Accattone è un film del 1961 scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Opera che segna il suo esordio alla regia, Accattone può essere considerato la trasposizione cinematografica dei suoi precedenti lavori letterari. In questa pellicola insegue una sua idea di narrazione epica e tragica.[1]
Disambiguazione – Se stai cercando l'omonimo singolo di Frah Quintale, vedi Accattone (singolo).
Disambiguazione – Se stai cercando la pratica di richiedere l'elemosina, vedi Accattonaggio.
Paolo Ferrari: Vittorio Cataldi, detto "Accattone"
Ileana Zezza: Maddalena
Deddi Savagnone: Stella
Monica Vitti: Ascensa
Luisella Visconti: Amore
Gigi Reder: Salvatore
Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare[2].
Trama
"Accattone" è il soprannome di Vittorio Cataldi, un sottoproletario di Roma il cui stile di vita è improntato al "sopravvivere" giorno per giorno. Accattone si fa mantenere da una prostituta, Maddalena, "sottratta" a uno sfruttatore napoletano, finito in carcere. L'uomo evita la vendetta dei compari, incolpando Maddalena ed abbandonandola, subendo lei stessa la violenza dai malviventi e finendo in carcere, senza denunciarli.
Rimasto senza soldi, Accattone conosce la fame. Un giorno incontra Stella, una ragazza ingenua che egli induce alla prostituzione ma innamoratosi, la toglie dalla strada e si cerca un lavoro onesto, che tuttavia soffre terribilmente: la via verso la "redenzione" è molto breve e così ben presto Accattone torna a rubare. Dopo un piccolo furto s'imbatte nella polizia: nel fuggire Accattone cade da motocicletta e muore, compiendo così il destino che pesa su di lui sin dall'inizio. "Mò sto bene", sono le sue ultime parole, con cui si chiude il film.
Produzione
Il film è una metafora di quella parte di Italia costituita dal sottoproletariato che vive nelle periferie delle grandi città senza alcuna speranza per un miglioramento della propria condizione, a cui non resta che la morte come via di uscita da una condizione disperante.[3]
Il film doveva essere prodotto da Federico Fellini, che tuttavia si tirò indietro all'ultimo momento, preoccupato dall'imperizia di Pasolini con le tecnicità del mezzo, a cui si avvicina per la prima volta con questo progetto.[4] Il film sarà quindi prodotto da Alfredo Bini.
Le riprese del film furono effettuate dal 20 marzo e approssimativamente fino al 2 giugno del 1961.[5]
La scelta di utilizzare in massima parte attori non-professionisti esprime la convinzione di Pasolini che essi non sono "rappresentabili" da nessun altro che da essi stessi in quanto soggetti incontaminati, puri, privi delle sovrastrutture imposte dalla società.
Per girare gli esterni, la piccola troupe (composta, tra gli altri, dal giovane Bernardo Bertolucci in veste di aiuto regista) si spostava nei luoghi simbolo della periferia romana: via Casilina, via Portuense, via Appia Antica, via Tiburtina, via Baccina, Ponte Sant'Angelo, Acqua Santa, via Manuzio, Ponte Testaccio, il Pigneto[6], borgata Gordiani, Centocelle, la Marranella e nel basso Lazio, nella zona tra Subiaco (il cimitero) e Olevano Romano (sogno del paradiso).[7][8]
Il costo approssimativo del film si aggirò intorno ai cinquanta milioni di lire, quanto un "film di serie B" per quell'epoca.
Distribuzione
Presentato alla 22ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia[9] il 31 agosto 1961, il film di Pasolini ricevette dure contestazioni. Alla prima del film al cinema Barberini a Roma, un gruppo di giovani neofascisti cercò di impedirne la proiezione, lanciando bottiglie d'inchiostro contro lo schermo, bombette di carta e finocchi tra il pubblico. Ci furono colluttazioni e così la visione del film fu sospesa per quasi un'ora.
La pellicola uscì nelle sale il 22 novembre 1961. Il film sarà quasi immediatamente bloccato in sede di censura dal sottosegretario al Ministero del Turismo e Spettacolo Renzo Helfer[10] e ritirato da tutte le sale italiane.
Nel 1962 l'opera venne presentata anche al Festival Internazionale del cinema di Karlovy Vary (Cecoslovacchia), dove Pasolini vinse il Premio per la regia.
Doppiaggio
La voce di Franco Citti è dell'attore Paolo Ferrari, scelto da Pasolini, che seguì personalmente il doppiaggio del film.
Promozione
La realizzazione dei manifesti del film, per l'Italia, fu affidata al pittore cartellonista Sandro Symeoni.
Controversie
Nel 1962, l'avvocato e politico democristiano Salvatore Pagliuca fece causa a Pasolini e alla società Arco film perché nel film un criminale aveva il suo stesso nome, chiedendo il risarcimento dei danni morali e l'eliminazione del suo nome, ottenendo il risarcimento dei soli danni materiali. Pasolini citerà poi il politico nella sua poesia Poeta delle Ceneri.[11][12][13]
Citazioni e riferimenti
Il cantautore inglese Morrissey fa riferimento al film in una canzone intitolata You Have Killed Me presente nel suo album del 2006 Ringleader of the Tormentors. Il primo verso della canzone infatti è: «Pasolini is me, 'Accattone' you'll be...»
Il rapper romano Noyz Narcos ha citato una delle frasi più celebri del film in Mark Renton, brano contenuto nell'album del 2018 Enemy.
«"Ma ‘o sai chi è Accattone? Accattone manco 'o fiume s'o porta via."»
(Franco Citti in una scena del film)
«"Nel locale crip walko, solco 'sto cavalcavia / Franco Citti, manco 'r fiume te se porta via"»
Pasolini e Fellini, una lunga infedeltà, su pasolini.net, Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini. URL consultato il 4 luglio 2014 (archiviato dall'url originale il 29 ottobre 2013).
On. avv. Salvatore Pagliuca, su studiopagliuca.eu, Studio Legale Pagliuca, 2 ottobre 2006. URL consultato il 16 settembre 2017 (archiviato dall'url originale il 18 marzo 2011).
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