Italia a mano armata è un film poliziottesco italiano diretto da Marino Girolami (con lo pseudonimo Franco Martinelli) nel 1976.
Italia a mano armata | |
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Titolo originale | Italia a mano armata |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 1976 |
Durata | 97 min |
Genere | poliziesco |
Regia | Marino Girolami |
Soggetto | Vincenzo Mannino, Maurizio Merli |
Sceneggiatura | Vincenzo Mannino |
Produttore | Edmondo Amati, Maurizio Amati |
Casa di produzione | New Film Production s.r.l. |
Distribuzione in italiano | Fida Cinematografica |
Fotografia | Fausto Zuccoli |
Montaggio | Vincenzo Tomassi |
Musiche | Franco Micalizzi |
Scenografia | Antonio Visone |
Costumi | Silvana Scandariato |
Trucco | Pietro Tenoglio |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori originali | |
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Il film costituisce l'ultimo capitolo della cosiddetta Trilogia del commissario.
Il commissario Betti, stavolta in servizio a Torino, ben coadiuvato dal maresciallo Ferrari, è sulle tracce di una banda composta da quattro banditi, che nel capoluogo piemontese ha sequestrato un piccolo scuolabus su cui viaggia una mezza dozzina di bambini, diretti a scuola. A seguito di una telefonata fatta da uno dei rapitori alla madre di uno dei bambini rapiti, si scopre che tale chiamata proviene dalla periferia di Milano. Betti quindi si reca nel capoluogo lombardo, dove ritrova il commissario Arpino, suo amico e figura più saggia e prudente, che lo aiuterà nelle indagini.
Un membro della banda, Mancuso, tenta grossolanamente di stuprare una ragazza nei pressi del nascondiglio dove i banditi si sono rifugiati con i bambini, venendo così denunciato e rintracciato e consentendo alla polizia di scovare la banda e quindi facendo fallire il piano.
Qualche tempo dopo questi è rinvenuto carbonizzato nella propria macchina; intanto due banditi (Torri e Luzzi) vengono catturati da Betti, al termine di uno spettacolare inseguimento che ha inizio all'Ortomercato, passando per il Naviglio e conclusosi all'Idroscalo, non prima che, dalla macchina dei banditi in fuga, Luzzi indirizzi a una pattuglia della polizia che si era aggiunta all'inseguimento una raffica di Sten che, colpendo gli agenti a bordo, finisce in acqua, mentre il terzo, rintracciato presso il suo alloggio, per sfuggire alla cattura, si schianta con l'auto contro un albero, morendo sul colpo. Convinto, pur non avendone le prove, che ad organizzare il sequestro dei bambini sia stato l'uomo d'affari milanese nonché trafficante di droga Jean Albertelli, concentra le sue attenzioni su quest'ultimo.
Si reca perciò a Genova, dove però finisce in carcere a causa di un tranello tesogli dal boss Albertelli. Uscito di prigione riesce a catturare il milanese; questi tuttavia riesce a scappare e a raggiungere l'aeroporto, dove viene tuttavia ucciso da alcuni banditi durante una sparatoria, che vengono a loro volta presi nella retata del commissario.
Il film sembra concludersi con il lieto fine di un appuntamento tra il commissario Betti e la sorella dell'unico bambino morto durante il sequestro, ma la scena si conclude drammaticamente con il commissario che viene apparentemente ucciso da una raffica di mitra sparata da un'automobile in corsa.
Il film è stato distribuito nei cinema italiani il 27 novembre 1976, con la censura che impose il divieto alla visione ai minori di 14 anni.
Il film risultò il 60° miglior incasso registrato in Italia nella stagione cinematografica 1976-77.[1]
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