In nome di Dio (3 Godfathers), ridistribuito in Italia nel 1964 col titolo Il texano, è un film del 1948 diretto e coprodotto da John Ford.
In nome di Dio | |
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Titolo originale | 3 Godfathers |
Paese di produzione | Stati Uniti d'America |
Anno | 1948 |
Durata | 106 min |
Genere | western, fiabesco |
Regia | John Ford |
Soggetto | da un romanzo di Peter B. Kyne |
Sceneggiatura | Laurence Stallings |
Produttore | Merian C. Cooper, John Ford |
Fotografia | Winton C. Hoch |
Montaggio | Jack Murray |
Effetti speciali | Jack Caffee |
Musiche | Richard Hageman |
Scenografia | James Basevi (art director) Joseph Kish (set decorator) |
Costumi | D.R.O. Hatswell, Michael Meyers, Ann Peck |
Trucco | Don L. Cash |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Il film è tratto dal romanzo The Three Godfathers di Peter B. Kyne.
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Tre fuorilegge, guidati dal bandito texano Robert Marmaduke Hightower, inseguiti dallo sceriffo Perley 'Buck' Sweet (Buck' Dolce Perla) dopo aver compiuto una rapina, fuggono attraverso il deserto, dove si imbattono in un carro da pionieri con una donna morente che sta per partorire, e che si scoprirà poi essere la nipote dello sceriffo Sweet. Dopo aver dato alla luce un bimbo con l'aiuto dei tre fuorilegge, la donna, prima di spirare, glielo affida, e i tre giurano di portarlo in salvo. Ognuno si sentirà eletto a padrino dando il proprio nome al neonato, e insieme cercheranno di raggiungere il villaggio di New Jerusalem, ma due soccomberanno.
Rimasto solo, il texano sta per cedere anche lui alla mancanza d'acqua quando, in una grotta, trova miracolosamente un asinello che lo guiderà alla salvezza insieme al bambino. Ormai redento, il bandito è in parte perdonato delle sue colpe e condannato alla pena minima per aver eroicamente portato in salvo il neonato, e la sua partenza per il carcere avviene in un clima festoso, lasciando presagire per lui al ritorno una nuova vita.
Il tema della pellicola, tratto dal romanzo The Three Godfathers di Peter B. Kyne, era già stato raccontato all'epoca del cinema muto quattro volte e una quinta come film sonoro nel 1936. Questo film è il rifacimento del muto Marked Men, girato dallo stesso Ford nel 1919 con protagonista Harry Carey, al quale questo secondo film è dedicato: «To the memory of Harry Carey, bright Star of the early western sky» ("In ricordo di Harry Carey, luminosa Stella dell'alba del cinema western"). Il figlio di Harry Carey, Harry Carey junior, vi interpreta uno dei tre protagonisti: il giovane bandito che, ferito, morirà durante la fuga.
Il film fu girato dal 3 maggio al 9 giugno 1948 nel deserto del Mojave, nella Valle della Morte, e a Lone Pine.
Incassò al botteghino 2.700.000 dollari.[senza fonte]
Alcuni critici furono delusi al tempo della programmazione nelle sale cinematografiche del film dal fatto di trovarsi di fronte a qualcosa di molto diverso dai tipici film western di John Ford. Ci sono i fuorilegge fuggiaschi, i magnifici paesaggi con i colori del selvaggio west, lo sceriffo che insegue i banditi, ma il film non è un western. Un western anomalo [1] come fu definito da chi non volle accettare il tentativo di Ford di servirsi del linguaggio figurativo popolare del western per esprimere i suoi convincimenti morali e religiosi raffigurati attraverso una favola natalizia, grondante buoni sentimenti rappresentati simbolicamente nel racconto con toni fiabeschi: il sacrificio del buon ladrone che porta alla redenzione, i tre banditi - i padrini nel titolo originale - che simboleggiano i re magi dalle diverse etnie: il biondo tipo europeo Harry Carey jr., l'americano John Wayne, e il "colored", il messicano, Pedro Armendariz; c'è persino la grotta con l'asinello e la meta del bandito in fuga che si chiama "La nuova Gerusalemme" e così via.
Un eccesso di riferimenti evangelici conditi però, secondo la ricetta di Ford, da «vari risvolti umoristici che alleggeriscono il suo pesante simbolismo religioso.» (cfr. Il Morandini 2007). Il film di Ford, se ci si limita ai valori cinematografici, non poteva non essere giudicato negativamente dalla critica che pretende ben altro da un regista, che deve esprimere alla maniera Carl Theodor Dreyer i valori religiosi[2].
In nome di Dio ha a sua volta generato un remake nel film giapponese del 2003 Tokyo Godfathers, scritto e diretto da Satoshi Kon[3][4].
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