I diavoli (The Devils) è un film del 1971 diretto da Ken Russell, tratto dall'omonimo dramma teatrale di John Whiting ispirato al romanzo di Aldous Huxley I diavoli di Loudun, il quale tratta di una storia vera.
I diavoli | |
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Vanessa Redgrave in una scena del film | |
Titolo originale | The Devils |
Lingua originale | inglese, latino |
Paese di produzione | Regno Unito |
Anno | 1971 |
Durata | 111 min |
Rapporto | 2,35:1 |
Genere | drammatico |
Regia | Ken Russell |
Soggetto | Aldous Huxley (romanzo)
John Whiting (dramma teatrale) |
Sceneggiatura | Ken Russell |
Produttore | Ken Russell, Robert H. Solo |
Casa di produzione | Russo Productions |
Distribuzione in italiano | Dear International |
Fotografia | David Watkin |
Montaggio | Michael Bradsell |
Musiche | Peter Maxwell Davies |
Scenografia | Derek Jarman |
Costumi | Shirley Russell |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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La vicenda è ambientata in Francia agli inizi del XVII secolo: ristabilita la pace dopo le guerre di religione, il cardinale Richelieu, per consolidare il potere regio, invia il barone di Laubardemont a Loudun, nel Poitou, con l'incarico di abbatterne le fortificazioni.
Il prete Urbano Grandier, a cui l'appena deceduto governatore Sainte-Marthe ha concesso i pieni poteri fino all'elezione del suo successore, si oppone all'abbattimento delle mura cosciente che questo sarebbe stato il primo passo per la totale revoca delle libertà e dell'autonomia cittadina.
Grandier diviene molto popolare: ma egli, uomo bello e affascinante, intrattiene rapporti carnali con numerose sue penitenti; dalla sua relazione con Philippe, figlia del procuratore Trincant, nasce anche un figlio. Infine, il prete si unisce segretamente in matrimonio con la giovane Madeleine de Brou.
Anche madre Jeanne degli Angeli, superiora delle Orsoline di Loudoun, prova una segreta passione per Grandier: ella, entrata in monastero senza vocazione perché, a causa di una sua deformità, non aveva trovato marito, comincia a essere ossessionata dal pensiero di Grandier che immagina mentre, come Cristo, cammina sulle acque o è appeso in croce.
Quando scopre delle nozze segrete del prete con Madeleine, che in precedenza aveva cercato di abbracciare la vita religiosa nel suo monastero, madre Jeanne offre a Grandier la carica di direttore spirituale del convento, ma egli rifiuta la proposta inviando al suo posto il canonico Mignon, cugino di Trincant. A quel punto la religiosa comincia a dare segni di isterismo e accusa Grandier di aver usato pratiche demoniache per entrare in convento e di aver abusato di lei e di altre monache.
Mignon, Trincant e Laubardemont non credono alle accuse, ma decidono di sfruttarle per liberarsi di Grandier. Fanno esaminare le monache dall'esorcista padre Barre che, con l'aiuto dei medici Ibert e Adam, le riconosce possedute dal demonio e fa dichiarare loro che il responsabile dell'invasamento è Grandier.
Grandier viene torturato, processato, ritenuto colpevole di stregoneria, oscenità, blasfemia e sacrilegio e condannato al rogo. Urbano Grandier viene bruciato mentre le mura di Loudun vengono abbattute.
Venne presentato alla mostra di Venezia del 1971 dove venne accusato di essere una volgare, blasfema[1] e inaccettabile mistificazione, faziosa culturalmente e storicamente. Il critico cinematografico e vicecommissario della Biennale Gian Luigi Rondi fu duramente attaccato dal Centro cattolico cinematografico, capeggiato da don Claudio Sorgi, con una lettera pubblica.[2][3] Il film vinse comunque il Premio Pasinetti al miglior film straniero, assegnato dal Sindacato giornalisti cinematografici italiani.[4]
Uscì nelle sale cinematografiche italiane il 9 settembre 1971[5]; ne venne subito ordinato il sequestro a cura della procura di Verona, rilevando nel film sequenze "estremamente oscene, anzi di pura pornografia, non giustificate né dallo scorrere del racconto, né dall'assunto ideologico".[6][7] Dopo dieci giorni la magistratura di Milano sentenziò la definitiva assoluzione, sostenendo che "un'opera d'arte, in quanto manifestazione di pensiero, è intangibile e non è soggetta alla norma penale che punisce l'oscenità".[5]
Al 2021 il film viene ancora censurato in vari paesi, e, secondo il critico Adam Scovell, è impossibile vedere la versione originale voluta dal regista.[8]
Il film è uno dei più controversi della storia del cinema e ha ricevuto molti giudizi negativi.[9][8]
«Raramente si è visto il demonio, in forma di concupiscenza carnale, menare un trescone così veemente e sfacciato sopra monache di clausura; per ampiezza prospettica ed energia di tratto, il film di Russell si lascia parecchio indietro quello del polacco Kawalerowicz (Madre Giovanna degli Angeli), che ispirato allo stesso argomento, fece pur colpo a suo tempo. [...] Sono scene o piuttosto affreschi ampiamente sfogati, dove la cura dei più atroci particolari richiamati in una stessa prospettiva, non può impedire, per quanto grandissima, che qualcosetta sembri andare per conto suo: come avviene nei cori delle opere liriche quando le situazioni si fanno convulse. Ci si ricorda del Fellini Satyricon; [...] Indiscutibile la forza di comunicativa del film, come anche la bellezza delle scenografie di Derek Jarman, continuamente inventate su motivi pittorici, e l'efficacia delle musiche dissonanti, veramente diaboliche, di P. Maxwell Davies. Oltre a questo, il protagonista Oliver Reed offre una magnifica prova, e Vanessa Redgrave, colei che fu Isadora Duncan, qui gobba occasionale, si storce, si spreme e sibila con consumata arte di commediante. Il coro, posto in circostanze scabrosissime, fa il meglio che può. Del rimanente, I diavoli difetta di senso storico, come ogni buon prodotto del neoilluminismo cinematografico; e non si dice tanto per la degradazione a fantocci di re Luigi e di Richelieu, quanto perché è costruito sull'anacronismo di fare di Grandier il portavoce delle odierne polemiche religiose (celibato dei preti e il resto) e del convento delle Orsoline un documento di fatalità erotica senza possibilità d'appello, e poi il tono di sagra, balletto e carnevale della crudeltà, che il regista ha dato a tutte le pieghe del racconto, e finalmente, data l'accensione di certi effetti, anche per il gusto incondito dello scandalo e dell'osceno. I limiti del lavoro sono dunque quelli di un pamphlet intonato ai problemi d'oggi, con molto suono oratorio (l'apologia di Grandier) e un meticoloso ossequio all'estetica dell'orrido e del grottesco.» |
(Leo Pestelli[10]) |
Il film costò poi il posto di recensore al critico e poeta Giovanni Raboni, licenziato dal giornale cattolico Avvenire perché aveva valorizzato l'opera nella sua critica.[11][12]
Il film è stato stroncato da Alexander Walker, critico del London Evening Standard che lo paragonò ad una "fantasia masturbatoria di uno scolaretto cattolico". La tensione fra Walker e Russel fu così alta che, ad un dibattito televisivo, il regista colpì al capo il critico con una copia della sua recensione.[8]
Secondo quanto afferma Adam Scovell, dopo cinquant'anni I Diavoli è un film giustamente celebrato per il suo valore artistico. Sempre secondo Scovell, le interpretazioni stupefacenti di Reed and Redgrave sono fra le migliori che il cinema britannico possa offrire; la colonna sonora di Peter Maxwell Davies è unica e inquietante, e lo stile visuale del film è sbalorditivo. Scovell arriva a proporre un parallelo fra le eresie di Grandier e Russell: nel primo caso la conclusione è stata la condanna di Grandier, nel secondo l'impossibilità del regista di mantenere il controllo sulla sua creazione, a causa dei tagli necessari per evitare parzialmente la censura.[8]
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