Marone o Maro (in greco antico: Μάρων), figlio di Evante (altri lo considerano figlio di Enopione, Sileno o di Dioniso, e allievo di Sileno),[1] era un sacerdote di Apollo a Ismara, come narrato nell'Odissea.
Dopo la distruzione di Troia, Ulisse con la sua flotta lasciò la Troade per far ritorno a Itaca; volendo assicurarsi le provviste sufficienti per il viaggio, invase la terra dei Ciconi, che a suo tempo erano stati alleati di Priamo. Distrusse la capitale del loro regno, Ismara, uccidendo quindi gran parte dei suoi abitanti. Irruppe anche nella casa del vecchio Marone, ma impietositosi, si astenne dal fargli del male e risparmiò anche la sua famiglia (Marone in età avanzata era diventato padre di un maschio). Il sacerdote per sdebitarsi gli fece dono di un otre contenente vino, col quale in seguito l'itacense avrebbe ubriacato Polifemo:[2]
«Con me avevo un otre di pelle di capra pieno di vino dolce e scuro, che mi aveva donato Maro, figlio di Euanthes, sacerdote di Apollo, il dio che vegliava su Ismaro. Me lo aveva dato perché lo avevamo protetto assieme al suo bambino e a sua moglie; abitava in un boschetto di Febo Apollo. Ed egli mi diede splendidi regali: sette talenti d'oro, un vaso d'argento e il vino, con cui riempì dodici giare, vino dolce, una bevanda divina.» |
(Odissea) |
Marone visse ancora alcuni anni e dopo la sua morte i Ciconi lo onorarono fondando una nuova città che prese appunto nome da lui, Maronea: lì egli ricevette culto eroico in un santuario.
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