Eliana e gli uomini (Elena et les Hommes) è un film del 1956 diretto da Jean Renoir.
Eliana e gli uomini | |
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Titolo originale | Elena et les Hommes |
Paese di produzione | Italia, Francia |
Anno | 1956 |
Durata | 95 min |
Genere | commedia |
Regia | Jean Renoir |
Sceneggiatura | Jean Renoir |
Produttore | Louis Wipf |
Distribuzione in italiano | Warner Bros. Pictures |
Fotografia | Claude Renoir |
Montaggio | Borys Lewin |
Musiche | Joseph Kosma |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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I titoli di testa del film lo presentano come "una fantasia musicale di Jean Renoir".
Il film costituisce una specie di trilogia con i precedenti film del regista La carrozza d'oro (1952) e French Cancan (1955):
«I tre film sono parte di un unico percorso, elementi di un discorso comune che Renoir non cessa di pronunciare e che riguarda le forme del cinema, la sua possibilità di aprirsi al mondo integrando in sé (come strumenti, non come rappresentazioni) le altre forme espressive, dalla pittura al teatro alla danza.» |
(Daniele Dottorini, Jean Renoir. L'inquietudine del reale, p.111.) |
Elena Sorokovska, vedova in esilio di un principe polacco è una giovane donna stravagante che vive a Parigi intorno al 1880. È persuasa di poter aiutare gli uomini celebri a raggiungere le mete del successo: il suo talismano è una margherita.
Il primo personaggio a cui si dedica è François Rollan, un generale molto popolare. Suo amico è il visconte di Chevincourt, un amabile gentiluomo anch'egli innamorato d'Elena. Nella vita della principessa appare un altro uomo, il ricco industriale della calzatura, Martin-Michaud, che la chiede in sposa. Ella accetta il suo invito a recarsi nel suo castello di Bourbon-Salins.
Nel castello si ritrovano tutti: Rollan, suo figlio Godin, fidanzato con la figlia di Martin-Michaud, Chevincourt. La festa proseguirà nell'accogliente dimora di Rosa la Rose. Ad essi si aggiungerà un gruppo di gitani. Rollan fugge con la padrona di casa, Elena cadrà nelle braccia di Chevincourt e Martin-Michaud si consolerà con una bottiglia di champagne.
Franco-London-Film, Les Films Gébé (Paris), Electra-Compagna-Cinématografica (Roma).
Produttori: Henry Deutschmeister e Joseph Bercholz
Il titolo francese fa immediatamente riferimento ai temi centrali del film, l'amore e la bellezza femminili, che nella mitologia greca sono rappresentati dalla figura simbolica di Elena.
La traduzione italiana di Eliana purtroppo nasconde questo riferimento importante, che Renoir stesso sottolinea nelle sue memorie:
«Chi è Eléna? È molto semplice, ho la mia opinione su questo, sono certo che Eléna è Venere. [...] Venere di quando in quando scende sulla terra, gli dei dell'Olimpo scendono sulla terra anche ai nostri giorni.» |
(Jean Renoir, Écrits (1926-1971), pp. 381-382.) |
La rievocazione storica ricorda un episodio di "fin de siècle": il caso Boulanger. L'episodio si sviluppa dal 1886 al 1889. Georges Boulanger (1837-1891) fu un generale che tentò un colpo di Stato, dopo la sconfitta subita dalla Francia nel 1870 ad opera della Prussia.
Le riprese ebbero luogo dal 1º dicembre 1955 al 17 marzo 1956 a Parigi negli studi Boulogne-Billancourt, Hauts-de-Seine e gli esterni nel parco di Ermenonville e nel Bois de Saint-Cloud.
Renoir racconta:
«Eléna et les hommes, dal punto di vista degli esterni si ispira alle figurine d'Épinal. In un film dall'apparenza così artificiale, l'azione si combinerebbe male con scenari realistici. I rossi e i blu vi si scontrano senza mediazioni. Claude Renoir ha girato alcune inquadrature di paesaggi tempestosi che ci riportano direttamente all'immaginario dei bambini.» |
(Jean Renoir, La mia vita, i miei film, p. 224.) |
Il critico Giorgio De Vincenti commenta:
«Renoir insieme con il nipote Claude mette in scena una festa di colori sgargianti, e un tramonto rosso su un campo di battaglia che costituisce una vera performance tecnica.» |
(Giorgio De Vincenti, Jean Renoir, pag. 278.) |
In Francia la prima si ebbe il 12 settembre 1956.
Renoir afferma:
«...abbiamo fatto un film gaio, persino burlesco per certi versi, abbiamo cercato soprattutto di fare un film con un gran ritmo, estremamente rapido; questo film avrà delle qualità di intrattenimento, questo film sarà recitato da un gruppo di attori straordinari capaci di realizzare un po' di ciò che io ammiro così tanto nel nostro mestiere, nella nostra professione, lo spirito della commedia dell'arte.» |
(Jean Renoir, Écrits (1926-1971), p. 380.) |
Alla sua uscita il film non fu apprezzato né dal pubblico né dalla critica.
«...forse a causa dell'estrema rarefazione del suo discorso, che celava dietro l'allegria di superficie uno sguardo disincantato e in definitiva doloroso sugli esseri umani e sul mondo.» |
(Giorgio De Vincenti, Jean Renoir, pag. 279.) |
Renoir fu amareggiato del massacro subito dalla versione americana del film, ribattezzato Paris Does Strange Things e uscito senza il montaggio voluto dal regista. I due anni successivi Renoir si dedicherà alla scrittura e a regie teatrali.[1]
François Truffaut:
«Éléna et les Hommes è un Renoir dei giorni migliori; Jacques Jouanneau è splendido accanto a Ingrid Bergman, Jean Marais e Mel Ferrer. Si può vedere in Éléna la realizzazione dell'ideale di Jean Renoir, ritrovare lo spirito dei primitivi, il genio dei grandi pionieri del cinema: Mack Sennett, Larry Semon, Picratt e, diciamolo pure, Charlot. Con Éléna il cinema ritorna alle sue origini e Renoir alla sua giovinezza.» |
(François Truffaut, I film della mia vita, pp. 41-53.) |
Jean Luc Godard:
«E se Eliana e gli uomini è il film francese per eccellenza, è perché è il film più intelligente del mondo. L'arte e al tempo stesso la teoria dell'arte. La bellezza e al tempo stesso il segreto della bellezza. Il cinema e la spiegazione del cinema.[...]È il film più mozartiano del suo autore. Non tanto per l'apparenza esteriore, come La regola del gioco, quanto per la filosofia. Il Renoir che finisce French Cancan e prepara Eliana è un po', moralmente, lo stesso uomo che termina il Concerto per clarinetto e incomincia Il flauto magico. Quanto al contenuto: la stessa ironia e lo stesso disgusto. Quanto alla forma: la stessa geniale audacia della semplicità.» |
(Jean Luc Godard, Elena et les hommes in André Bazin, Jean Renoir, pp. 236-237.) |
Daniele Dottorini:
«In Eliana e gli uomini, tutto il film danza, dalla parola (i dialoghi amorosi tra i vari uomini e Eliana stessa), al colore (la miriade di colori dei costumi che diventano una sorta di paesaggio cromatico in movimento nelle scene collettive, dalla parata iniziale all'assembramento finale di fronte alla casa di Eliana), ai corpi (gli inseguimenti fra amanti, che replicano quelli de La regola del gioco, ma immersi in un'atmosfera più lieve e sensuale). Il cinema stesso ritrova il suo movimento più originale, quello del desiderio; il desiderio che il mondo si muova di fronte allo sguardo dello spettatore immobile e che questo movimento lo trascini con sé.» |
(Daniele Dottorini, Jean Renoir. L'inquietudine del reale, p.110.) |
Éric Rohmer così commenta lo stile di Renoir in questo film:
«Non lasciamoci ingannare dal suo distacco da gran signore, e neppure dall'ascetismo del suo stile di oggi. Dopo aver usato da maestro il carrello e la profondità di campo, si diverte a presentarci un'immagine piatta, spezzettata, discontinua, come per evocare il caleidoscopio quasi sincronizzato della sua azione. [...] Qual è il tipo di inquadratura prevalente in Élena? Il totale, si risponde senza esitare. E invece i dettagli sono molto più numerosi dei totali, ma, con un giusto dosaggio, il regista sa darci in ogni momento l'illusione di vedere tutta la scena, ma anche che i personaggi sono vicini ai nostri occhi quanto desideriamo.» |
(Éric Rohmer, Éléna et les Hommes (Venere e le scimmie), Cahiers du Cinéma, n. 64, novembre 1956, in Il gusto della bellezza, p. 289.) |
Elena è condotta in carrozza, insieme al re della calzatura Martin Michaud, alla parata del 14 luglio. La folla impedisce alla carrozza di procedere.
«La folla li agguanta, li trascina, li travolge, li separa, lui molto violentemente, lei gentilmente. È come portata da mani amiche. In mezzo a questa gente è felice e grida “viva Rollan” (l’eroe del momento). Naturalmente non riesce a vederlo, in una parata non si vede nulla, si vedono delle bandierine che sventolano, dei cappelli da signora, degli ombrelli, si distingue ogni tanto un cavallo che caracolla all’orizzonte. Ed ecco che in questa folla all’improvviso Elena si attacca istintivamente al braccio di un bel giovane, un uomo molto diverso dagli altri, un po’ come lei. Si chiama Henri De Chevincourt.» |
(Jean Renoir, Écrits (1926-1971), p. 385.) |
Renoir ha rappresentato la festa del 14 luglio in un'altra celebre sequenza del film Il diario di una cameriera.
«Un pallone frenato, un grazioso pallone rotondo, che si staglia nel cielo, e questo pallone reca a bordo alcuni aerostieri militari francesi, e, improvvisamente, pam! Il cavo si rompe. C'è un forte vento da ovest, il pallone viene spinto verso la Germania, e atterra in un villaggio tedesco. Naturalmente gli aerostieri vengono arrestati e incarcerati. Sono scambiati per delle spie. Questo incidente rischia di far scoppiare una guerra.» |
(Jean Renoir, Jean Renoir et Vénus, 1956, pubblicato in Écrits (1926-1971), pp.299-306) |
Elena e Henry si baciano davanti alla finestra. La folla radunata di fronte alla casa li osserva e ben presto ogni coppia li imita. L'amore trionfa e contagia gli spettatori: i baci si moltiplicano in un crescendo travolgente e ironico.
Come in molti altri film di Renoir, anche in questo, il ruolo della canzone è fondamentale.
Per le strade di Parigi in festa c'è una gran folla. Gruppi di coristi attraversano le strade. Léo Marjane canta:
(FR)
«Méfiez-vous de Paris |
(IT)
«Diffidate di Parigi |
(Prima strofa) |
(FR)
«Mais pour plus s’enlacer |
(IT)
«Ma per stringerci di più |
(Seconda strofa) |
Elena e Henri decidono di ballare. C'è un piccolo palco, un'orchestra che suona. Le donne sono a capo scoperto. Elena si toglie il cappello e lo lancia lontano. Si divertono, ridono, bevono vino rosso. Finiscono in un caffè in cui possono abbracciarsi.[2]
Verso la fine del film, a Bourbon-Salins dove si ritrovano i personaggi della storia, in un accampamento gitano una giovane zingara, interpretata da Juliette Gréco canta:
(FR)
«O nuit, mon amie, je t’attends |
(IT)
«O notte, amica mia, ti aspetto |
(canzone della gitana) |
Commenta lo stesso Renoir:
«Al canto della gitana gli dei sono tornati sulla terra. I contadini dimenticano la loro collera, i cospiratori dimenticano il loro complotto, il generale Rollan ritrova la sua amante.[...] Le ambizioni, le collere svaniscono, ci si abbraccia, la margherita cade a terra. Elena non se ne accorge nemmeno: è nelle braccia di Henri, ma non per caso, non portata dalla folla ma perché vuole essere nelle braccia di Henri.» |
(Jean Renoir, La vita è cinema. Tutti gli scritti 1926-1971, pag. 306.) |
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