Rāma (devanāgarī: राम) è l'eroe dell'epica del Rāmāyaṇa, considerato, nella religione induista, come avatara di Visnù.
Conosciuto anche come Rāmachandra (chandra per descriverne probabilmente il meraviglioso aspetto simile alla Luna, chandra[1]), Rāma nell'induismo intende rappresentare l'incarnazione divina nel Tretā-yuga, l'era caratterizzata dalla comparsa della malvagità.
La più antica fonte attestante di questa figura divina è il poema epico Rāmāyaṇa attribuito al cantore Vālmīki, il cui nucleo originario è databile tra il V e il III secolo a.C., il completamento della sua redazione va invece ascritto ai primi secoli della nostra era[2].
Se il nucleo originario di questo poema, i kāṇḍa ("libri") da 2 a 5, celebrano Rāma come un eroe epico, due libri recenziori, 1 e 6 lo indicano come avatara di Visnù comparso sulla terra per sconfiggere il malvagio demone Rāvaṇa[3].
I Rāmāyaṇa medioevali promuovono quest'ultimo aspetto divino dell'eroe Rāma facendogli acquisire lo status di Dio stesso. Dal che la paredra di Rāma, Sītā, è quindi identificata con la dea Śrī, mentre il fratello minore Lakṣmaṇa viene identificato come la manifestazione umana del serpente Śeṣa, tra le cui spire dorme Nārāyaṇa, ovvero lo stesso Visnù[4].
Rāma è perfetto e bellissimo, la sua pelle è del colore del cielo, possiede un eccellente autocontrollo, ed infinitamente devoto alla sua unica moglie Sītā personificazione degli ideali di castità e devozione nei confronti del divino marito.
Come per tutte le altre Murti induiste, anche Rama è invocato attraverso numerosi appellativi che si riferiscono ai suoi attributi e caratteristiche. In alcuni testi ci si riferisci a lui con il nome Padma.
Alcuni degli appellativi sono:
«Gli studiosi collocano la sua redazione definitiva intorno al II secolo d. C. Peraltro, il nucleo originario della storia di Rāma è senz'altro più antico, forse ascrivibile al V-IV secolo a.C.» |
(Rigopoulos, p. CXIV, in Hinduismo antico, Milano, Mondadori, 2010.) |
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