Gaio Fabricio Luscino[1] (latino: Caius Fabricius Lucinus; ... – ...; fl. III secolo a.C.) figlio di Gaio; Tito Livio narra che fu il primo appartenente alla gens Fabricia a trasferirsi a Roma da Aletrium[2].
Console nel 282 a.C., rifiutò per due volte, nel 282 a.C. dai Sanniti, e nel 280 da Pirro, cospicui doni rivolti a corromperlo.[3][4] Fu di nuovo console nel 278 a.C.
Indicato come esempio di austerità e di disprezzo della ricchezza dagli antichi scrittori romani («parvoque potentem / Fabricium», Eneide, VI 843-4), la sua figura viene ripresa come modello di virtù da Dante, che lo ricorda nel De Monarchia come «altum... exemplum avaritiae resistendi» (alto esempio di resistenza all'avidità)[5] e, inoltre, nel XX canto del Purgatorio:
«Seguentemente intesi: «O buon Fabrizio, |
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XX, versi 25-27) |
Anche Jean-Jacques Rousseau e, durante la Rivoluzione francese, Robespierre elogiarono l'onestà e la vita frugale di Fabricio.
Altri progetti
Predecessore | Fasti consulares | Successore | ![]() |
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Publio Cornelio Dolabella e Gneo Domizio Calvino |
(282 a.C.) con Quinto Emilio Papo I |
Lucio Emilio Barbula e Quinto Marcio Filippo |
I |
Publio Sulpicio Saverrione e Publio Decio Mure |
(278 a.C.) con Quinto Emilio Papo II |
Publio Cornelio Rufino II e Gaio Giunio Bubulco Bruto II |
II |
Controllo di autorità | BNF (FR) cb134877089 (data) |
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