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Cicno (in greco antico: Κύκνος, Kýknos) o Cigno, secondo una versione facente parte del mito di Fetonte apollineo, era figlio di Stenelo e parente del figlio di Apollo, come asserisce per primo Fanocle.[1]

Esiodo è però il primo a collegare la figura di Cicno a quella di Fetonte, ed egli lo fa risiedere nel paese degli Iperborei,[2] poiché qui Cicno venne a piangere la morte dell'amico che, colpito dalla folgore punitiva di Zeus, era precipitato nel fiume dell'Eridano (secondo Esiodo, infatti, tale fiume scorreva nell'Iperborea[3]). Non è tra l'altro da escludere che lo stesso Esiodo conoscesse già una parentela tra Fetonte e Cicno (tramite un possibile collegamento tra i figli di Iride e Aurora[4])

Secondo lo studioso moderno Giovanni Capovilla fu invece Eschilo colui che per primo introdusse la figura di Cicno nel mito di Fetonte.[5]

Dall'attidografo Fanocle (III a.C.) comincia l'attestazione del mito che fa di Cicno un re dei Liguri.[6]

Cicno viene descritto come un giovane in possesso di una voce melodiosa: egli amava cantare e anche comporre musica; a tal proposito riferisce Pausania:

«La notte prima che Platone diventasse suo discepolo, Socrate vide in sogno un cigno volargli nel grembo; l'uccello chiamato cigno ha fama di doti musicali. Si narra infatti che Cicno, un musico, regnasse sui Liguri al di là dell'Eridano, oltre la terra dei Celti, e dicono che, dopo morto, per volere di Apollo egli sia stato trasformato in uccello.»

(Pausania, 1, 30, 3.[7])

Tutti i maggiori mitografi concordano nell'affermare che Cicno fu trasformato in cigno appena venne a sapere della fine di Fetonte. Aggiunge Servio Mario Onorato che il cigno, una volta morto, venne collocato da Apollo tra le stelle (costellazione del Cigno).

Virgilio, nella sua Eneide (libro X), afferma che il successore di Cicno nel regno dei Liguri fu suo figlio Cupavone.

Cicno è presente nel disegno michelangiolesco Caduta di Fetonte.


Note


  1. Ερωτες ἤ Καλοί fr. 6 P. = Lattanzio Placido, ad Ov. met. 2, 367. Cfr. B. Rossignoli, 2004, p. 145.
  2. Cfr. Andrea Debiasi, Esiodo e l'Occidente, 2008, p. 159; Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco: culti e miti minori, 2004, pp. 160-161.
  3. Esiodo, Th. 338; fr. 150, 23 M- -W.
  4. Cfr. B. Rossignoli, 2004, p. 145.
  5. Vd. Capovilla, G. 1955: Le 'Heliades' di Eschilo in Rendiconti. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Bd. 88, serie III, 19, S. 415–482.
  6. Cfr. G. Rosada, Quaderni di archeologia del Veneto, vol. 19, 2004, p. 181; Rossignoli 2004, p. 147.
  7. Cit. in Guida della Grecia: L'Attica, 2004, p. 169. Cfr. passo di Pausania in L'Uomo e il fiume: le aste fluviali e l'uomo nei paesi del Mediterraneo e del Mar Nero (a cura di), 1989, pp. 28-36.

Bibliografia


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- [it] Cicno (figlio di Stenelo)

[ru] Кикн (сын Сфенела)

Кикн (др.-греч. Κύκνος «лебедь») — персонаж древнегреческой мифологии[1]. Сын Сфенела, любовник Фаэтона. Родственник Фаэтона по матери. Царь лигурийцев, по воле Аполлона превращен в птицу[2], в лебедя[3]. Согласно Вергилию, пел, скорбя о любимом Фаэтоне, и вознесся к небу[4]. Аполлон дал ему сладкий голос, а затем вознес к небу[5].



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