suoi beni.
Molto presto, iniziano le ostilità tra l'esercito occupante piemontese e le forze borboniche, organizzate per una lotta clandestina. Gerardo e Ugo combattono accanitamente e non c'è dubbio che entrambe le parti si diano a molte ingiustificate atrocità. Ugo trova l'amore in una vedova di lontane origini greche e i due fuggono nei boschi perché la casa della donna era stata teatro di combattimenti. Eppure la donna rimane uccisa da una pallottola piemontese e Ugo prende la decisione di andare a mani alzate verso i nemici. Viene ucciso mentre recita a gran voce un'Ave Maria.
Gerardo si è unito a una fanciulla sedicenne di nome Iuzzella. Lei lo vuole seguire ovunque, ma rischia di metterlo in pericolo, perché Gerardo ha una copertura come ingegnere e solo la ragazza è testimone delle sue azioni belliche. Per sottrarla a interrogatori, la colloca dapprima in casa di un barone; quando poi questo viene a sua volta arrestato, Gerardo porta Iuzzella a palazzo Guarna e la nasconde nel convento segreto. Purtroppo la natura quasi selvaggia della povera giovane le impedisce di adattarsi; dopo aver mangiato tutto il cibo delle suore, Iuzzella fugge e viene presa dai piemontesi. Farà girare la testa a un ufficiale e finirà col rimanere con lui, convinta di non poter avere il suo uomo e una vita più dignitosa.
Intanto a palazzo Guarna la Priora si è resa conto di dover pensare alla sua eredità. Avendo pronunciato certi voti, non doveva cercare di influire su Andrea e Isabellina per un loro matrimonio: non doveva possedere nulla e doveva morire in povertà. Perciò, alla presenza del notaio, del confessore e del medico, detta il suo testamento in cui lascia ogni suo bene al re Vittorio Emanuele II col vincolo di aprire a palazzo Guarna un orfanotrofio per i piccoli privati dei genitori dalla guerra civile. A Isabellina lascia il suo Crocifisso e a una suora nobile di nascita, una masseria con tutte le dipendenze, affinché possa ospitare chi vuole (si riferisce alle suore che altrimenti rimarrebbero prive di tutto, avendo rifiutato, sull'esempio della Priora, la pensione offerta dai piemontesi alla chiusura del convento).
Il decesso della Priora avviene a novembre inoltrato, quando sulle montagne lucane cade una coltre di neve. A quel punto è evidente che le forze borboniche sono sconfitte e che le Potenze straniere accettano l'annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d'Italia. Impoverito, don Matteo viene sorpreso da Andrea a fare il doppio gioco. Isabellina, che in principio, pur amandolo, aveva rifiutato Andrea, dopo questa ulteriore constatazione del carattere infido del padre, si lascia andare all'amore per il cugino e i due riparano a Roma, dove si sposano. Don Matteo sparisce e si pensa sia in Svizzera. Gerardo arriva in circostanze molto pericolose a Gaeta e viene avvicinato per essere arruolato per la Guerra di Secessione negli Stati Uniti d'America. Comprendendo di essere già stato giocato una volta a combattere guerre non sue, il giovane finge di accettare, ma sparisce al più presto.
La scrittura è anche l’arte della revisione e, per questo, è un lavoro lungo e complesso. Un autore, prima di pubblicare la sua opera, ritorna infinite volte su ciò che ha già scritto. In linea di massima, la qualità di un libro è tanto più alta quanto spesso la penna ha apportato modifiche significative. Nei due scatti fotografici qui riportati abbiamo la possibilità di mettere a confronto una pagina del manoscritto del capolavoro di Carlo Alianello “L’eredità della priora” con la stesura definitiva pubblicata. Nella foto del manoscritto possiamo intravedere una macchia di caffè e un’altra macchia non bene identificata in fondo alla pagina. Inoltre, Alianello usa la macchina da scrivere per il primo abbozzo, invece, tutte le varie annotazioni e correzioni sono riportate a mano. Per quanto riguarda la sintassi, l’ipotassi è molto più utilizzata nella versione definitiva, mentre nell’estratto del manoscritto è la paratassi che prevale. Questa correzione stilistica provoca uno smorzamento della tensione e il rallentamento dell’azione, facilitando un distacco emotivo del lettore dalla vicenda. Anche il lessico appare più raffinato e più moderato nella trasposizione edita. Un esempio del tentativo del romanziere titese di raffinare il suo linguaggio si trova al quintultimo rigo del manoscritto, dove il vocabolo “M*rda” è sostituito dal termine indubbiamente più bilanciato “Maiali”. Anche l’eliminazione dell’articolo “un” da “fare un suono” (rigo 10) e altre accortezze, come (rigo 17) la soppressione del prolisso “la guardia ch’era sopraggiunta” con un sinonimo in grado di racchiudere in una sola parola lo stesso concetto, sono testimonianza dello sforzo di rendere il registro più appropriato. Al contrario, un’analogia tra bozza e testo definitivo è la presenza di alcune battute in dialetto lucano non presenti nella corrispondente pagina del romanzo pubblicato. Un uomo come Carlo Alianello era contraddistinto da una personalità molto complessa e interessante da studiare; l’analisi grafologica delle note scritte a penna in tutto il manoscritto ci potrebbe rivelare caratteristiche importanti sul suo carattere. Bisogna inoltre notare che nella stesura definitiva del libro molte parti del discorso sono state cancellate o omesse. Come si può notare, l’autore prima scrive tutto a macchina e, quando va a rileggere, utilizza una matita o una penna per cancellare o riscrivere alcune parti. In un’altra pagina del manoscritto è ancora più evidente la complessità del processo scrittorio con tutte le cancellature, le aggiunte e i ripensamenti che si susseguono uno dopo l’altro. La differenza che salta subito agli occhi è utilizzo di due penne d’inchiostro diverso. Infatti, una composizione non nasce in una sera, ma richiede, a volte, un difficile e lungo periodo di gestazione. Inoltre, la versione definitiva del libro presenta una forma più curata e ricca di aggettivi caratterizzati anche da un certo grado di ricercatezza rispetto a quella del primo abbozzo. È anche degno di nota il fatto che, mentre nella versione manoscritta il focus è più concentrato sul sentire passionale di Juzzella, nell’opera finita questo pathos, più appropriato a una scrittura romantica che a quella a cui aspira Alianello, scompare del tutto.
Nel 1980 è stata presentata la miniserie televisiva in sette puntate L'eredità della priora, con Alida Valli nel ruolo della priora, musiche di Eugenio Bennato e regia di Anton Giulio Majano, che vede tra gli sceneggiatori lo stesso Carlo Alianello.[3]
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