Rubare alla mafia è un suicidio (Across 110th Street) è un film del 1972 diretto da Barry Shear.
Rubare alla mafia è un suicidio | |
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Titolo originale | Across 110th Street |
Lingua originale | inglese |
Paese di produzione | Stati Uniti d'America |
Anno | 1972 |
Durata | 102 minuti |
Genere | thriller, azione, poliziesco |
Regia | Barry Shear |
Soggetto | Wally Ferris |
Sceneggiatura | Luther Davis |
Produttore | Fouad Said, Ralph Serpe |
Produttore esecutivo | Anthony Quinn, Barry Shear |
Casa di produzione | Film Guarantos |
Distribuzione in italiano | United Artists |
Fotografia | Jack Priestley |
Montaggio | Byron "Buzz" Brandt, Carl Pingitore |
Effetti speciali | Joe Lombardi |
Musiche | J. J. Johnson, Bobby Womack |
Scenografia | Perry Watkins |
Costumi | Joseph Fretwell III |
Trucco | Enrico Cortese |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Comunemente associato al genere della blaxploitation, al tempo il film ricevette invece delle critiche dallo scrittore Greil Marcus e da altri, per essere così distante dai canoni del genere.
La 110ª strada di New York è una sorta di linea di confine tra il mondo dei bianchi di Manhattan e quello dei neri di Harlem; qui tre afroamericani compiono una rapina a mano amata a danno di due mafiosi italoamericani e tre malavitosi neri in combutta, derubandoli di 300.000 dollari e finendo per assassinarli; nella fuga uccidono anche due agenti della polizia. Da qui inizia una parallela, spietata e violenta caccia ai colpevoli; la polizia, guidata dal vecchio capitano Frank Martelli e dal neo tenente William Pope da una parte, la banda del mafioso italoamericano Nick D'Salvio da un'altra e quella del gangster afroamericano Doc Johnson da un'altra ancora. Si concluderà sui tetti di Harlem con un bagno di sangue.
La parte del capitano Martelli, interpretata da Anthony Quinn, venne in precedenza offerta a John Wayne, a Burt Lancaster e a Kirk Douglas; tutti e tre rifiutarono.
Gli esterni vennero girati a New York, prevalentemente nei quartieri di Harlem e a Little Italy, mentre alcuni interni negli stabilimenti di Burbank in California.[2]
Il tema principale del film, cantato da Bobby Womack fu apprezzato dagli spettatori e nel 1973 raggiunse la 19ª posizione nel Billboard Top Black Singles chart. In seguito il brano fu ripreso citato da Quentin Tarantino in Jackie Brown e da Ridley Scott in American Gangster,[3]. Quentin Tarantino si è ispirato al film anche per alcune scene violente: D'Salvio tortura Jackson (Antonio Fargas) in una casa chiusa di Harlem, scena che poi venne presa come spunto per l'episodio L'orologio d'oro di Pulp Fiction.
Il film venne distribuito nelle sale statunitensi il 19 dicembre 1972.
In Italia uscì nel marzo 1973 col divieto di visione ai minori di 18 anni "in quanto il film stesso contiene scene di violenza esasperata al di là di ogni immaginazione assolutamente controindicate alla sensibilità dell'età evolutiva dei predetti minori"; in una nuova revisione del luglio 1986 la commissione esaminatrice riduce il divieto ai minori di 14 anni "in quanto le scene di violenza sono prive di compiacimento, sufficientemente contenuto e temperato da scene in cui sono messi in evidenza calori umani e affettivi"; in questa edizione vennero eliminati 3 metri di pellicola; infine, nel dicembre 1997 un'ultima revisione elimina qualunque divieto di visione "in considerazione dei tagli apportati alla trama e del lungo tempo trascorso sempre dalla prima edizione del film"; da quest'ultima revisione vennero eliminati altri 82 metri di pellicola.[4]
«[il film] tra le piaghe dell'azione, annoda e riannoda la problematica dei conflitti razziali, dando un colpo alla botte e uno al cerchio, perché i negri vivono effettivamente nella miseria, ma in fondo è anche gente di cui non ci si può fidare, e se è vero che esiste la mafia bianca (rappresentata da italiani) è anche vero che essa collabora con la mafia nera, e in fondo i sistemi «duri» della polizia (così come li pratica il capitano razzista) sono sempre i più efficaci per cavare qualcosa dai casi in cui siano coinvolti i negri. Insomma un'economia ideologica oscillante, ma di buona marca razzista.» |
(Salvatore Piscicelli[5]) |
«[...] il film è viziato da un certo schematismo che lo inaridisce, vietandogli un più lucido e approfondito disegno dei personaggi: comunque è portato avanti con spregiudicata scioltezza narrativa e interpretato con buon mestiere da Anthony Quinn, Yaphet Kotto e Tony Franciosa [...]» |
(Achille Valdata[6]) |
«Discreto, anche se ben poco originale poliziesco a tutta birra, che scava nei bassifondi di New York senza approfondire i caratteri dei personaggi, quasi tutti contraddistinti da una ferocia inaudita, né tantomeno i conflitti razziali, confinati sullo sfondo. Ma allo spettatore, ovviamente, preme di più la conta dei cadaveri di tutti i blabla sociologici.» |
(Massimo Bertarelli[7]) |
«[...] ha un'ottima 1ª parte, notevole per la realistica ambientazione nel quartiere di Harlem, ma poi, pur mantenendo un ritmo serrato, indugia troppo sulla rappresentazione compiaciuta della violenza.» |
(Il Morandini[8]) |
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