Urlatori alla sbarra è un film del 1960, della serie musicarelli, diretto da Lucio Fulci.
Urlatori alla sbarra | |
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Lingua originale | italiano, inglese |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 1960 |
Durata | 82 min |
Dati tecnici | B/N |
Genere | commedia, musicale, sentimentale |
Regia | Lucio Fulci |
Soggetto | Vittorio Vighi, Piero Vivarelli, Lucio Fulci, Giovanni Addessi |
Sceneggiatura | Vittorio Vighi, Piero Vivarelli, Lucio Fulci, Giovanni Addessi |
Produttore | Giovanni Addessi |
Casa di produzione | ERA Cinematografica |
Distribuzione in italiano | Lux Film |
Fotografia | Gianni Di Venanzo |
Musiche | Piero Umiliani |
Scenografia | Ottavio Scotti |
Costumi | Vera Marzot |
Interpreti e personaggi | |
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Insieme a I ragazzi del juke-box, inaugura il musicarello a sfondo giovanile. Simbolo di emancipazione giovanile, mostra come la musica diventa il fulcro intorno a cui si immedesima e si rappresenta la nuova generazione dei giovani degli anni sessanta. È una generazione che scende in piazza per sostenere le proprie ragioni utilizzando la musica contro il clericalismo della Democrazia Cristiana ma, essendo ancora nel 1960, tutto è ancora un'utopia, un'anticipazione dei temi sessantottini. Il film, venne vietato in sala ai minori dei 18 anni, secondo Piero Vivarelli proprio per la sua satira politica.[1]
«Ci volete proibire / Volete punirci / Perche portiamo i jeans / Senza mai considerar / Questa nostra età» |
(Adriano Celentano, Blue jeans rock[2]) |
Le canzoni degli urlatori entusiasmano molto i giovani, ma non incontrano i favori dei più azzimati e bacchettoni delle generazioni passate. Il film prende di mira l'occupazione democristiana e bigotta della TV. Alcuni giovani cantanti, tra cui Adriano, Mina, Joe e lo sbadato e maldestro trombettista-cantante Chet, detto l'Americano per le sue origini, vedendosi negati la possibilità di cantare in televisione, si organizzano per dei concerti/comizi nelle piazze italiane. Nonostante l'austero professor Giommarelli, direttore generale della Rai, sia da subito contrario al fenomeno teddy-boys, dalla parte dei giovani c'è sua figlia Giulia, che si innamorerà di Joe, e il nonno senatore. Infine, dopo varie peripezie, tra comunisti e americani, amori e buone azioni, gli urlatori potranno coronare il loro sogno di cantare in una trasmissione televisiva.
I giovani furono i veri protagonisti del boom economico. I fenomeni di teppismo che venivano associati a jeans, jukebox e rock and roll, vedevano coinvolti i cosiddetti teddy-boys. Nell'incipit del film sfilano diverse pagine di giornali che denunciano questo fenomeno e lanciano l'allarme. I teddy-boys nel film vengono presentati come giovani che vivono tutti insieme senza adulti o regole, indossano giubbini di pelle, scarpe di gomma, giacche dei college americani e gli immancabili jeans.
Le origini di questo fenomeno sono radicate nel dopoguerra. Il movimento nacque, infatti, negli anni 40 in Inghilterra. Privi di valori e obiettivi, spaesati e incerti, questi ragazzi cominciarono ad esprimere con la violenza la loro difficoltà nell'inserirsi nella società che si andava delineando e nel mondo del lavoro. Con l'arrivo degli anni 50, iniziarono a differenziarsi dagli adulti con nuovi valori, costumi e stili di vita.
Questi giovani ribelli vogliono essere l'antitesi dei loro padri, vogliono istituire o riaffermare una propria identità. Il fenomeno mostra come i teenager vogliono reagire allo scontento della società, ereditato dalla Seconda guerra mondiale, e acquisire più importanza.
Questo è il film d'esordio di Lino Banfi, che così inaugura la sua carriera cinematografica.[3]
È anche il primo film di Marilù Tolo.
Chet Baker recita pochissime battute ma in presa diretta in italiano.
Nonostante Mina interpreti se stessa è doppiata da Luisella Visconti.
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