Femmina (La femme et le pantin) è un film del 1959 diretto da Julien Duvivier.
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Femmina | |
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Titolo originale | La femme et le pantin |
Lingua originale | inglese |
Paese di produzione | Francia, Italia |
Anno | 1959 |
Durata | 100 min |
Genere | drammatico |
Regia | Julien Duvivier |
Soggetto | dal romanzo La donna e il burattino di Pierre Louÿs |
Sceneggiatura | Marcel Achard, Jean Aurenche, Julien Duvivier, Albert Valentin |
Produttore | Christine Gouze-Rénal |
Casa di produzione | Dear Film Produzione |
Fotografia | Roger Hubert |
Montaggio | Jacqueline Sadoul |
Musiche | José Rocca, Jean Wiener |
Scenografia | Georges Wakhévitch |
Costumi | Jacqueline Moreau |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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La pellicola, di produzione italo-francese, è una trasposizione del romanzo La donna e il burattino di Pierre Louÿs, con protagonista Brigitte Bardot.
Stanislas Marchand, scrittore di successo, ha trovato asilo politico in Spagna, dove vive modestamente a Siviglia con sua figlia Eva. Questa è fidanzata da lungo tempo con un giovane camionista. La sua passione è la danza e vorrebbe diventare ballerina.
Nel corso della festività della feria, Eva è corteggiata da Matteo Diaz, grande seduttore. Costui rimane ossessionato dalla ragazza e per lei si spinge a subire ogni genere di umiliazione, mentre questa si diverte a tormentarlo.
Alla fine, però, Eva abbandona i suoi atteggiamenti superbi e cede all'amore per Matteo.
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Il film uscì nelle sale nel 1959, in Francia il 13 febbraio, in Italia il 4 marzo.
«[...] si sente che la vicenda ci viene da lontano, da un gusto oltrepassato, e un'altra volta la Bardot si stacca dal film e fa caso a sé. È il caso solito, ormai a cognizione di tutti. Quello della stregherella moderna, mezzo acerba e mezzo fradicia, bambina e donna, ingenua e perversa in una volta; antico geroglifico che sarebbe tempo perso tentar di decifrare. [...] ammaestrata dalla natura e non poco anche dal regista e dall'operatore che la scorciano, l'atteggiano nelle maniere più stuzzicanti. Ma perché Roger Vadim ci aveva pensato prima di loro, anche questa parte non risulta molto nuova. La mano illustre di Duvivier si sente nella composizione delle inquadrature spagnole, accurate sempre e talvolta fini. Non si sente invece quella di Achard nei dialoghi piuttosto andati. Ma tutto sommato il film avrà fortuna come quasi sempre hanno i bardottiani. E porta una sequenza «storica»: quella in cui Antonio Vilar (un ottimo Don Mateo) prende a schiaffi quanto mai meritati la sua tormentatrice. Brigitte ne ebbe veramente la mascella offesa. In quanto a lei, se non le nocesse l'ombra di Marlene, si dovrebbe dire che la parte di donna, anzi di femmina che riposa sull'istinto e perciò è così poco riposante, la fa ormai da attrice consumata. [...]» |
(Leo Pestelli su La Stampa del 17 marzo 1959[1]) |
Il film di Duvivier fu il quinto adattamento cinematografico del romanzo di Pierre Louÿs, dopo le versioni di Reginald Barker (1920), Jacques de Baroncelli (1929), Josef von Sternberg (1935), Wali Eddine Sameh (1946), cui fece poi seguito la versione di Luis Buñuel (Quell'oscuro oggetto del desiderio nel 1977).
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