Will Berson, Shaka King, Keith Lucas, Kenneth Lucas
Sceneggiatura
Will Berson, Shaka King
Produttore
Ryan Coogler, Charles D. King, Shaka King
Produttore esecutivo
Sev Ohanian, Zinzi Coogler, Kim Roth, Poppy Hanks, Ravi D. Mehta, Jeff Skoll, Anikah McLaren, Aaron L. Gilbert, Jason Cloth, Ted Gidlow, Niija Kuykendall
Casa di produzione
Warner Bros., Bron Creative, MACRO, Participant
Distribuzione in italiano
Warner Bros.
Fotografia
Sean Bobbitt
Montaggio
Kristan Sprague
Effetti speciali
Russell Tyrrell
Musiche
Craig Harris, Mark Isham
Scenografia
Sam Lisenco
Costumi
Charlese Antoinette Jones
Trucco
Lydia Kane, Bridget Gilfeather Novick, Alan Tuskes
Basato su eventi reali,[2] il film narra le vicende di Fred Hampton, leader delle Pantere Nere, interpretato da Daniel Kaluuya.[1]
Trama
Chicago, 1967. Il piccolo criminale William "Bill" O'Neal ruba macchine fingendosi un agente dell'FBI che effettua sequestri di presunti veicoli scomparsi. Dopo un ennesimo colpo viene fermato dalla polizia e arrestato. Viene quindi condotto di fronte all'agente FBI Roy Mitchell, che lo mette di fronte a un bivio: o scontare sei anni e mezzo di carcere (18 mesi per il furto d'auto e 5 anni per aver finto di essere un agente federale) o prendere parte a un'operazione di polizia come infiltrato.
In quel periodo infatti Fred Hampton, il carismatico presidente della sezione dell'Illinois del Black Panther Party e vicepresidente a livello nazionale, fonda la Rainbow Coalition, un'importante organizzazione politica multiculturale che comprende le Pantere Nere e diverse bande di strada (gli Young Patriots, gli Young Lords, e altri) il cui fine è porre alle lotte intestine tra poveri e cambiare la società americana, razzista e foriera di disuguaglianze. Hampton, che fa spesso riferimenti al socialismo e al maoismo, viene identificato come una minaccia radicale dall'FBI, che cerca di sovvertire le sue attività a Chicago.
O'Neal accetta di infiltrarsi nelle Pantere Nere, e gradualmente conquista la fiducia dei compagni, anche perché si offre di diventare l'autista ufficiale di Hampton (a cui le autorità hanno confiscato la patente). Riesce anche a sviare alcuni sospetti (per esempio quando un uomo lo riconosce per essere il ladro col distintivo FBI) e si guadagna il soprannome di "Wild Bill".
A poco a poco, sia O'Neal che l'agente Mitchell scoprono che il lavoro è più complicato e spiacevole del previsto. Da una parte Mitchell (che pare essere sinceramente antirazzista) si rende conto che all'FBI la lotta contro le Pantere Nere è condotta senza nessuno scrupolo (per esempio un altro infiltrato è autorizzato ad assassinare e torturare per sviare i sospetti); dall'altra parte O'Neal comincia a provare rispetto per Hampton e i suoi ideali.
Le autorità riescono a incastrare Fred Hampton (che nel frattempo ha trovato una compagna, Deborah Johnson, da cui aspetta un figlio) con accuse pretestuose e lo mandano in galera. Nel frattempo O'Neal è diventato responsabile della sicurezza delle Pantere Nere di Chicago, ma questo non lo ferma dal darsela a gambe e nascondersi tra la folla quando la polizia fa irruzione nella sezione e le dà fuoco. La situazione per O'Neal si fa sempre più pesante e più di una volta è tentato dal mollare tutto, ma l'agente Mitchell, spietato, gli ricorda che non ha scelta.
Hampton torna brevemente in libertà perché è ricorso in appello, e riesce a rigalvanizzare il movimento. L'FBI, con il direttore Hoover in testa, non è disposta ad accettare questa situazione, e riesce a far respingere l'appello. Non solo: stabilisce che Hampton deve morire. Ancora una volta tocca a O'Neal compiere il tradimento: messo di nuovo alle strette dai federali, viene fornito di un potente narcotico, da mettere nel bicchiere di Hampton durante una festa di congedo prima della nuova incarcerazione. Quella notte, una squadra di poliziotti di Chicago e dell'FBI fa irruzione nella casa di Hampton, uccide quasi tutte le persone presenti (O'Neal si era già dileguato) e trucida nel sonno lo stesso Hampton. La ricompensa per O'Neal, oltre alla libertà, è il possesso di una stazione di servizio, con cui potrà iniziare una nuova vita.
Poco prima dei titoli di coda, viene raccontato il destino di O'Neal (rimasto informatore per altri due anni): nel 1989 viene intervistato da una troupe televisiva a proposito di quegli eventi. Il documentario viene trasmesso l'anno dopo, e O'Neal si suicida la notte stessa della messa in onda. I sopravvissuti al massacro in cui muore Hampton fanno causa per ottenere un risarcimento nel governo, e lo ottengono dopo dodici anni. Deborah Johnson dà alla luce il figlio di Hampton,e con lui tutt'ora dirige un movimento che si rifà alle Pantere Nere.
Produzione
Il film era inizialmente intitolato Jesus Was My Homeboy.[3]
Le riprese del film sono iniziate il 30 settembre 2019 a Cleveland,[4] e sono terminate il 19 dicembre dello stesso anno.[5]
Promozione
Il primo trailer del film viene diffuso il 6 agosto 2020.[2]
Distribuzione
Il film è stato presentato al Sundance Film Festival 2021 il 1º febbraio.[6]
La pellicola, inizialmente fissata per il 21 agosto 2020,[7] è stata rimandata al 2021 a causa della pandemia di COVID-19[2] e distribuita nelle sale cinematografiche statunitensi, ed in contemporanea su HBO Max, a partire dal 12 febbraio 2021;[8] in Italia arriva direttamente in streaming a partire dal 9 aprile 2021.[9]
Accoglienza
Critica
Sull'aggregatore Rotten Tomatoes il film riceve il 96% delle recensioni professionali positive con un voto medio di 8,3 su 10 basato su 323 critiche,[10] mentre su Metacritic ottiene un punteggio di 85 su 100 basato su 49 critiche.[11]
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