La banda degli onesti è un film del 1956 diretto da Camillo Mastrocinque, con protagonisti Totò, Peppino De Filippo e Giacomo Furia.
La banda degli onesti | |
---|---|
![]() | |
Lingua originale | italiano, tedesco |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 1956 |
Durata | 106 min |
Dati tecnici | B/N rapporto: 1,37:1 |
Genere | commedia |
Regia | Camillo Mastrocinque |
Soggetto | Age & Scarpelli |
Sceneggiatura | Age & Scarpelli |
Produttore | Isidoro Broggi |
Casa di produzione | DDL Roma |
Distribuzione in italiano | Momi-Caiano |
Fotografia | Mario Fioretti |
Montaggio | Gisa Radicchi Levi |
Musiche | Alessandro Cicognini |
Scenografia | Alberto Boccianti |
Costumi | Giuliano Papi |
Trucco | Giuliano Laurenti |
Interpreti e personaggi | |
| |
Doppiatori italiani | |
|
Scritto e sceneggiato da Age & Scarpelli, il film consacrò il sodalizio artistico di Totò e Peppino ed è considerato uno dei migliori della coppia.[1]
Don Antonio Bonocore, portiere napoletano di uno stabile di Roma, con madre, tre figli e moglie tedesca a carico, si reca da solo al capezzale di un condòmino ultranovantenne, il signor Andrea. Questi gli confida un segreto di cui egli solo è a conoscenza: in una valigia conserva un cliché e della carta filigranata per stampare banconote da diecimila lire, entrambi autentici poiché da lui stesso sottratti all'Istituto Poligrafico dello Stato del quale era dipendente; l'uomo rivela di averli a suo tempo trafugati con l'intento di stampare cartamoneta in proprio per vendicarsi di essere stato mandato in pensione anticipatamente, ma di non aver mai avuto il coraggio di attuare il suo proposito. Rimasto ora solo al mondo, con il timore che dopo la sua morte il materiale finisca in mani sbagliate e confidando nell'assoluta onestà del portiere, l'anziano carpisce ad Antonio la promessa che getterà la valigia nel Tevere dopodiché, sentendosi finalmente a posto con la coscienza, spira.
Bonocore si appresta a eseguire la volontà del defunto quando scopre che il nuovo amministratore del condominio, il ragionier Casoria, intende sostituirlo con un uomo di sua fiducia poiché in precedenza si è rifiutato di colludere in un peculato: lo spettro del licenziamento lo induce quindi a tenersi la valigia per sfruttarla a proprio vantaggio. Del tutto inesperto della stampa di banconote, tuttavia, il portiere si vede costretto a chiedere aiuto a due condòmini, il tipografo Giuseppe Lo Turco e il decoratore di vetrine Cardone. Facendo leva sui loro bisogni economici, dei quali è al corrente perché riceve le loro cambiali in portineria, li coinvolge in furtive riunioni notturne e, dopo un ragionevole tentennamento, li convince a mettere in piedi una vera e propria banda di falsari. I tre infine stampano il primo biglietto da diecimila che Antonio riesce subito dopo a spacciare in una tabaccheria notturna; appurata così la verosimiglianza delle "loro" banconote, incominciano nottetempo a produrne una gran quantità.
La faccenda si complica quando Bonocore scopre che suo figlio maggiore Michele, finanziere appena trasferito a Roma, sta seguendo un'indagine proprio sulla circolazione di biglietti falsi nella Capitale. Avendo già notato miglioramenti sospetti nel vestiario dei suoi complici, il portiere persuade entrambi a non spendere più un soldo, quindi con l'aiuto di Cardone sotterra l'occorrente per la stampa delle banconote in un campo fuori città.
Tuttavia quando il maresciallo Denti – diretto superiore del figlio – per caso gli fa visita a casa, Antonio si sente braccato e medita perciò di farsi arrestare proprio da Michele, nella convinzione che un finanziere che arresti suo padre non solo non verrà cacciato dal corpo ma potrebbe persino essere promosso, il che favorirebbe anche il matrimonio fra il giovane e Marcella, figlia di Lo Turco. Si reca dunque di persona in caserma per costituirsi, ma Michele pensa che stia solo scherzando e non gli crede; subito dopo, inoltre, il portiere apprende direttamente dal maresciallo che l'indagine nel frattempo si è già conclusa con l'arresto a Vetralla di una banda di falsari professionisti, tra l'altro proprio la pista seguita da suo figlio; scopre così anche che il primo e unico biglietto da lui speso in tabaccheria e intercettato dai finanzieri non era quello da lui stampato con i suoi due compari, bensì l'esemplare da loro utilizzato come modello, falso anch'esso in quanto prodotto proprio dalla banda appena sgominata e cedutogli proditoriamente da un creditore, l'usuraio Pizziconi.
Antonio infine incontra nuovamente Cardone e Lo Turco, i quali gli confidano che neppure loro hanno trovato il coraggio di spacciare una sola delle banconote false e che i vestiti nuovi da lui notati li hanno in realtà comprati coi loro magri risparmi, ciascuno per non apparire pavido agli occhi degli altri. Ritrovata così la tranquillità e avendo ormai capito di non essere tagliati per il crimine, i tre concordano di distruggere tutto il denaro falso e il cliché, allestendo simbolicamente un falò.
![]() |
La banda degli onesti venne girato interamente a Roma nel gennaio del 1956;[2] gran parte del film si svolge in esterni, pochissimi gli ambienti ricostruiti in teatro di posa.[3]
Tutte le scene ambientate nel condominio furono filmate in uno stabile situato nel quartiere Della Vittoria, precisamente in viale delle Milizie, 76: il cancello d'ingresso, l'androne con la guardiola e il cortile interno, ad esempio, compaiono nel piano sequenza dei titoli di testa e più volte nel corso della pellicola; altre scene si svolgono sui tetti, per le scale e nelle cantine del medesimo fabbricato.[3]
Altri luoghi romani riconoscibili sono: il ponte dell'industria, dal quale Antonio sta per gettare la valigia prima di cambiare idea;[3] piazza degli Zingari, dove Lo Turco ha la sua tipografia[3]; la stazione Cavour della metropolitana – inaugurata solo un anno prima delle riprese – e un bar nella prospiciente piazza della Suburra;[3] piazza Gimma nel Quartiere Trieste, dove Bonocore e Lo Turco avvicinano per la prima volta Cardone mentre decora una vetrina;[3] la tabaccheria a via di Monte Savello 28 dove i tre spacciano la prima banconota;[3] il parco archeologico di Villa Gordiani dove le rovine della Tor de' Schiavi fanno da sfondo a un bacio tra Michele e Marcella e dove, subito dopo, Bonocore e Cardone seppelliscono la valigia;[3] il Comando Generale della Guardia di Finanza in viale XXI Aprile dove Antonio va a costituirsi;[3] infine, la scena conclusiva del falò fu girata lungo la via Appia Antica.[4]
L'incasso della pellicola all'epoca fu di ₤ 388.846.000.[7][8] Gli spettatori furono 2.603.938.[7][8]
A differenza del pubblico, la critica non fu del tutto favorevole col film, come con la maggior parte delle pellicole interpretate da Totò. Ma il gradimento degli spettatori ne ha col tempo aumentato il successo, trasformando La banda degli onesti in un classico dei film di Totò.
«Nel panorama non troppo consolante dei nostri film comici, questa pellicola merita una menzione onorevole. Spigliata, briosa, dotata di un dialogo vivace e di qualche genuina trovata, la storia corre diritta all'onesto scopo di suscitare risate.[2]» |
«Muse napoletane, abbiamo tante volte mangiato cocomeri o lupini insieme, aiutatemi a dire tutto il male e tutto il bene possibili di Totò. Chi è più attore e meno artista di lui? Chi, se non Totò, è l'unico, il massimo denigratore che Totò abbia, l'ospite furtivo, il cugino povero, il visitatore umile, frainteso, balbettante, di se stesso? Chi, o lacere e fulgide Muse napoletane, si inganna, si disconosce, si rinnega più del nostro impareggiabile conterraneo Totò? Poteva, il Creatore dei Petito, degli Scarpetta, dei Viviani, dei De Filippo, realizzare con maggiore talento e con maggiore impegno un lavoretto come Totò? Egli, l'Apollo indigeno (mi permettete di figurarmelo anziano, grigio, arruffato come un "solachianiello", ovverosia come un ciabattino, di Materdei? Gli mettiamo sulle ginocchia un domestico e rognoso mandolino, invece della mitica lira, e siamo a posto) vedeva lontano, chilometri e chilometri, sulla via del comico.[2]» |
(Giuseppe Marotta) |
Ne Il Tuttofare (2018) di Valerio Attanasio il nome del protagonista, "Antonio Bonocore", è un chiaro omaggio al personaggio interpretato da Totò ne La banda degli onesti.[9] Anche Smetto quando voglio (2014), scritto sempre da Attanasio, ha affinità con La banda degli onesti nella trama (un gruppo di poveracci che entrano casualmente a contatto con l'illegalità) e nella struttura narrativa: ne La banda degli onesti il figlio di Totò lavora nella Guardia di Finanza, ovvero per coloro che sono sulle tracce del padre falsario di banconote, mentre in Smetto quando voglio la moglie del protagonista lavora in un centro di recupero per ex tossicodipendenti, ovvero i "clienti" di Edoardo Leo e della sua banda di ricercatori temporaneamente trasformatisi, causa crisi economica, in spacciatori di droghe sintetiche.[10]
Il condominio che fa da ambientazione a molte scene de La banda degli onesti comparve anni dopo anche nel film Innamorato pazzo di Castellano e Pipolo del 1981, con protagonisti Adriano Celentano e Ornella Muti.
url
(aiuto). URL consultato il 28 settembre 2020.Altri progetti
![]() |