Il bambino con il pigiama a righe (The Boy in the Striped Pyjamas) è un film drammatico del 2008 diretto e sceneggiato da Mark Herman, adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di John Boyne. Ambientato nella Seconda Guerra Mondiale, il film, considerato uno dei più grandi simboli cinematografici dell'Olocausto, racconta l'orrore di un campo di sterminio nazista attraverso gli occhi di 2 bambini di otto anni, legati dalla più profonda delle amicizie, nata oltre qualsiasi barriera: Bruno, interpretato da Asa Butterfield, figlio del comandante tedesco del campo, e Shmuel, ossia Jack Scanlon, un prigioniero ebreo.[1]
Il bambino con il pigiama a righe | |
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Bruno (Asa Butterfield) e Shmuel (Jack Scanlon) giocano a dama in una scena del film | |
Titolo originale | The Boy in the Striped Pyjamas |
Lingua originale | inglese |
Paese di produzione | Stati Uniti d'America, Regno Unito, Ungheria |
Anno | 2008 |
Durata | 91 min |
Rapporto | 1,85:1 |
Genere | drammatico, storico |
Regia | Mark Herman |
Soggetto | John Boyne |
Sceneggiatura | Mark Herman |
Produttore | David Heyman |
Casa di produzione | Miramax Films, BBC Films, Heyday Films |
Fotografia | Benoît Delhomme |
Montaggio | Michael Ellis |
Musiche | James Horner |
Scenografia | Martin Childs |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Logo ufficiale del film |
Il film è stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 19 dicembre 2008, mentre in Regno Unito il 12 settembre dello stesso anno[2]; la pellicola ha inoltre vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes del 2008.
«L'amicizia può unire quello che le barriere dividono» |
(tagline del film.) |
Bruno è un bambino tedesco di otto anni, curioso, intraprendente e appassionato d'avventura. Vive a Berlino, durante la seconda guerra mondiale, con suo padre Ralf, un ufficiale nazista, sua madre Elsa, sua sorella Gretel e una giovane domestica, Maria.
Un giorno, a seguito della promozione del padre, Bruno viene costretto a lasciare la città e tutti i suoi amici per trasferirsi in una casa di campagna insieme alla famiglia.
Poco dopo il suo arrivo, il bambino scopre per caso che vicino alla sua nuova abitazione sorge un campo di concentramento. Improvvisamente catapultato in una vita monotona e solitaria, circondato solo da domestici e soldati, il bambino inizia ben presto a esplorare i dintorni della tenuta; riesce così a scoprire un passaggio, che lo conduce fino ai confini del campo di concentramento.
Lì conosce Shmuel, un bambino ebreo, suo coetaneo. Nonostante i due siano divisi dal filo spinato e dal tentativo degli adulti attorno a lui di infondere odio verso la "razza" ebraica, Bruno si dimostra fin da subito estraneo ai condizionamenti. Tra i due bambini nasce infatti una profonda amicizia, benché i due possano giocare nei limiti fisici del possibile, dato il filo spinato.
Un giorno, appena prima di ritrasferirsi, Bruno si "traveste" da ebreo, scava una fossa e raggiunge Shmuel. I due andranno alla ricerca del padre di quest'ultimo. Quando però vengono rastrellati all'interno del campo, vengono scambiati per errore per due bambini ebrei, e finiscono per essere sottoposti a un'apparente "doccia" in una camerata, che è in realtà una camera a gas, nella quale moriranno.
Le riprese si sono svolte dal 29 aprile al 7 luglio 2007 tra Germania ed Ungheria: le location esterne includevano il cimitero di Kerepes a Budapest, il castello del Sacelláry e molte altre aree attorno a Berlino; mentre le scene all'interno sono state girate ai Fót Studios, sempre a Budapest.[3]
Infine la post-produzione è stata completata a Londra, alla sede della BBC.[4]
Negli Stati Uniti il film è stato distribuito con una censura di tipo R (Restricted), vietato quindi ai minori di 17 anni non accompagnati da un adulto, a causa delle scene di violenza e morte. Invece in Italia, così come in tutta Europa, il film è stato vietato ai minori di 14 anni.[5]
Guadagnando più di 9 milioni di dollari soltanto nella prima settimana dall'uscita nelle sale statunitensi, internazionalmente il film incassò circa 35 milioni di dollari, per poi arrivare ad un incasso finale di circa 44.083.403 $, a fronte di un budget di circa 13 milioni di dollari[2].[6]
Ricevendo quasi esclusivamente riscontri positivi, il film, sul sito web Rotten Tomatoes, riceve il 65% delle recensioni professionali positive, con un voto medio di 6,30/10, basato su 142 recensioni. Il consenso critico del sito recita: "Un film per famiglie toccante e inquietante, che affronta l'Olocausto in un modo sorprendente e insolito, e racchiude un brutale colpo di scena finale".[7]
Su Metacritic, il film ha un punteggio normalizzato di 65 su 100, basato su 28 critiche, indicando "recensioni contrastanti o nella media".[8]
James Christopher, di The Times, ha definito il film "un film estremamente toccante. Anche importante".[9] Invece Manohla Dargis, dal New York Times, ha criticato il film dicendo che "banalizza, ignora, trucca, sfrutta, commercializza e dirotta [l'Olocausto] rendendolo una tragedia su una famiglia nazista, non per una ebrea".[10]
Per il Chicago Sun-Times, Roger Ebert ha assegnato al film 3 stelle e mezzo su 4, e ha affermato che il film non si tratta semplicemente di una ricostruzione della Germania durante la guerra, ma "riguarda un sistema di valori che sopravvive come un virus".[11]
Kelly Jane Torrance sul Washington Times ha descritto il film come "commovente e ben raccontato".[12] Infine, nonostante alcune critiche, Ty Burr del Boston Globe è arrivato alla conclusione che: "Ciò che salva Il bambino con il pigiama a righe dal kitsch è la logica fredda e osservante della narrazione di Herman".[13]
Michael Gray, storico ed educatore sull'Olocausto, ha scritto, sul suo sito web, che "la storia non è molto realistica e anzi contiene molte scene per nulla plausibili, per esempio tutte quelle in cui si vedono Bruno e Shmuel insieme, perché i bambini venivano quasi subito assassinati quando arrivavano ad Auschwitz, quindi non era possibile per loro avere contatti con persone all'esterno". Tuttavia, secondo i documenti nazisti conservati negli archivi, c'erano 619 bambini vivi nel campo, nonostante molti bambini, femmine e maschi, fossero stati gasati all'arrivo.[14]
Un altro studio dell'University College di Londra ha informato che Il bambino con il pigiama a righe "sta avendo un impatto significativo ma problematico sul modo in cui i giovani cercano di dare un senso a questo complesso periodo storico". Tuttavia, uno studio più recente ha realizzato che "l'accoglienza del film è fortemente basata sulle precedenti conoscenze e convinzioni degli spettatori".[15]
La ricerca di Michael Gray ha rilevato che più di 3/4 degli scolari britannici (di età compresa tra i 13 e i 14 anni) nel suo campione si erano applicati più con Il bambino con il pigiama a righe, che con il classico Diario di Anna Frank. Il film ha avuto un effetto significativo su molte delle conoscenze e delle credenze dei ragazzi, e non solo, sui bambini dell'Olocausto: la maggioranza credeva che fosse basato su una storia vera; però è anche emerso che molti studenti hanno tratto false deduzioni dal film, come presumere che i tedeschi "non avrebbero saputo nulla dell'Olocausto perché la famiglia di Bruno non lo sapeva", o che l'Olocausto si fosse interrotto "perché un bambino tedesco era stato accidentalmente gasato".
Perciò Gray ha raccomandato di studiare il libro di Boyne, su cui è basato il film, solo dopo che i bambini avevano già appreso i fatti principali sull'Olocausto e quindi meno probabilità di esserne fuorviati.
Gli studiosi dedicati all'Olocausto hanno principalmente criticato il film, dicendo che esso "ne oscura i reali fatti storici e crea una falsa equivalenza tra vittime e autori"[16]: ad esempio, una scena che fu incredibilmente criticata fin dall'anteprima del film, è quella finale, "nella quale viene rappresentato il dolore della famiglia di Bruno, tedesco, sembrando quasi incoraggiato, lo spettatore, a provare simpatia per i responsabili dell'Olocausto".
Anche il Museo statale di Auschwitz-Birkenau ha dichiarato che Il bambino con il pigiama a righe, sia libro che film, dovrebbero essere evitati del tutto, e ha inoltre imposto raccomandazioni, aggiungendo che i resoconti veri e le opere di autori ebrei dovrebbero avere la priorità.[17]
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