Idraote (AFI: /idraˈɔte/[1]) è un personaggio della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso.
Idraote | |
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Universo | Gerusalemme liberata |
Lingua orig. | Italiano |
Autore | Torquato Tasso |
Sesso | Maschio |
Etnia | Siriano |
Professione | Re, mago |
Affiliazione | Eserciti mussulmani |
Idraote è il signore mussulmano di Damasco e delle città limitrofe, nemico dei crociati guidati da Goffredo di Buglione. È un mago e indovino di grande esperienza, avendo studiato le arti occulte fin dalla giovinezza ed essendosene appassionato sempre di più[2].
Tramite sortilegi astrologici e negromantici prevede – erroneamente[3] – che l'esercito cristiano fallirà la sua missione. Idraote, certo della vittoria, teme che gli egiziani ne abbiano, da soli, il merito, e per questo decide di intervenire[4]. Temendo la nota forza militare degli europei, evita la sfida campale e decide di agire per vie subdole. Stimolato dal pungolo invisibile di un diavolo, decide di servirsi di sua nipote, la bellissima Armida, coraggiosa, callida e versata nelle arti magiche persino più dello zio. Idraote le dà istruzioni di andare al campo cristiano: con un astuto piano, Armida dovrà allontanare i più valorosi guerrieri crociati. Idraote conclude il suo discorso sentenziando: «Per la fede e per la patria tutto ciò è lecito»[5].
Armida riesce nel suo intento, ma i cavalieri catturati vengono liberati da Rinaldo; per ripicca ella decide di prenderlo prigioniero, ma, folgorata dalla bellezza del giovane italiano, se ne innamora di colpo, e lo rapisce portandolo nel suo castello magico nelle Isole fortunate. Quando Rinaldo viene liberato e, costretto dal dovere di cavaliere, a malincuore la abbandona, Armida giura di vendicarsi e riversa sullo zio e tutore Idraote, causa di tutta la vicenda, la responsabilità dei suoi recenti e prossimi comportamenti inappropriati, dapprima distolti dal teatro della guerra dalla passione amorosa, ora mirati a perseguire con ogni mezzo possibile il suo odio personale[6].
«Idraote, famoso e nobil mago, che fin da' suoi prim'anni a l'indovine arti si diede, e ne fu ognor più vago.» |
(Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, canto IV, vv. 154-156.) |
«Ma che giovàr, se non poté del fine di quella guerra esser presago? Ned aspetto di stelle erranti o fisse, né risposta d'inferno il ver predisse.» |
(Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, canto IV, vv. 157-160.) |
«però credendo che l’Egizia gente la palma dell’impresa alfin riporti, desia che ’l popol suo nella vittoria sia dell’acquisto a parte, e della gloria.» |
(Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, canto IV, vv. 165-168.) |
«Poi distingue i consigli; al fin le dice: «Per la fé, per la patria il tutto lice».» |
(Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, canto IV, vv. 157-160.) |
«Non accusi già me, biasmi se stesso il mio custode e zio che così volse. Ei l'alma baldanzosa e 'l fragil sesso a i non debiti uffici in prima volse; esso mi fe' donna vagante, ed esso spronò l'ardire e la vergogna sciolse: tutto si rechi a lui ciò che d'indegno fei per amore o che farò per sdegno.»» |
(Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, canto XVI, vv. 585-592.) |
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