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Agnese Mondella è un personaggio immaginario presente ne I promessi sposi, romanzo di Alessandro Manzoni.

«Intanto la buona Agnese (così si chiamava la madre di Lucia), messa in sospetto e in curiosità dalla parolina all'orecchio, e dallo sparir della figlia, era discesa a veder cosa c'era di nuovo.»

(Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, Capitolo II)
Agnese Mondella
Agnese e Lucia accolgono fra Cristoforo
Lingua orig.Italiano
AutoreAlessandro Manzoni
1ª app. inFermo e Lucia (1823)
Ultima app. inI promessi sposi
SessoFemmina
Luogo di nascitaimprecisato (presumibilmente il paese nei dintorni di Lecco in cui risiede)
Data di nascitaimprecisata (da supporre fra il 1570 e il 1590)
Professionenel romanzo la sua occupazione principale sembra la gestione della casa; non è dato sapere se abbia fatto qualcos'altro in altri momenti della vita

Agnese è la madre di Lucia Mondella. Il cognome di Agnese è quello del defunto marito, il suo anno di nascita non è mai stato rivelato ma la sua età è calcolabile in circa 50 anni da altri passi del romanzo.


Descrizione


Agnese appare come una donna che dice di avere molta esperienza di vita: infatti offre preziosi consigli (dal suo punto di vista) anche a Renzo Tramaglino, promesso sposo della figlia, che tuttavia non si rivelano estremamente utili, come quello di fare un matrimonio "abusivo"[1] nel sesto capitolo del romanzo. In realtà, la vantata esperienza di Agnese si riduce per lo più alla meticolosa registrazione di chiacchiere e pettegolezzi del villaggio.

Non è una donna molto colta: ad esempio, quando le viene riferito che fra' Cristoforo è stato trasferito a Rimini, mostra di non aver mai sentito parlare di tale città. I suoi atteggiamenti si basano molto su notizie attinte per sentito dire, da fonti anche di dubbia attendibilità (da qui, ad esempio, la sua conoscenza della possibilità di effettuare un matrimonio a sorpresa). Agnese non manca peraltro di una certa astuzia: ad esempio, è sua l'idea vincente di distrarre Perpetua nella notte del matrimonio a sorpresa, facendo leva sui complessi della serva derivati dalla sua condizione di nubile.


Note


  1. Il Manzoni si riallaccia all'effettiva situazione del diritto canonico nel ducato di Milano dove non era stato pubblicato il decreto Tametsi, pertanto le nozze clandestine, sia pure considerate illecite avevano validità canonica. Il consenso dei nubendi era valido purché pronunciato alla presenza di due testimoni (Tonio e Gervaso) e del parroco, anche se dissenziente.

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