Michele Apicella è un personaggio immaginario del cinema italiano creato dalla fantasia del regista e attore Nanni Moretti. Protagonista, da lui stesso interpretato, di cinque dei suoi primi sei lungometraggi, è considerato una sorta di alter ego di Moretti[1].
Michele Apicella (il cognome è quello della madre di Moretti, Agata Apicella) non è mai la stessa persona. In ogni film, infatti, ha una vita e una professione diversa, oltre naturalmente all'età progressivamente aumentata. Personaggio dotato di "autonomia narrativa", legato (ma non coincidente) con la figura del sessantottino[2], "Michele Apicella non coincide con Nanni Moretti: è un personaggio di finzione interpretato da Moretti, al quale il regista fa dire delle verità che condivide, ma la differenza tra i due rimane sempre avvertibile"[3]. "Rispetto ad un moralista classico, che giudicava le situazioni singole in base ad un presupposto universale, Apicella in base ad un presupposto tutto suo giudica situazioni di massa. È un moralista moderno. È dunque un moralista ideologico, osservatore e spregiatore di qualunque sfumatura d'esistenza diversa dalla sua" [4]. "Il nuovo mostro degli anni '80, complesso, terribile, sconfitto" [5].
Elenco dei film
In Io sono un autarchico (girato nel 1976, quando Moretti ha 23 anni) è un disoccupato che impiega il suo tempo recitando in una compagnia teatrale sperimentale.
In Ecce bombo (1978, a 25 anni) è uno studente ex sessantottino fuori corso.
In Sogni d'oro (1981, a 28 anni) è un nevrotico regista in erba frustrato dall'incomprensione.
In Bianca (1983, a 30 anni) è un professore di matematica ossessivo e osservatore.
In Palombella rossa (1989, a 36 anni) è un pallanuotista ex dirigente PCI con una significativa amnesia.
Dei primi sei film di Moretti, l'unico senza questo personaggio è La messa è finita (1985, a 32 anni), dove protagonista è il prete don Giulio.
Un antecedente del personaggio di Michele Apicella potrebbe essere l'Antoine Doinel di François Truffaut[6]. Però, il personaggio di Truffaut è lo stesso dall'adolescenza alla maturità, mentre quello di Moretti, pur mantenendo l'identico nome, modifica da un film all'altro occupazione o professione.
Andrea Bellavita, Il cinema dei mostri, in Gli Anni delle cose: media e società italiana negli anni settanta, Milano, Università cattolica, 2000, p. 67
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