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Prima la musica, poi le parole è un film italiano del 1998, diretto da Fulvio Wetzl.

Prima la musica, poi le parole
Una scena del film
Paese di produzioneItalia
Anno1998
Durata100 min
Generedrammatico
RegiaFulvio Wetzl
SoggettoFulvio Wetzl
SceneggiaturaFulvio Wetzl
ProduttoreGrazia Volpi, Claudio Grassetti, Francesco Torelli
Casa di produzioneAger 3, Filmtre, Gierre
Distribuzione in italianoLantia Cinema & Audiovisivi
FotografiaMaurizio Calvesi
MontaggioAntonio Siciliano
MusicheDario Lucantoni
ScenografiaAlessandro Marrazzo
Interpreti e personaggi
  • Anna Bonaiuto: Marina Moltedo
  • Andrej Chalimon: Giovanni Bentivoglio
  • Jacques Perrin: Lanfranco Bentivoglio
  • Barbara Enrichi: Elena
  • Amanda Sandrelli: Clara Zanetti
  • Gigio Alberti: Roberto
  • Cecilia Wetzl: figlia di Clara
  • Stefano Bicocchi: medico all'ambulatorio
  • Giacomo Piperno: dottor Minucci
  • Fernando Maraghini: primario
  • Carlo Monni: negoziante di frutta
  • Massimo Sarchielli: ferramenta
Doppiatori italiani
  • Alessio Puccio: Giovanni Bentivoglio
  • Gianni Giuliano: Lanfranco Bentivoglio

Trama


Marina (Anna Bonaiuto) e Giovanni (Andrej Chalimon)
Marina (Anna Bonaiuto) e Giovanni (Andrej Chalimon)

Giovanni è un bambino di sette anni che viene ritrovato a vagare per la campagna toscana, vestito di un anacronistico cappottino loden e con in mano un libro, il Prontuario dei colori, parlando un italiano incomprensibile. "Tocco cometa", "accarezzo mentire", "sabbia canta": sono queste le frasi che il bambino pronuncia, gettando lo sconcerto in chi lo incontra. Presto viene portato in un reparto di neuropsichiatria infantile, dove alcuni medici cercano di venire a capo del suo strano modo di esprimersi.

Il dottore Minucci cerca con metodi coercitivi di riportare Giovanni a un uso corretto della lingua italiana; ma il bambino regredisce quasi a una fase autistica. Dentro l'ospedale operano però anche la logopedista Marin, che con la complicità dell'infermiera Elena, attribuisce alle strane parole di Giovanni dignità di linguaggio. Una sera il bambino, provato dai continui esperimenti coercitivi di Minucci, scappa dall'ospedale. Marina se ne accorge e lo accompagna nella fuga. Di nuovo Elena lo aiuta, mettendole a disposizione la casa della madre defunta, a Volterra. In quel luogo, al riparo da sguardi indiscreti, Marina ha modo di approfondire il rapporto con il bambino, e, spaziando nei metodi di approccio, con altri linguaggi non verbali, come la cromoterapia (linguaggio dei colori), la meloterapia (linguaggio musicale), aiutata in questo dal fidanzato Roberto.

Ma il loro nascondiglio viene ben presto individuato: Marina riesce comunque a concludere la sua indagine e a risalire alle cause: si reca infatti nella villa di campagna dove Giovanni ha vissuto, chiuso e isolato dal padre Lanfranco, glottologo impazzito che ha insegnato, per una sua delirante motivazione scientifica, un linguaggio italiano distorto al figlio, provocandone di fatto l'isolamento comunicativo.


Riconoscimenti



Note


  1. Giovanni o le parole per dirlo - la Repubblica.it, in Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 22 maggio 2018.
  2. Roberto Chiti, Enrico Lancia e Roberto Poppi, Dizionario del cinema italiano: i film, Gremese Editore, 2002, ISBN 9788884401373. URL consultato il 22 maggio 2018.

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