Rivolta contro il mondo moderno è un libro del filosofo e pensatore tradizionale Julius Evola, considerato unanimemente la sua opera più importante. Pubblicata per la prima volta dall'editore Hoepli di Milano nel 1934, è stata successivamente tradotta in varie lingue.
Rivolta contro il mondo moderno | |
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Autore | Julius Evola |
1ª ed. originale | 1934 |
Genere | Saggio |
Sottogenere | filosofia della storia |
Lingua originale | italiano |
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Il libro si pone come "uno studio di morfologia delle civiltà e di filosofia della storia". Il termine rivolta, stando a come dice lo stesso Evola, non corrisponderebbe al contenuto: «perché non si tratta di uno scritto polemico, l'istanza polemica, la "rivolta", se mai, è implicita, è una ovvia conseguenza».[1] In realtà però l'opera è una critica effettiva a quello che Evola definisce il mondo moderno, ormai caratterizzato dall'egemonia statunitense e sovietica nonché da un diffuso materialismo, inteso da Evola come la non-considerazione per il mondo magico e sovrannaturale al di fuori delle professioni di fede della religione e dalla democrazia. A questo mondo moderno Evola contrappone il mondo "tradizionale", caratterizzato dall'uomo della tradizione, un essere innatamente superiore agli altri esseri umani per le sue virtù e per la capacità di porsi da tramite col mondo invisibile. Lo stesso Evola spiega che per "tradizione" non si deve intendere tanto un semplice conservatorismo facente parte il complesso delle memorie, notizie e testimonianze trasmesse da una generazione all'altra, ma che il termine debba essere interpretato in chiave spirituale-esoterica facendo parte non ad una realtà del passato, ma ad una ideale epoca a-storica o meglio super-storica.
L'opera è suddivisa in due parti: la prima si intitola Il mondo della tradizione, la seconda Genesi e volto del mondo moderno.
La prima parte è interamente dedicata ad una esposizione comparata delle dottrine e delle simbologie di quelle civiltà antiche definite dall'autore "tradizionali" in cui vengono indicati i principi fondamentali secondo cui secondo Evola si manifesterebbe la regalità dell'uomo "tradizionale": la dottrina delle due nature, l'esistenza di un ordine fisico e di uno metafisico e la rivalutazione della necessità di una società organizzata tramite un ordine castale. Segue l'indicazione del modo con cui l'uomo della tradizione concepisce il diritto, la legge, la guerra, la proprietà, le relazioni fra i sessi, l'immortalità e la razza.
La seconda parte contiene invece un'interpretazione della storia su base tradizionale: si parte dalle origini dell'uomo per arrivare al concetto moderno di evoluzione in senso darwiniano che, secondo la tradizione, è considerato un regresso, un'involuzione. L'autore traccia un affresco della storia letta secondo lo schema ciclico tradizionale delle quattro età: oro, argento, bronzo e ferro nella tradizione occidentale (Esiodo) e satya, treta, dvapara e Kali Yuga in quella orientale (induismo).
Nelle conclusioni, Evola scrive una possibile soluzione a questa epoca di decadenza in cui solo una forza potrebbe salvare l'Occidente, non il cattolicesimo ma un «ritorno allo spirito tradizionale in una nuova coscienza ecumenica europea»[2] rappresentata per Evola in nuce dalla Germania nazista e dall'Italia fascista: «solo il futuro saprà dirci fino a che punto in queste realtà sia presente anche il germe di un rinnovamento in senso superiore e trascendente, di una insofferenza radicale, di una rivolta definitiva contro il mondo moderno»[3]. Nelle edizioni successive queste conclusioni sono state opportunatamente modificate non facendo alcun riferimento a regimi politici, governi o società ma al singolo individuo.
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