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Il regolo è un animale fantastico della tradizione toscana, umbra, abruzzese, sabina e delle Marche. Si tratterebbe di un grosso serpente, dalla testa "grande come quella di un bambino", che vive per le macchie, i campi e gli orridi dei monti. Secondo una diffusa versione della tradizione, diventa un regolo una vipera che, tagliata a metà, non muore, ma cresce invece oltremodo, e diventa molto vendicativa e perseguita tutti coloro che hanno la sfortuna di incontrarlo e ne pronunciano il nome, oltreché nei confronti di colui che l'ha aggredita e mutilata. Secondo altre versioni, una vipera che abbia superato i 100 anni di età diventa un regolo.

Il serpente Regolo viene chiamato nella bassa Umbria e nella Sabina in dialetto, lu regulu o u regulu, lu regu o u regu. La sua storia ha ispirato la canzone La tarantella del serpente de I ratti della Sabina.

La tradizione del serpente regolo si riscontra anche in Toscana, dove la tradizione lo vuole come un grosso rettile con squame luminose come di metallo e con due piccole ali.

Il nome regolo rimanda a "piccolo re" ed è un collegamento con la tradizione mediterranea del basilisco (anche questo nome significa "piccolo re").

In alta Garfagnana a Minucciano (LU) si parla di "Regolo dei motri" ("Motro" è un termine dialettale che indica il serpente). Il "regolo dei motri" viene descritto come un serpente con "una testa come un ninin" ( una testa come un bambino). Gli anziani spiegavano che si poteva trattare di un serpente che avesse ingoiato un altro animale, ad esempio un topo o un rospo e che quindi fosse rigonfio nell'attesa delle digestione della preda, giustificando cosi la somiglianza con la testa di un bambino. Collegato a questa spiegazione è anche il termine di Motro Bota' o "biscio boddaio" cioè serpente che si nutre di "bodde" o rospi. Il termine Regolo viene interpretato in questa zona come "piccolo re" andando a confermare le interpretazioni provenienti da altre parti d'Italia. La presenza più inquietante del Regolo dei Motri è da riferirsi, secondo i racconti popolari, al borgo oggi abbandonato, di Bergiola, sito appunto nel comune di Minucciano (LU). Il Regolo dei Motri qui indicato anche come mostro di Bergiola avrebbe causato proprio lo spopolamento ed il successivo abbandono del borgo stesso. Il mostro per garantirsi la sopravvivenza e il suo misterioso profilo divinatorio, ogni anno, durante la notte più breve del solstizio d'estate, esigeva di accoppiarsi con la vergine più giovane ma feconda del villaggio, pena rabbiose pestilenze in caso d'inadempienza da parte della comunità. Dall'esodo dal borgo di Bergiola passarono molti anni e allorché i disgraziati abitanti si resero conto che dietro il mostro si nascondeva un millantatore e approfittatore del luogo, era ormai troppo tardi, i misfatti e le miserie umane erano già stati consumati e indietro non era più possibile tornare.

In Umbria si suppone che il regolo sia un serpente a cui è stata mozzata la coda e si sviluppa in larghezza.[senza fonte]

Altre versioni della leggenda parlano di un serpente a due teste, i vecchi di Foligno tramandano ai loro nipoti questa figura mitologica delle amene campagne folignati.

Ad Otricoli, nella bassa Umbria, si tramandano racconti su questo animale mitologico a partire dal dopoguerra. Esiste, addirittura, una grotta che si dice abitata dal rettile: la "grotta degli scudi", nella zona archeologica di Ocriculum (il vecchio abitato romano sulle rive del fiume Tevere), dove il serpente proteggerebbe un aureo tesoro. Si dice che il regolo, u regulu in dialetto locale, usi ipnotizzare (in dialetto viene utilizzata la parola abbafare) i malcapitati visitatori della zona archeologica senza poi però torcere loro nemmeno un capello.


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