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La nuvola di smog è un racconto di Italo Calvino uscito per la prima volta nel 1958 nella rivista "Nuovi Argomenti"[2], diretta da Alberto Moravia. Nello stesso anno fece parte del volume antologico I racconti (nella sezione "La vita difficile"), nel 1965 comparve con il racconto La formica argentina in volume a sé (con risvolto di copertina dell'autore), quindi ancora nella sezione La vita difficile, seconda parte della raccolta di novelle Gli amori difficili (1970).

«(...) e io restavo lì affacciato a guardare per la prima volta dal di fuori la nuvola che mi circondava in ogni ora, la nuvola che abitavo e che m'abitava, e sapevo che di tutto il mondo variegato che m'era intorno solo quella m'importava.[1]»

La nuvola di smog
AutoreItalo Calvino
1ª ed. originale1958
Genereracconto
Lingua originaleitaliano
Ambientazionecittà di cui non viene citato il nome (Si ritiene sia Torino)
Protagonistiil giornalista, la sua ragazza Claudia

Trama e personaggi


Come La formica argentina, anche La nuvola di smog è innanzitutto metafora del male di vivere, qui identificato con l'inquinamento e la sporcizia che invade ogni cosa, e del modo per affrontarlo, conviverci o comprenderlo.
Il protagonista, senza nome né volto, è un intellettuale scapolo che si reca in una città per lavorare come redattore a "La Purificazione", rivista dell'EPAUCI (Ente per la Purificazione dell'Atmosfera Urbana dei Centri Industriali). La città in questione è infatti circondata da una grande nube di smog, visibile ovunque: c'è polvere nella stanza presa in affitto dal protagonista, nel suo ufficio e sui vestiti, sui muri e nelle strade, nell'aria e sulla pelle.

Attraverso la voce in prima persona del protagonista, viviamo il suo modo di guardare alle cose: per lui è importante riconoscere intorno a sé delle immagini e dei segni, da cui cerca continuamente una risposta o con cui vuole identificarsi, ma da cui ogni volta non trae nulla se non il rifiuto di una qualsiasi trasposizione ideale del mondo o di una inutile evasione.
Al contrario i personaggi cercano in modi diversi di affrontare il problema:

Avandero, il collega d'ufficio, ha una scrivania ampia e sempre sgombra, mani pulite e ordinate, ma solo perché nasconde i plichi di carte sulla scrivania del protagonista, pulendosi i polpastrelli dalla polvere con cura. Organizza gite nel week end, e l'evasione sola giustifica la vita in città, il lavoro, l'organizzazione e le falsità.

La signora Margariti, una donna sorda che affitta la camera al protagonista, vive sola con il gatto, parla con lui durante la notte e soprattutto pulisce le grandi e numerose stanze non affittate, mentre lascia che la polvere penetri liberamente nelle altre ed anche nella sua, l'unico posto dove vive davvero. Ciò che lei è e ciò che non possiede deve mantenere un alone di verginità e di purezza.

Il signor Cordà, presidente dell'EPAUCI, è allo stesso tempo rappresentante delegato di diverse industrie: nella sua assenza più che presenza all'interno del racconto e nell'evidente controversa posizione che viene ad assumere, rappresenta l'ipocrisia, l'impegno tutto esteriore e la confusione di chi vuole sconfiggere un problema da cui non si sente toccato.

«Lasciai l'ingegner Cordà dopo alcune altre frasi generiche e affermative, e anche stavolta non si capiva bene se la sua vera battaglia la intendesse pro o contro la nuvola.[3]»

Paradossalmente la figura di Cordà è simile per certi aspetti a quella dell'operaio Omar Basaluzzi, sindacalista attivo e convinto, anch'esso alla ricerca di una soluzione al problema, ma più come rivoluzione di coscienze e dunque, successivamente, di esperienze. Il protagonista, analitico e in buona parte anch'egli "lettore" come noi, comprende la sua vera natura:

«Mi rendevo conto che a lui, venisse o non venisse quel giorno, gli importava meno di quel che si potesse credere, perché quel che contava era la condotta della sua vita, che non doveva cambiare.[4]»

Nel racconto compare poi Claudia, donna amata dal protagonista, ricca e volatile, sempre distratta e disattenta al mondo e alle parole altrui perché alla ricerca di un'allegrezza che vede i colori al di là dello smog.
Essa però non coglie le "immagini" che il protagonista vede continuamente: emblematica in questo senso è la gita in collina che i due amanti intraprendono durante una visita di Claudia. Su un punto panoramico lui vede finalmente dall'alto la nube di smog e ne riconosce il percorso, le fattezze, i colori; Claudia non capisce e, distratta, non vede nulla.

«Ma lei, senza ascoltarmi, era presa da qualcosa che aveva visto volare, uno stormo di uccelli, e io restavo lì affacciato a guardare per la prima volta dal di fuori la nuvola che mi circondava in ogni ora, la nuvola che abitavo e che m'abitava, e sapevo che di tutto il mondo variegato che m'era intorno solo quella m'importava.[1]»

Infine il protagonista, che dall'inizio del racconto ammette di stare dalla parte dello smog, di trovarsi a suo agio nelle zone più grigie e disabitate della città, di prediligere ciò che è problematico, nascosto, di non volersi mai mettere in mostra, in realtà prova un disagio visibile verso il mondo e gli altri, si pulisce spesso le mani sporche di polvere ed è sempre alla ricerca di una provvisorietà che lo salvi dal male di vivere. Sembrerebbe dunque il personaggio più portato a un'eventuale liberazione: nonostante paia l'unico a non cercare una via d'uscita, nella sua situazione di osservatore riesce a cogliere la vera entità dello "smog", preclusa invece a chi, pensando di aver trovato una soluzione, ha utilizzato solamente dei modi per non vedere.
Ecco che sul finale lo seguiamo mentre esce nelle campagne, seguendo i carretti dei lavandai, per guardare e per serbare negli occhi l'immagine dei bianchi panni stesi e di coloro che, fuori dallo smog, puliscono la sporcizia di chi ne è immerso.


Edizioni



Note


  1. Calvino, p. 238.
  2. Sul n. 34, alle pp. 180-220.
  3. Calvino, pp. 256-257.
  4. Calvino, p. 254.

Bibliografia



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