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L'intendente Sansho è un film del 1954 diretto da Kenji Mizoguchi. Con questo film, considerato tra i capolavori dell'intero cinema giapponese, il regista analizza temi quali la libertà e la condizione della donna all'interno della società, attraverso l'abituale utilizzo di bellissime scenografie e di lunghi e complessi piani sequenza.

L'intendente Sansho
Il poster del film
Titolo originale山椒大夫 (Sanshō Dayū)
Lingua originalegiapponese
Paese di produzioneGiappone
Anno1954
Durata124 min
Dati tecnicib/n
Generedrammatico
RegiaKenji Mizoguchi
Soggettodal racconto breve di Ogai Mori
SceneggiaturaFuji Yahiro, Yoshikata Yoda
ProduttoreMasaichi Nagata
Casa di produzioneDaiei Studios
FotografiaKazuo Miyagawa
MontaggioMitsuzô Miyata
MusicheFumio Hayasaka, Tamekichi Mochizuki, Kanahichi Odera
Interpreti e personaggi
  • Kinuyo Tanaka: Tamaki, la madre
  • Yoshiaki Hanayagi: Zushiō
  • Kyōko Kagawa: Anju
  • Eitarô Shindô: l'intendente Sansho
  • Akitake Kôno: Taro

L'intenzione iniziale di Mizoguchi era di mettere al centro della narrazione la figura del feroce intendente, salvo poi scegliere di raccontare la triste storia dei due fratelli Anju e Zushiō.[1]


Trama


Giappone, XI secolo, Periodo Heian: durante un viaggio, Tanaki, moglie di un governatore destituito perché considerato troppo umano dai superiori, e i suoi due figli Zushiō e Anju vengono catturati da banditi e venduti come schiavi. Tanaki finisce al mercato di Sado e viene venduta come prostituta; i due bambini finiscono ridotti in schiavitù presso i possedimenti terrieri del terribile intendente Sansho. Costretti a vivere in condizioni orribili e soggetti ad ogni tipo di violenza, Zushiō e sua sorella Anju si promettono di restare uniti per riuscire, un giorno, a fuggire per ritrovare i loro genitori.

Una scena del film
Una scena del film

Dopo anni di schiavitù presso i terreni di Sansho ed aver ormai perso la speranza di ritrovare la libertà, Anju ode una giovane schiava appena arrivata cantare una melodia, la stessa che la loro madre Tanaki era solita cantare quando erano piccoli. La melodia ridà loro la forza di poter fuggire e la speranza di poter ricongiungersi con la loro madre. Pianificano così una via di fuga, ma gli uomini di Sansho mandano in rovina il loro piano; solo Zushiō con in spalla la schiava Namiji, malata e condannata ad essere lasciata morire in cima alla montagna, riesce a fuggire. Anju, per evitare la tortura e il pericolo di denunciare il fratello, si toglie la vita lasciandosi annegare. Zushiō trova rifugio presso il monastero dove si trova Taro, il figlio di Sansho, diventato monaco, e gli affida le sorti di Namiji. Grazie all'aiuto di Taro, Zushiō ottiene un'udienza presso il Primo Ministro a Kyoto, allo scopo di rivelare le disumane condizioni degli schiavi di Sansho. Zushiō riesce a convincere il Ministro della bontà delle sue rivelazioni soltanto dopo avergli mostrato una statuetta, appartenente a suo padre e donatagli poco prima dell'esilio. Il Primo Ministro gli rivela che suo padre è morto l'anno prima e gli offre, quasi come un risarcimento, il posto di Governatore di Tango, la contea dove sono situati i possedimenti di Sansho. Assunta la carica, Zushiō proclama un editto che vieta la schiavitù nella contea di Tango. Dopo aver scoperto che sua sorella Anju si è tolta la vita, Zushiō fa mettere a ferro e fuoco le proprietà dell'intendente, fa liberare tutti gli schiavi e condanna all'esilio Sansho e i suoi uomini. Subito dopo, Zushiō decide di rassegnare le dimissioni al Primo Ministro, considerando di fatto compiuta la sua missione.

Zushiō decide di recarsi a Sado, in cerca della madre, ma alcune persone la danno per morta, vittima di uno tsunami. Egli si reca nella spiaggia in cui si suppone sia morta e lì trova una donna anziana, cieca e molto debole: la donna è sua madre. Si ricongiungono così dopo tanti anni.


Soggetto


Sanshô Dayû è un'antica leggenda medioevale di cui esistono numerose versioni a partire dal XVI secolo. Una delle più famose è stata scritta nel 1915 da Ogai Mori.[2]


Premi


Presentato al Festival di Venezia nel 1954, il film vinse il Leone d'argento, il terzo consecutivo per Mizoguchi.


Critica



Temi


«Zushio, sarai un uomo testardo come me? Ricorda: senza pietà l'uomo non è che una bestia. Sii esigente con te stesso ma misericordioso con gli altri. Gli uomini sono stati creati uguali. Tutti hanno diritto alla felicità.»

(Le parole del padre al figlio prima della separazione)

L'insegnamento del padre ai figli contrasta con la legge comune della vendetta. A suggello delle sue parole consegna loro una preziosa statuetta della dea della compassione Kannon.


Colonna sonora


Autore della musica del film è il compositore giapponese Hayasaka Fumio che mescola strumenti ed elementi della musica tradizionale giapponese a quelli della musica occidentale. Alle canzoni affida un ruolo narrativo importante.

“Zushiō, quanta nostalgia ho di te! non è una tortura la vita? Anju, quanta nostalgia ho di te! non è una tortura la vita? come è miserabile la condizione di chi è venduta! Marinaio, remate in silenzio!”[5] Anju, da dieci anni ormai prigioniera di Sansho, nel laboratorio tessile, riascolta con sorpresa e commozione il canto da una giovane schiava appena arrivata dall'isola di Sado. Ha la conferma che la madre è ancora viva e dalla schiava ne apprende il doloroso destino: una cortigiana di Sado di nome Nakagimi ha reso popolare il motivo nell'isola. Nel finale sarà Zushiō a riascoltarla e a riconoscere grazie ad essa nella povera donna sulla spiaggia sua madre. La canzone ha il potere di collegare nel tempo e nello spazio i membri di una famiglia distrutta e dispersa.


Note


  1. Triva su imdb.com
  2. Venezia 1974
  3. Commento de Il Morandini su Mymovies.it
  4. Pino Farinotti, Il Farinotti 2011

Collegamenti esterni


Controllo di autoritàVIAF (EN) 316751812 · GND (DE) 4612914-5 · BNF (FR) cb13748124t (data)
Portale Cinema
Portale Giappone

На других языках


[de] Sansho Dayu – Ein Leben ohne Freiheit

Sansho Dayu – Ein Leben ohne Freiheit (Originaltitel: 山椒大夫, Sanshō Dayū) ist ein japanischer Spielfilm des Regisseurs Kenji Mizoguchi aus dem Jahr 1954 nach dem gleichnamigen Roman von Ōgai Mori. Die Hauptrollen spielten Kinuyo Tanaka, Kyōko Kagawa und Eitarō Shindō. Das Drehbuch stammt von Fuji Yahiro und Yoshikata Yoda. In seinem Heimatland kam der Streifen das erste Mal am 31. März 1954 in die Kinos. In der Bundesrepublik Deutschland hatte er seine Premiere erst am 18. Juli 1964 im Ersten Deutschen Fernsehen (ARD).

[en] Sansho the Bailiff

Sansho the Bailiff (山椒大夫 Sanshō Dayū, known by its Japanese title in the United Kingdom and Ireland)[1] is a 1954 Japanese period film directed by Kenji Mizoguchi.[2] Based on a 1915 short story of the same name by Mori Ōgai (usually translated as "Sanshō the Steward" in English), which in turn was based on a folktale, it follows two aristocratic children who are sold into slavery.

[es] El intendente Sansho

El Intendente Sansho (山椒大夫 / Sanshô dayû) es una película japonesa de 1954 dirigida por Kenji Mizoguchi. Ganadora del León de Plata en el Festival Internacional de Cine de Venecia de 1954. La película está basada en un cuento homónimo del escritor japonés Mori Ōgai,[1] quien no llegó a conocer la adaptación cinematográfica ya que murió varias décadas antes del estreno.[2]
- [it] L'intendente Sansho

[ru] Управляющий Сансё

«Управляющий Сансё» — кинофильм режиссёра Кэндзи Мидзогути. Экранизация одноимённого рассказа Мори Огая.



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