Al bar dello sport è un film del 1983 diretto da Francesco Massaro e con protagonisti Lino Banfi e Jerry Calà.
Al bar dello sport | |
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Paese di produzione | Italia |
Anno | 1983 |
Durata | 100 min |
Rapporto | 1,85:1 |
Genere | commedia |
Regia | Francesco Massaro |
Soggetto | Enrico Oldoini, Francesco Massaro, Enrico Vanzina |
Sceneggiatura | Franco Ferrini, Francesco Massaro, Enrico Oldoini, Enrico Vanzina |
Produttore | Pio Angeletti, Adriano De Micheli |
Casa di produzione | International Dean Film |
Distribuzione in italiano | Medusa Distribuzione |
Fotografia | Luigi Kuveiller |
Montaggio | Alberto Gallitti |
Effetti speciali | Luciano Anzellotti |
Musiche | Mariano Detto, Toto Cutugno |
Scenografia | Massimo Razzi |
Costumi | Silvio Laurenzi |
Trucco | Giulio Mastrantonio |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Lino, uno squattrinato emigrato pugliese a Torino, è ospite poco gradito in casa della sorella e del cognato. Fidanzato con Rossana, una bella e attraente cassiera, ed amico del ragazzo muto detto Parola, che fa lo sguattero al Bar Sport, una mattina nello stesso bar, mentre Lino compila una schedina, Parola gli suggerisce di inserire il "2" in Juventus-Catania, Lino, dapprima riluttante, alla fine si lascia convincere, e, grazie al consiglio di Parola riesce a fare un tredici al Totocalcio da 1 miliardo e 300 milioni di lire.
Lino, lasciato dalla fidanzata che non sa che è lui il vincitore che tutti cercano, braccato dagli amici Gaetano, Ciccio e Leo che vorrebbero regali e da Don Raffaele, un boss mafioso che pretende 130 milioni di interessi, fugge con Parola verso la Costa Azzurra, nascondendo il denaro nella ruota di scorta della macchina; tuttavia, fermandosi a Sanremo, Parola si lascia tentare dal gioco e perde tutti i soldi di Lino al casinò. Ma la fortuna è ancora dalla loro parte e alla fine con l'ultima fiche vinceranno tre miliardi di lire e Parola ricomincerà a parlare.
Il film incassò 666.865.000 di lire[1].
Furono miste le reazioni della critica al film, tra tutti il Patalogo lo definì "(...) Abbastanza modesto, sia come incassi sia come riuscita. E poi, la storia della schedina vincente e dei due poveracci meridionali a Torino è un po' datata"[1].
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