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Mimì metallurgico ferito nell'onore è un film del 1972, scritto e diretto da Lina Wertmüller, presentato in concorso al 25º Festival di Cannes.[1]

Mimì metallurgico ferito nell'onore
Paese di produzioneItalia
Anno1972
Durata125 min
Rapporto1,85:1
Generecommedia, drammatico
RegiaLina Wertmüller
SoggettoLina Wertmüller
SceneggiaturaLina Wertmüller
ProduttoreDaniele Senatore, Romano Cardarelli
Distribuzione in italianoEuro International Films
FotografiaDario Di Palma
MontaggioFranco Fraticelli
MusichePiero Piccioni
ScenografiaAmedeo Fago
Interpreti e personaggi
  • Giancarlo Giannini: Carmelo "Mimì" Mardocheo
  • Mariangela Melato: Fiorella "Fiore" Meneghini, amante di Mimì
  • Agostina Belli: Rosalia, moglie di Mimì
  • Luigi Diberti: Pippino
  • Elena Fiore: Amalia Finocchiaro
  • Tuccio Musumeci: Pasquale
  • Livia Giampalmo: Violetta, la bancarellaia
  • Ignazio Pappalardo: Massaro 'Ntoni
  • Gianfranco Barra: Brigadiere Amilcare Finocchiaro
  • Turi Ferro: Don Calogero; Vito Tricarico; Salvatore Tricarico
Doppiatori italiani
  • Corrado Gaipa: il sicario di Vito Tricarico

Trama


Il manovale catanese Carmelo Mardocheo, soprannominato Mimì, da sempre fortemente attratto dagli ideali di sinistra e insofferente alla mafia che spadroneggia incontrastata nella sua terra, un giorno perde il proprio posto di lavoro alla locale cava di zolfo per aver votato il candidato sindaco del PCI, anziché quello colluso e spalleggiato dalla locale cosca mafiosa.

Rimasto dunque senza impiego, ed essendogli preclusa qualsiasi altra possibilità di lavoro in città proprio dalle ingerenze dei malavitosi, Mimì è pertanto costretto, al pari di tanti altri emigranti meridionali, a partire alla volta di Torino, lasciando a casa la giovanissima moglie Rosalia. Nel capoluogo piemontese, Mimì s'impiega come operaio edilizio a nero per una ditta fungente da copertura per alcuni mafiosi siciliani in città, capeggiati dalla greve figura di Vito Tricarico, con i quali però finisce ben presto per andare ai ferri corti: avendo, durante uno dei tanti sfiancanti turni di lavoro, visto dove stavano scaricando il cadavere d'un suo collega appena deceduto per la loro inosservanza delle misure di sicurezza sul lavoro, è costretto alla fuga; riacciuffato dagli sgherri di Tricarico, che lo vogliono mettere a tacere "una volta e per sempre", si salva mentendo spudoratamente su d'una sua presunta parentela con il boss mafioso di Catania, chiedendo inoltre, forte di questo, un posto come operaio metalmeccanico in una qualsiasi ditta.

Accontentato nella sua richiesta, Mimì si sente inizialmente solo e spaesato in questo ambiente per lui del tutto nuovo, ma ciononostante riesce alla fine a farsi coinvolgere attivamente nella militanza politica di un locale sindacato di categoria, legato al PCI, per poi intrecciare una passionale relazione con la giovane sottoproletaria lombarda Fiore, anch'ella una militante comunista - però trotskista - da lui conosciuta mentre era intento a soccorrerla per strada da un'aggressione d'un gruppuscolo neofascista, e dalla quale avrà poi un figlio. Proprio il giorno in cui si festeggia la nascita del bambino, Mimì è testimone suo malgrado di una strage mafiosa ad opera degli uomini di Tricarico, a cui scampa per miracolo; in preda al terrore, si rifiuta poi di fare nomi, dicendo di essere stato troppo terrorizzato durante l'attacco per essere in grado di identificare alcunché[2].

Con la sua riluttanza a sporgere denuncia interpretata come leale ossequio al principio di omertà, Mimì è promosso, dietro pressioni della cupola (che hanno persino provveduto a falsificare la sua firma per la domanda d'avanzamento), al ruolo di caporeparto presso la sede di Catania. Preoccupato che la sua storia con Fiore, che l'ha seguito con il bambino nella città etnea, possa venir scoperta dagli amici e famigliari (e soprattutto dalla moglie), Mimì tenta con un po' di fatica di imbastire una vera doppia vita, allontanandosi però sempre più dalla politica e dai suoi vecchi amici compagni; ciò in virtù pure della sua nuova posizione lavorativa, che di fatto lo porta ad assumere un'ottica del tutto differente da quella che aveva quand'era un semplice operaio. Un giorno scopre che la consorte ha avuto un rapporto occasionale con Amilcare Finocchiaro, un brigadiere napoletano di stanza in città con la moglie e i cinque figli ed è rimasta incinta. La donna, che nel frattempo è venuta pure a conoscenza della famigliola parallela di Mimì, resta ferma nei suoi propositi di farne riconoscere la paternità a quest'ultimo, quasi come segno di spregio nei sui confronti. Pur roso ardentemente dall'ira per il suo "onore offeso", Mimì, proprio grazie all'esperienza avuta nel 'più civile settentrione, si considera di vedute abbastanza aperte per non uccidere l'uno e l'altra, ma non prende neppure in considerazione l'idea di non vendicarsi in qualche modo - e quindi corteggia insistentemente l'obesa e sgraziata moglie del rivale, Amalia, fino a trovare in lei un'alleata e giungendo a metterla incinta.

Ottemperato dunque l'impegno, Mimì, proprio fuori dalla chiesa dove si sta riunendo mezza città per assistere alla consueta messa domenicale, comunica platealmente la notizia al brigadiere, proponendogli persino uno scambio tra i legittimi nascituri; questi, rimastovi del tutto spiazzato, gli punta la propria pistola d'ordinanza in un accesso d'ira; ed è proprio in quegli attimi convulsi che un sicario della mafia riesce a freddarlo, per poi metter in mano a Mimì l'arma del delitto. Una volta scontata la pena in carcere, il giorno dell'uscita trova ad aspettarlo una vera folla, composta di otto bambini, la moglie fedifraga, l'amante settentrionale e la vedova del brigadiere. Per poterli mantenere è costretto a fare da galoppino elettorale al boss di Catania, andando così a divenire in via definitiva quello che aveva sempre odiato della sua Sicilia; ma Fiore, l'unica donna che per lui conti veramente, stufa di sopportare tutto, ne ha abbastanza e lo abbandona.


Riconoscimenti



Note


  1. (EN) Official Selection 1972, su festival-cannes.fr. URL consultato il 17 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 26 dicembre 2013).
  2. Leitmotiv ricorrente per tutto il film, quando Mimì si trova a dover denunciare a chicchessia atti correlati alla mafia, è quello di scorgere, sulle note dell'Inno di Mameli, individui contrassegnati sul volto da un particolare tris di nei disposti a mo' di triscele, che possono trattarsi semplici cittadini ma anche poliziotti o addirittura prelati, però interpretati sempre dagli stessi che impersonano i mafiosi nella pellicola, probabilmente a rappresentare in carne e ossa le paure della "mafia onnipotente" nutrite dal protagonista

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Collegamenti esterni


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[en] The Seduction of Mimi

The Seduction of Mimi (Italian: Mimì metallurgico ferito nell'onore, lit. 'Mimi the Metalworker, Wounded in Honor') is a 1972 Italian comedy-drama film written and directed by Lina Wertmüller, starring Giancarlo Giannini as Mimi and featuring Mariangela Melato, Turi Ferro and Agostina Belli. The film was entered into the 1972 Cannes Film Festival.[1] The screenplay was very loosely adapted for the 1977 film Which Way Is Up? starring Richard Pryor.
- [it] Mimì metallurgico ferito nell'onore

[ru] Мими-металлист, уязвлённый в своей чести

Мими-металлист, уязвлённый в своей чести (итал. Mimì metallurgico ferito nell'onore) — итальянская комедийная драма 1972 года, поставленная режиссёром Линой Вертмюллер с Джанкарло Джаннини и Марианджелой Мелато в главных ролях. Лента принимала участие в конкурсной программе 25-го Каннского международного кинофестиваля[1].



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