Lisabetta da Messina o anche Elisabetta è la protagonista di una novella del Decameron di Giovanni Boccaccio, narrata da Filomena nella Giornata IV, novella 5.
Lisabetta | |
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Universo | Decameron |
Lingua orig. | Italiano |
Autore | Giovanni Boccaccio |
1ª app. in | Lisabetta da Messina |
Specie | umana |
Sesso | Femmina |
Luogo di nascita | Messina |
Il titolo-sommario della novella, nella edizione critica del Decameron curata da Vittore Branca, è il seguente: «I fratelli d’Ellisabetta uccidon l’amante di lei: egli le appare in sogno e mostrandole dove sia sotterrato; ella occultamente disotterra la testa e mettela in un testo di bassilico, e quivi su piangendo ogni dì per una grande ora, i fratelli gliele tolgono, e ella se ne muore di dolor poco appresso»[1].
Elisabetta vive a Messina con i tre fratelli mercanti, arricchitisi dopo la morte del padre e per i loro affari. La giovane si innamora di un ragazzo pisano, Lorenzo, che si occupava degli affari economici dei fratelli di Lisabetta.
I fratelli, però, venuti a sapere dell'amore di Lisabetta per Lorenzo, decidono di portarlo con loro fuori città in occasione di un affare e prendendolo in un momento di distrazione lo uccidono. Al ritorno dei fratelli, Lorenzo non è più con loro, e questi spargono la voce di averlo mandato in qualche luogo per fare loro un servizio; al che Lisabetta crede perché non è la prima volta che viene mandato lontano per commissioni.
Trascorrono però diversi giorni e la ragazza comincia a disperarsi; in sogno le appare Lorenzo che le rivela il crimine, ed il luogo in cui è stato sepolto. Lisabetta si reca con la serva nel luogo indicato e, giuntavi, trova il corpo dell'amato. Non potendogli dare degna sepoltura, prende un coltello e gli taglia la testa che porta a casa per avere qualcosa che le ricordi il giovane e il loro breve amore.
A casa, mette la testa del ragazzo in un vaso nel quale coltiva poi una pianta di basilico salernetano. Ogni giorno la giovane piange sulla pianta e la annaffia con le sue lacrime. I fratelli, accortisi dello strano comportamento della sorella, le rubano il vaso e, trovandoci dentro la testa di Lorenzo, se ne disfano e fuggono a Napoli. Trasferiscono qui i loro affari, per paura che i messinesi vengano a conoscenza della storia della sorella. Lisabetta si ammala e muore invocando il suo vaso, nel quale era seppellito il suo amore.
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Lisabetta da Messina è la quinta novella della IV giornata. Filostrato stabilisce che si raccontino storie di amori infelici e Filomena narra della ragazza morta per le troppe lacrime. Si tratta della "più macabra delle dieci storie raccontate in questa giornata.[2]
Nella novella si trovano due mentalità: i fratelli che badano a Lisabetta attraverso un accordo, questo è lo scontro principale del racconto. Il “messaggio” di Boccaccio è la necessità di un'apertura laica della morale familiare e sociale, che attenui la forza repressiva dei codici dominanti sulle forze spontanee e irrefrenabili della natura. In altre parole una morale più libera per quanto riguarda sia i rapporti tra i sessi, sia i rapporti tra i ceti sociali.
La storia potrebbe essere fonte d'ispirazione per uno dei pezzi classici della ceramica artistica siciliana, le cosiddette "Teste di Moro", ovvero vasellame a forma di teste antropomorfe (maschili e femminili) molto vendute in tutta la Sicilia.[3]
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