La pellicola, in bianco e nero, è chiaramente ispirata a precedenti classici del cinema di fantascienza, quali Gli invasori spaziali e L'invasione degli Ultracorpi,[1] ma sviluppa una vicenda simile da un'altra prospettiva, quella dell'istituzione matrimoniale.
Ha avuto un rifacimento nel 1998 con il film tv Ho sposato un alieno (I Married a Monster).[1]
Trama
Il giorno del suo matrimonio Bill Farrell viene rapito da creature extraterrestri che hanno progettato di sostituirsi agli esseri umani per evitare l'estinzione della propria specie. Bill riappare poco prima della cerimonia e sposatosi va a vivere con la moglie Maggie; ma egli è ora soltanto un duplicato sotto il controllo di uno degli alieni e la stessa sorte toccherà ai suoi amici e ad altri abitanti della cittadina in cui vive. Maggie non tarda ad accorgersi del cambiamento avvenuto in suo marito e una notte, dopo che lo ha seguito nel bosco, assiste all'uscita dal suo corpo dell'entità extraterrestre. La donna torna in città sconvolta e cerca inutilmente di convincere il capo della polizia che suo marito è in realtà un mostro.
Critica
«[...] più interessante di quanto si creda [...] costruito con buona suspense, poggia sulle belle interpretazioni di Gloria Talbott, la mogliettina spaurita ma battagliera, e di Tom Tryon, dovutamente legnoso e inespressivo nel ruolo del marito. Alcune sequenze di discreto impatto emotivo [...] testimoniano il buon mestiere del regista Fowler, già collaboratore di Fritz Lang.
Collocabile nel filone inaugurato dall'Invasione degli ultracorpi, la storia è raccontata dal punto di vista della donna e, in questo senso, può essere reinterpretata come la sublimazione dell'incubo di una ragazza repressa o insoddisfatta, sullo sfondo della inappagante quotidianità della provincia americana.»
Riccardo Esposito, Ho sposato un mostro venuto dallo spazio, in Nova SF*, anno V (XXIII) n* 16 (58) ["Nostalgia e altri rancori"], Perseo Libri, Bologna 1989.
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