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Gioacchino da Fiore (Celico, 1130 circa – Pietrafitta, 30 marzo 1202) è stato un abate, teologo e scrittore italiano. È venerato da parte dei florensi e dei gesuiti bollandisti. È in atto ufficialmente la causa di beatificazione da parte della Chiesa cattolica, avviata dall'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, che ha nominato don Enzo Gabrieli postulatore della causa di canonizzazione.[1]

«… e lucemi dallato,
il calavrese abate Giovacchino
di spirito profetico dotato»

(Dante Alighieri, Paradiso, Canto XII, vv. 139-141)

Biografia



Origini e formazione


Le condizioni economiche della famiglia di Gioacchino erano agiate; il padre Mauro, infatti, era tabulario o notaio. In passato si era ritenuto che la famiglia avesse origini ebraiche, forse per spiegare l'atteggiamento benevolo di Gioacchino nei confronti dell'Ebraismo.

Gioacchino nacque a Celico, un paesino silano rientrante nel Ducato di Puglia e Calabria (attualmente in provincia di Cosenza), intorno al 1130; la sua casa natale[2] viene collocata storicamente dove sorge attualmente la chiesa dell'Assunta, edificata sicuramente prima del 1421 sul perimetro della casa natale dell'abate Gioacchino. Ricevette le prime nozioni di educazione scolastica nella vicina Cosenza. Ben presto fu mandato dal padre a lavorare, sempre a Cosenza, presso l'ufficio del Giustiziere della Calabria. A causa di contrasti insorti sul posto di lavoro, andò a lavorare presso i Tribunali di Cosenza. In seguito il padre riuscì a fargli ottenere un posto presso la corte normanna a Palermo, dove lavorò prima a diretto contatto con il capo della zecca, poi presso il Cancelliere di Palermo, arcivescovo Stefano di Perche. ma entrato in contrasto pure con questi, fu accomodato con i notai del re: prima con Pellegrino, partecipando a una ambasceria ad Amona della Morea, e in seguito fece un viaggio in Puglia con il notaio Santoro. Entrato in crisi si allontanò definitivamente dalla corte reale di Palermo per compiere un viaggio in Terrasanta.


Gli inizi


Forse nel corso di questo viaggio maturò un profondo distacco dal mondo materiale per dedicarsi allo studio delle Sacre Scritture. Al ritorno in patria Gioacchino si ritirò dapprima in una grotta nei pressi di un monastero posto sulle falde del monte Etna, poi tornò con un suo compagno a Guarassano, nei pressi di Cosenza. Qui fu riconosciuto e costretto ad incontrare il padre, che lo aveva dato per disperso. Al padre confessò di aver smesso di lavorare per il re normanno per servire il Re dei Re (cioè "il Signore Dio nostro")

Visse per circa un anno presso l'abbazia di Santa Maria della Sambucina, da cui si allontanò per andare a predicare dall'altra parte della valle, vivendo nei pressi del guado Gaudianelli del torrente Surdo, vicino a Rende.

Poiché al tempo la predicazione di un laico non era ben accetta, Gioacchino compì un viaggio fino a Catanzaro, dove il vescovo locale lo ordinò sacerdote. Durante il tragitto da Rende a Catanzaro si fermò nel monastero di Santa Maria di Corazzo, dove incontrò il monaco Greco che lo pose davanti alla parabola dei talenti, rimproverandolo di non mettere a frutto le sue doti. Tornò a predicare nuovamente a Rende, con l'abito di sacerdote. Poco tempo dopo vestì l'abito monastico, entrando nel monastero di Santa Maria di Corazzo. Questa abbazia benedettina, guidata dal beato Colombano, aspirava a seguire la regola cistercense.


Elezione ad abate


Secondo le fonti più accreditate, nel 1177 Giovanni Bonasso venne eletto abate di Santa Maria di Corazzo, ma rinunciò, scappando dapprima nel monastero della Sambucina, poi nel monastero del legno della croce di Acri. Gioacchino non ambiva a diventare abate, ma a studiare le Sacre Scritture. Amministratori laici, riunitisi con lui a Sambucina, lo convinsero ad accettare la carica di abate di quel monastero, all'epoca poverissimo. A Corazzo l'abate Gioacchino cominciò a scrivere la prima delle sue opere, La Genealogia, impiegando come suoi scribi frate Giovanni e frate Nicola.


Teologo e scrittore


In qualità di abate compì un viaggio all'abbazia di Casamari tra il 1182 e il 1184. Durante questo periodo incontrò il papa Lucio III, che gli concesse la licentia scribendi. Con l'aiuto degli scribi Giovanni, Nicola e Luca, iniziò già a Casamari la stesura delle sue opere principali: la Concordia tra il vecchio e il nuovo testamento e l'Esposizione dell'Apocalisse. In quello stesso periodo Gioacchino interpretò innanzi al papa una profezia ignota, trovata tra le carte del defunto cardinale Matteo d'Angers. Da qui scaturì l'incoraggiamento del pontefice Lucio III a scrivere le sue opere.

Nel 1186-1187 si recò a Verona, dove incontrò il papa Urbano III. Al ritorno si ritirò a Pietralata, una località sconosciuta, abbandonando definitivamente la guida dell'abbazia di Corazzo. I suoi monaci non tolleravano il suo girovagare e lo stare sempre distante dall'abbazia e pertanto fecero una petizione per risolvere la questione presso la Curia romana. A seguito di ciò, nel 1188 ottenne l'affiliazione dell'abbazia di Corazzo all'abbazia di Fossanova e il papa Clemente III lo prosciolse dai doveri abbaziali, autorizzandolo a continuare a scrivere.


Pietralata e protomonastero di Fiore Vetere


Lo stesso argomento in dettaglio: Abbazia Florense.

A Pietralata da lui ribattezzata Petra Olei[3], luogo ancora non inconfutabilmente localizzato, secondo alcuni una contrada nei pressi di Marzi-Rogliano, secondo altri storici sarebbe l'odierno monte petrara nei pressi della cistercense abbazia di Sant'Angelo de Frigillo Mesoraca KR, per la presenza in loco di secolari ulivi, l'abate di Corazzo si ritirò per continuare le sue scritture. In questo ameno luogo cominciarono a pervenire molti seguaci, il primo fu Raniero da Ponza, che in seguito fu legato apostolico in Francia e Spagna sotto papa Innocenzo III. Pietralata divenne presto un luogo incapace di ospitare la moltitudine di gente che accorreva a sentire Gioacchino; pertanto nell'autunno del 1188 Gioacchino salì in Sila alla ricerca di un territorio che si potesse abitare. Dopo varie perlustrazioni, si fermò nel luogo oggi denominato Jure Vetere Sottano, attualmente nel comune di San Giovanni in Fiore[4]. A sei mesi di distanza dalla perlustrazione, abbandonò Pietralata e si trasferì con i suoi discepoli in Sila sul luogo prescelto. Pietralata è un luogo avvolto nel mistero e ancora oggi non identificato con sufficienti certezze.

Dopo sei mesi dal trasferimento, il re Guglielmo il Buono morì e gli subentrò sul trono normanno Tancredi, già conte di Lecce. Furono proprio i funzionari di Tancredi a contestare a Gioacchino l'insediamento in Sila, per cui l'abate dovette recarsi a Palermo (primavera 1191) per discutere con il nuovo re. Dopo un complesso confronto tra i due, durante il quale Tancredi propose all'abate di trasferirsi presso l'abbazia della Matina «allora in stato di grave declino» (proposta rifiutata in maniera decisa da Gioacchino), gli fu concesso di restare in Sila[5], nel luogo prescelto, facendogli dono di un vasto tenimento posto nelle adiacenze, aggiungendo 300 pecore e 30 some di grano per il sostentamento della comunità religiosa. Da qui in avanti cominciò a costruire il protomonastero di Fiore Vetere.

Nel 1194, dopo la morte di Tancredi, subentrò nel regno Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, il quale concesse a Gioacchino un vasto tenimento in Sila e privilegi sovrani su tutta la Calabria.


La Congregazione florense


Lo stesso argomento in dettaglio: Ordine florense e Florensi.

In questo periodo, dopo il diploma concesso da Enrico VI, Gioacchino fondò i monasteri di Bonoligno e Tassitano e acquisì altri monasteri già italo-greci. Forte del patrimonio terriero ed ecclesiale acquisito, Gioacchino si recò a Roma ricevendo da papa Celestino III l'approvazione della Congregazione florense e dei suoi istituti il 25 agosto del 1196.

I florensi continuarono a colonizzare il territorio assegnato e, affinché Fiore venisse articolato secondo lo schema della Tav. XII, misero a coltura i territori di Bonolegno e di Faradomus, facendosi aiutare molto probabilmente da gruppi di laici che condividevano il progetto del novus ordo. Pertanto, con le acque del fiume Garga, attraverso il canale cosiddetto badiale, fecondarono dapprima Bonolegno e poi Faradomus. Da qui insorsero delle liti con i monaci greci del monastero dei tre fanciulli, ubicato in prossimità di Caccuri, che contestarono ai florensi l'occupazione di territori che secondo loro detenevano da tempi immemorabili. I poveri florensi furono bastonati, malmenati e gli edifici in costruzione distrutti. Tuttavia l'azione di costruzione dell'insediamento non si fermò, fintanto che l'abate rimase in vita.

Gioacchino morì il 30 marzo 1202 presso Canale di Pietrafitta[6] e fu seppellito nel monastero florense della Chiesa di San Martino di Ioue (Tour) in Canale. I suoi resti furono traslati nell'Abbazia Florense verso il 1226, quando la grande chiesa era ancora in costruzione. L'abate Matteo Vitari, successore di Gioacchino, continuò l'opera ampliando le fondazioni florensi; nel periodo del suo abbaziato (1202-1234), l'ordine florense vantava oltre cento filiazioni, tra abbazie, monasteri e chiese, ognuna dotata di ampi tenimenti-tenute e possedimenti vari, sparsi in Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Toscana e rendite che provenivano anche dalle lontane terre di Inghilterra, Galles e Irlanda.


I grandi benefattori dell'abate Gioacchino e dell'Ordine florense

La Congregazione florense prima e l'Ordine florense poi (1184-1266) ebbero molti benefattori; fra i tanti vale la pena ricordare:


Culto


Gioacchino da Fiore con l'aureola, affresco della fine del secolo XVI, cattedrale di Santa Severina
Gioacchino da Fiore con l'aureola, affresco della fine del secolo XVI, cattedrale di Santa Severina

I seguaci di Gioacchino, subito dopo la sua morte, raccolsero la biografia, le opere e le testimonianze dei miracoli ottenuti per sua intercessione per proporne la canonizzazione. Questo primo tentativo probabilmente abortì a seguito delle disposizioni del Concilio Lateranense IV, che nel 1215 dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo contenute in un libello accreditato ingiustamente a Gioacchino da Fiore. Tuttavia la seconda Costituzione Conciliare sull'errore dell'abate Gioacchino dichiarò anche: "Con ciò, però, non vogliamo gettare un'ombra sul monastero di Fiore, in cui lo stesso Gioacchino è stato maestro, poiché ivi l'insegnamento è regolare e la disciplina salutare. Tanto più che lo stesso Gioacchino ci ha inviato tutti i suoi scritti perché fossero approvati o corretti secondo il giudizio della Sede apostolica. Ciò egli fece con una lettera, da lui dettata e sottoscritta di proprio pugno, nella quale egli confessa senza tentennamenti di tenere quella fede che ritiene la chiesa di Roma, madre e maestra, per volontà di Dio, di tutti i fedeli" (Cost. 2).

Dante Alighieri (1265-1321), nella Divina Commedia, inserisce Gioacchino da Fiore nel paradiso (canto XII, versi 139-141), tra la schiera dei beati sapienti, corrispondenti agli odierni dottori della Chiesa, accanto ai santi Bonaventura da Bagnoregio, Rabano Mauro e Tommaso d'Aquino. Da ciò si desume il chiaro giudizio di Dante, emesso 110 anni circa dopo la morte dell'abate calabrese.

Un secondo tentativo d'avvio della canonizzazione fu compiuto nel 1346 dall'abate Pietro del monastero florense, che si recò ad Avignone per portare al Sommo Pontefice tutta la documentazione relativa alle grazie e ai miracoli ottenuti tramite l'abate Gioacchino, sia durante la sua vita sia dopo la sua morte.

È risaputo che i cistercensi venerarono come beato l'abate Gioacchino, elaborandone perfino l'antifona per il 29 maggio. Si ritiene che ciò sia avvenuto dopo il 1570, quando i florensi furono fatti confluire nella Congregazione cistercense calabro-lucana. I gesuiti bollandisti nel loro calendario liturgico e nel loro messale avevano incluso l'abate Gioacchino come beato, fissando per lui nell'anno due festività celebrative.

Il 20 luglio 1684 il vescovo di Cosenza, Gennaro Sanfelice, denunciò all'Inquisizione i monaci cistercensi di San Giovanni in Fiore poiché tenevano continuamente accesa una lampada sull'altare vicino al sepolcro dell'abate Gioacchino. Tale denuncia causò una serie di problemi relativi al culto e alle reliquie.

All'approssimarsi dell'VIII centenario della morte dell'abate Gioacchino, il 25 giugno 2001 l'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano iniziò nuovamente l'iter per la canonizzazione. Ad oggi risulta conclusa la fase diocesana, e si è passati a quelle successive.


Opere


Dialogi de prescientia Dei
Dialogi de prescientia Dei

Gioacchino, esortato da papa Lucio III, mise per iscritto la sua originale interpretazione delle Sacre Scritture.
Le sue opere principali sono:

A queste vanno aggiunte:

Sono inoltre conosciuti:


Le intuizioni di Gioacchino da Fiore


Secondo Gian Luca Potestà nella sua recensione a Refrigerio dei Santi, Gioacchino da Fiore, "segna comunque una svolta nella coscienza escatologica medievale, in quanto è il primo a rompere il "tabù agostiniano" riguardo ad Apocalisse 20 e ad avanzare, in modo cauto ma netto l'idea che la ligatio Sathane per annos mille vada riferita al tempo imminente di pace terrena, situato fra la prossima venuta dell'Anticristo e le persecuzioni finali di Gog e Magog." Sulla stessa linea si pone Robert E. Lerner che evidenzia come il teorema di Sant'Agostino, della suddivisione della storia in tre periodi: Ante legem, sub lege, sub gratia, viene rivisto da Gioacchino che introduce nel dramma il quarto atto: Itaque tempus ante legem, secundum sub lege, tertium sub evangelio, quartum sub spiritali intellectu", dimostrando così la sua straordinaria originalità interpretativa delle Sacre Scritture.

Gioacchino da Fiore tra le tante ebbe tre interessanti e originali intuizioni.

L'età dello Spirito ricomprende le età precedenti in un regno dove i conflitti sono pacificati, le guerre eliminate e l'uomo rigenerato dallo svelamento dei misteri e - secondo alcune interpretazioni - il ricongiungimento di cristiani ed ebrei, fino ad ora divisi dalla parziale illuminazione di Primo e Secondo Testamento.

Con tale teorema Gioacchino estende il tempo della storia, proponendo la dilazione del tempo della salvezza. Gioacchino elabora pertanto, prima il modello dell'albero dei due avventi, poi i tre alberi, quello sviluppato nell'età del Padre, quello sviluppato nell'età del Figlio e quello che si svilupperà nell'età dello Spirito Santo. Gioacchino crede di vivere nella fase finale di una sesta età, cui ne seguirà una settima e ultima, tutta intrastorica, fatta dell'incremento dei doni dello Spirito fino al compimento del sabato eterno, stagione della pienezza della grazia donata.
Nell'età dello Spirito l'etica non ha più il carattere punitivo e rigido dell'età del Padre: il disvelamento è una progressiva apertura verso un Dio benevolente, essenzialmente Amore, in cui si muove da un Padre del Primo Testamento, che è giudice/Dio guerriero/padrone dell'uomo e della natura severo-vendicativo e misterioso/trascendente, al Figlio che dona la vita per la salvezza dell'uomo mostrandosi come Amore e Verità, allo Spirito che completa questa dimensione rivelata.

L'inesorabilità della storia, secondo Gioacchino, è data da un ossessionante computo delle generazioni, che a volte valgono un'estensione di tempo a volte no. Con questo meccanismo complesso elabora una sorta di "linea del tempo", che va dalla "Genesi" al "Giudizio Universale". I due capi segnano i confini estremi della storia della salvezza che si sviluppa all'interno di questa linea del tempo. Gioacchino si chiede quanto è lunga questa linea del tempo e a quale punto di questa linea egli si trova, quindi da qui sviluppa una serie di calcoli e combinazioni teologiche del tutto originali. Robert E. Lerner sostiene che "Nella sua visione, ciò poteva essere conseguito soltanto con lo studio il più approfondito della Scrittura ed egli si sentiva fiducioso che, mediante nuove strategie di lettura, sarebbe stato in grado di portare alla luce messaggi predittivi della Scrittura, che sino ad allora erano rimasti segreti". Tutta la sua attività ha finito per qualificarlo come un ambizioso pensatore cristiano, ricercatore irrefrenabile di parallelismi, allusioni e predizioni. Il filosofo Giovanni Giraldi sottolinea invece l'aspetto in cui Gioacchino da Fiore parla di Età dello Spirito riferendosi esplicitamente a un ordo spiritualis monachorum, una sorta di chiesa privilegiata di monaci - spiriti superiori - in seno alla Chiesa di Cristo, e quindi non una chiesa alternativa[9].

Nel suo Monasterium delinea una struttura sociale, ovviamente a carattere teologico, ma dove gli umani trovano la loro collocazione non in base al potere o al denaro o alla discendenza, ma in base alle loro tendenze, al loro carattere e al loro stato (persone contemplative, persone attive, persone dedite alla famiglia, anziani e deboli di salute, studiosi etc) e sotto la pacifica guida di un abate. Il Monasterium ipotizza una riforma radicale e una ristrutturazione che mette in crisi l'organizzazione della chiesa che condanna pubblicamente le sue idee e le sue opere nel concilio Lateranense del 1215: per l'affermazione di un disvelamento progressivo di Dio in tre epoche che mette in crisi l'idea dell'Unità delle Tre Persone divine, per la teoria di fondo secondo cui la verità non si esaurisce col cristianesimo, ma occorre un altro evento che ripari la storia, permettendo agli uomini di godere di un'età di perfezione.


Monasterium


All'interno dei suoi ossessionanti calcoli cronosofici e millenaristi Gioacchino da Fiore elabora anche uno schema di vita religiosa per il tempo futuro, quello dello Spirito, riassunto nella tavola XII del Liber Figurarum. Esso descrive una congregazione religiosa, raggruppata in un insediamento denominato Monasterium, formata da persone con diversa spiritualità, raggruppate sapientemente in sette oratori:

Al Monasterium potevano quindi partecipare laici coniugati e non, clero secolare e conventuale, monaci spirituali. Tutti vivono sotto la guida di un unico abate che presiede l'istituto religioso, disponendo e regolando, per i gruppi e per ognuno, una sorta di scala d'accesso al Paradiso, da conquistare vivendo nella comunità. L'insediamento religioso è strutturato a modello di nuova Gerusalemme terrena con schema somigliante alla Gerusalemme dei cieli. Il Monasterium gioachimita delinea diversi aspetti comportamentali e sociali che rispettati saranno utili a varcare la porta d'accesso alla vita eterna. Il passaggio da un oratorio a un altro si conquista glorificando il Padre eterno, ognuno per le proprie possibilità e a seconda del grado spirituale concesso ad ogni singolo individuo da Dio. Il progresso spirituale non è precluso a nessuno, per cui tutti possono aspirare ad accedere al Paradiso.

Il modello proposto dal Monasterium rappresentò una rivoluzione per due aspetti:

Questo modello monastico fu quindi osteggiato anche all'interno della chiesa del XIII secolo.


Diffusione del pensiero gioachimita



Concilio Lateranense e prime reazioni


La complessa e innovativa teologia della storia generò tensioni, specialmente nella scuola teologica di Parigi, storicamente a lui avversa. Nel 1215, il Concilio Lateranense IV dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo di un'opera sulla Trinità falsamente attribuita a Gioacchino. Da questo equivoco se ne generarono altri, fintantoché lo stesso Papa Innocenzo III con bolla del 2 dicembre 1216 informa il vescovo di Lucca di non infamare l'abate Gioacchino, giacché l'Abate è considerato dalla Curia Romana un vero Cattolico (eum virum catholicum reputamus). Con parole dello stesso tenore si espresse Papa Onorio III con la Bolla del 5 dicembre 1220 con cui dà mandato all'arcivescovo di Cosenza (Luca Campano) di difendere i Monaci Florensi dalle false accuse rivolte al loro fondatore.


Neo Gioachimiti e il Gioachimismo


Lo stesso argomento in dettaglio: Gioachimismo.

Nei secoli, il pensiero di Gioacchino da Fiore è stato studiato, divulgato e diffuso. Si possono distinguere due gruppi di studiosi:

Tra i più grandi sostenitori dell'abate calabrese furono certamente i monaci florensi che ne seguirono la dottrina e l'esempio, ma egli suscitò interesse anche presso alcuni monaci cistercensi tra i quali:

La teologia di Gioacchino grazie a questi tre uomini si diffuse rapidamente, specialmente presso i Francescani spirituali francesi e italiani in vario modo. Tra questi:

Tra gli altri, si avvicinarono al pensiero di Gioacchino:

Certo quest'elenco è solo una piccola parte di un numero molto più folto di uomini colti che sono stati influenzati dalla sua teologia.

Nonostante molti francescani spirituali abbiano subito condanne e reclusioni come filo gioachimiti o ritenuti tali, l'influenza di Gioacchino nell'ordine dei fraticelli d'Assisi rimase viva, sia nella prima fase sia nei periodi successivi. La prova più eclatante è la presenza di Gioacchino nell'arte medievale:

Anche nella Chiesa cattolica contemporanea, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, diversi osservatori individuano il fiorire della ecclesia spiritualis di concezione gioachimita. Secondo l'analisi accurata di Henri-Marie de Lubac, teologo gesuita e poi cardinale, fra questi protagonisti della storia recente influenzati dal gioachimismo abbiamo[10]: papa Giovanni XXIII con la sua invocazione a <<una nuova Pentecoste», contrapponendo lo «spirito» del Concilio alla sua «lettera» e nuova Chiesa «spirituale» al posto di quella vecchia «carnale»; la <<Chiesa dei poveri>> del cardinale Giacomo Lercaro e del teologo don Giuseppe Dossetti, la corrente intellettuale dominante nel cattolicesimo italiano della seconda metà del secolo XX; Ignazio Silone su papa Celestino V, «figlio degli Abruzzi e di un cattolicesimo popolare impregnato di gioachimismo»; la "teologia della speranza" del gesuita Michel de Certeau e del protestante Jürgen Moltmann, ispirate dalle concezioni escatologiche di Ernst Bloch. Barack Obama fece del pensiero di Gioacchino da Fiore, un punto di riferimento: il presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama, nella stesura della sua tesi di laurea, lo citò a più riprese durante la sua campagna elettorale per le presidenziali[11], che definisce come "maestro della civilta' contemporanea" e "ispiratore di un mondo più giusto", usato non come citazione generica ma con specifico riferimento al moto "change we can", <<per indicare la necessità di un cambiamento radicale della storia.[...], citando il portabandiera di una società più giusta, e pensando all'apertura di un'epoca straordinaria, in cui lo spirito riuscirà a cambiare il cuore degli uomini>>[12]


Centro Internazionale Studi Gioachimiti


Lo stesso argomento in dettaglio: Centro Internazionale di Studi Gioachimiti.

Il Centro Internazionale Studi Gioachimiti cura l'edizione critica delle opere scritte da Gioacchino da Fiore, conservate in diversi codici manoscritti sparsi in diversi luoghi del mondo. Esso opera attraverso un Comitato Scientifico Internazionale e un Comitato Editoriale Internazionale e promuove ogni cinque anni un Congresso Internazionale di Studi a tema, relativo a Gioacchino dal Fiore e al Gioachimismo. A cadenza annuale stampa la rivista Florensia che contiene studi connessi a Gioacchino e al Gioachimismo.


Causa di Beatificazione e celebrazioni dell'VIII centenario della morte


Nel 2001 l'arcivescovo di Cosenza-Bisignano Giuseppe Agostino ha avviato le fasi preliminari per l'apertura dell'eventuale processo di canonizzazione. Attualmente il postulatore della Causa di Beatificazione e Canonizzazione, nominato dall'Arcivescovo di Cosenza-Bisignano, e il Sac. Enzo Gabrieli del clero della stessa arcidiocesi cosentina. In occasione dell'ottavo centenario l'Arcidiocesi ha costituito una Commissione di periti medici per la Ricognizione Canonica, una commissione storica e una commissione teologica per gli studi sull'Abate.

Nello stesso anno il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha istituito il Comitato per le celebrazioni dell'VIII centenario della morte dell'Abate Gioacchino da Fiore per promuovere la conoscenza di Gioacchino e del suo pensiero. Il programma fu redatto da Cosimo Damiano Fonseca, Professore di Storia Medioevale all'Università degli Studi di Bari, Accademico dei Lincei e direttore del Comitato scientifico del Centro Internazionale Studi Gioachimiti. Il comitato che ha agito fino a giugno 2006, ha promosso tre congressi:

Il Comitato per le Celebrazioni ha anche promosso l'edizione della raccolta dei Codici Gioachimiti, l'Atlante delle Fondazioni Florensi, un libro sulle vicende dell'Ordine Florense, un altro relativo ai Vaticini, conservati presso la biblioteca del duomo di Monreale.

Gioacchino da Fiore e il Carattere Meridiano del Movimento Francescano in Calabria Editor il testo Luca Parisoli.


Riferimenti nella cultura di massa



Note


  1. I cammini di Gioacchino Da Fiore alla quarta edizione, su CatanzaroInforma, 29 marzo 2022. URL consultato il 3 settembre 2022.
  2. Gustavo Valente "Chiese conventi confraternite e congreghe di Celico e Minnito" Frama Sud
  3. Giovanni Lavigna, Gioacchino da Fiore, cenni biografici e storici, San Giovanni in Fiore, Publisfera, 2004.
  4. Pasquale Lopetrone, La Domus che dicitur mater omnia, il saggio è inserito nel libro Jure Vetere a cura di C.D. Fonseca, F. Sogliano, D. Roubis, soveria Mannelli, Rubbettino, 2006.
  5. Il tempo dell'apocalisse, p. 241.
  6. P. Lopetrone, San Martino di Giove a Canale di Pietrafitta-restauri 2014-2015, San Giovanni in Fiore, Pubblisfera, 2015, p. 198, ISBN 978-88-97632-61-0.
  7. Gioacchino da Fiore - Manuale di storia della filosofia medievale
  8. S. Magister, Riletture. Su Gioacchino da Fiore non tramonta mai il sole, chiesa.espressonline.it, 16/04/2002
  9. Giovanni Giraldi, Giovanni Giraldi: dialogo con De Lubac su Gioacchino Da Fiore, su YouTube, 31 agosto 2013. URL consultato il 30 dicembre 2013.
  10. H. De Lubac, Posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, II. Da Saint-Simon ai nostri giorni", Jaca Book, Milano, 1984, pagine 548
  11. L'eretico obamita-Il profeta democratico si ispira a Gioacchino da Fiore, mistico medioevale Con la sua idea (fraintesa) del paradiso in terra aveva irretito la modernità, su il Foglio, di Mattia Ferraresi | 27 marzo 2009 ore 17:44
  12. USA: DON BAGET BOZZO, INTERESSANTE CHE OBAMA CITI GIOACCHINO DA FIORE-una finezza culturale che vorrei capire meglio, di don Gianni Baget Bozzo, a Adnkronos, Roma, 2008 08 28
  13. Cutro diventa Gerusalemme nel film su Gioacchino da Fiore, su news.cinecitta.com. URL consultato il 18 novembre 2022.

Bibliografia



Testi (in traduzione italiana)



Studi



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