Queimada[1] è un film del 1969 diretto da Gillo Pontecorvo e interpretato da Marlon Brando.
Queimada | |
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Marlon Brando in una scena del film | |
Titolo originale | Queimada |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 1969 |
Durata | 129 min |
Genere | drammatico |
Regia | Gillo Pontecorvo |
Soggetto | Franco Solinas, Giorgio Arlorio |
Sceneggiatura | Franco Solinas, Giorgio Arlorio |
Produttore | Alberto Grimaldi |
Casa di produzione | PEA - Produzioni Europee Associate |
Fotografia | Giuseppe Ruzzolini, Marcello Gatti |
Montaggio | Mario Morra |
Effetti speciali | Aldo Gasparri |
Musiche | Ennio Morricone (dirette da Bruno Nicolai) |
Scenografia | Sergio Canevari |
Costumi | Marilù Carteny |
Trucco | Mauro Gavazzi |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Film drammatico in chiave politica, vuole essere una critica di ogni forma di colonialismo, e si avvale di cast su cui si distingue la recitazione di Marlon Brando, con cui il regista ebbe diversi scontri dialettici riguardo all'interpretazione del ruolo assegnatogli.[2]
Girato quasi interamente a Cartagena, in Colombia, il regista usò per protagonisti molti nativi locali (la maggior parte dei quali non sapeva neppure cosa fosse il cinema), analfabeti, in una condizione molto simile a quella degli abitanti delle colonie sfruttati dai bianchi e diffidenti verso gli stranieri. A conferma di ciò, come raccontato da Pontecorvo stesso, quando la produzione in cerca di attori locali intravide Evaristo Márquez e tentò di avvicinarlo per affidargli la parte dell'antagonista, questi si diede alla fuga, temendo chissà che cosa: ci volle un'ora di inseguimento per fargli capire le intenzioni pacifiche del regista, ed altrettanto per convincerlo a lavorare nel film.
Queimada è un'isola immaginaria nell'arcipelago delle Antille, da diversi secoli sottoposta alla dominazione politica ed economica del Portogallo. La corona britannica, interessata ad ampliare i propri commerci nella zona, appoggia la causa d'indipendenza della ricca borghesia dell'isola e invia William Walker,[3] un agente inglese sotto copertura diplomatica incaricato di fomentare la rivoluzione borghese a Queimada.[4] Questi, uomo pragmatico e intelligente, riesce a coinvolgere nella rivoluzione anche gli schiavi dell'isola, servendosi della leadership d'un uomo molto carismatico tra i diseredati di Queimada, José Dolores, che Walker stesso s'è incaricato d'indottrinare ideologicamente.
La rivoluzione borghese riesce e s'instaura il debole e incapace governo di Teddy Sanchez. Quando il giovane rivoluzionario José Dolores infiammerà ancora una volta la sua gente per chiedere l'indipendenza economica dall'Inghilterra e l'uguaglianza di tutti gli uomini, sarà ancora Walker, ormai disilluso, incaricato di fermare questa nuova rivolta, che sarà domata con l'intervento diretto dei cannoni e delle truppe inglesi che, bruciando le piantagioni di canna da zucchero, fanno uscire allo scoperto i rivoltosi. Ancora una volta l'isola viene bruciata, come dice il nome in portoghese: queimada.
Walker alla fine tenta di fare fuggire José Dolores, ma questi rifiuta e accetta il destino dell'impiccagione, per essere d'esempio ai futuri rivoluzionari: proprio uno di questi pugnala a morte Walker, mentre sta per imbarcarsi e rientrare in patria.
William Walker, in ogni azione, è guidato esclusivamente dal calcolo freddo e razionale delle conseguenze che è possibile prevedere e dei vantaggi che se ne possono trarre; considerazioni su ciò che è bene o male sono per lui una debolezza inutile ed ipocrita.
Il suo metodo è efficace e sembra destinato ad una inesorabile vittoria, ma il sentiero che lui percorre si fa via via più stretto e contorto, sempre più chiaramente egli riconosce che le idee portanti della sua civiltà sono la copertura di interessi meschini e disumani.
L'agente di sua maestà britannica sente sempre più opprimente la mancanza di un ideale che in qualche modo giustifichi le immani sofferenze imposte dalla guerra. Josè Dolores, il suo antagonista, al contrario insegue con la tenacia dell'istinto un valore primordiale da poco riscoperto, oltre il quale intravede sangue e dolore, ma che non vuol più perdere, il sogno della libertà.
Queimada è un film duro. La violenza dell'esercito e delle truppe inglesi è orrenda nel mostrare gli incendi dei villaggi, l'uso dei cani contro i ribelli e lo sradicamento della popolazione. D'altra parte anche i ribelli mostrano un aperto spirito di lotta violenta. Gli ex schiavi non sono tutti fratelli, al contrario le truppe del costituito Stato indipendente che danno la caccia ai ribelli sono in maggioranza neri e alcuni di loro deridono crudelmente il prigioniero Dolores. Il risultato storico del film risiede nel raccontare storie al contempo specifiche e generali e nel fornire una visione d'insieme del mutamento di classe e di potere e del ritmo della trasformazione storica.[6]
La critica ha apprezzato il film (Un film d'impegno, sia dal punto di vista spettacolare sia da quello del contenuto)[7] e per i suoi temi che si potrebbero definire didascalici, rintracciandovi inoltre gli ultimi segni di quella stagione del cinema impegnato che si svolse nell'Italia degli anni sessanta.(innegabilmente un grande film, ma ancora più l'epitome di una stagione prodiga di vibranti passioni civili e di generosi slanci libertari.)[8] Certamente notevole infine la colonna sonora di Ennio Morricone che accompagna coralmente gli avvenimenti del film.
I richiami politici di questo film, ambientato nel XIX secolo, all'attualità del periodo in cui è stato realizzato sono numerosi. I rimandi allusivi alla guerra del Vietnam, alla rivoluzione cubana e al marxismo lo rendono un film palesemente e apertamente schierato a sinistra, motivo per cui fu considerato da alcuni critici eccessivamente propagandista e populistico.[9]
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