Zeder è un film horror del 1983, diretto dal regista Pupi Avati e da lui sceneggiato con il fratello Antonio e Maurizio Costanzo. Ne sono protagonisti Gabriele Lavia e Anne Canovas.
Zeder | |
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Paese di produzione | Italia |
Anno | 1983 |
Durata | 95 min |
Genere | orrore, fantascienza |
Regia | Pupi Avati |
Soggetto | Pupi Avati |
Sceneggiatura | Pupi Avati, Maurizio Costanzo, Antonio Avati |
Produttore | Antonio Avati, Gianni Minervini, Enea Ferrario |
Distribuzione in italiano | Gaumont |
Fotografia | Franco Delli Colli |
Montaggio | Amedeo Salfa |
Musiche | Riz Ortolani |
Scenografia | Giancarlo Basili, Leonardo Scarpa |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori originali | |
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Francia, Chartres, 1956. Un'anziana signora si avvicina ad una lussuosa villa, di sera, chiamando a gran voce la sua occupante, la signora Hubert. Ad un tratto accadono inspiegabili fenomeni nel cortile della villa, tra cui vasi che iniziano a muoversi come spinti da forze invisibili e calcinacci che cadono. Alle spalle dell'anziana donna compare una misteriosa figura. La donna, trovata uccisa con una ferita alla gola, viene sottoposta ad autopsia da due medici, risultando la terza vittima uccisa in quel modo da due anni a quella parte.
Il dottor Meyer porta con sé dentro alla villa una ragazza, Gabriella, con apparenti poteri psichici. Tornano però gli strani fenomeni paranormali, e Meyer decide di portare la ragazza nello scantinato, dove questa cade in trance. Meyer capisce che ciò che stava cercando è proprio lì, e abbandona la ragazza nella cantina: attaccata da qualcosa di misterioso e gravemente ferita, Gabriella viene portata d'urgenza all'ospedale e dichiarata fuori pericolo, necessitando però dell'amputazione della gamba. Successivamente Meyer dichiara di aver "trovato Paolo Zeder", e fa scavare nello scantinato dove trova una bara con delle ossa: tra le dita scheletriche della mano viene rinvenuta la scarpetta appartenuta a Gabriella.
Bologna, 1982. Stefano, giovane scrittore di romanzi, riceve in regalo dalla moglie Alessandra nel giorno del loro anniversario una macchina per scrivere usata. Nel provarla scopre che al suo interno contiene ancora un vecchio nastro, e dalla bobina ne legge e trascrive i contenuti, venendo a conoscenza di una serie di ricerche riguardanti dei misteriosi "terreni K". Incuriosito, inizia così a indagare con l'aiuto del professore di storia delle religioni Chesi: secondo la teoria, elaborata agli inizi del XX secolo da un certo Paolo Zeder, alcuni terreni sparsi per il mondo aventi particolari caratteristiche chimiche comuni costituirebbero una porta tra il mondo reale e l'aldilà, consentendo ai morti in essi seppelliti di tornare in vita. Aiutato da un amico poliziotto, Guido Silvestri, Stefano viene a conoscenza del fatto che la macchina per scrivere era appartenuta a un certo Luigi Costa, un prete cattolico. Stefano va nella canonica, dove chiede al parroco, don Mario, di poter parlare con don Luigi Costa: viene informato che don Luigi aveva abbandonato i voti tempo addietro in seguito alla diagnosi di un cancro, notizia che l'avrebbe sottoposto ad uno stress tale da fargli perdere la testa e conducendolo a strane ricerche sul sovrannaturale.
La ricerca porta Stefano a spostarsi in vari luoghi dell'Emilia Romagna sulle tracce di Luigi Costa, a cominciare dalla casa della sorella non vedente a Rimini: la donna gli rivela la morte del fratello per poi allontanarlo bruscamente. Nella camera dello spretato, Stefano scopre che Guido Silvestri era già stato lì per un sopralluogo, avendovi trovato una spilla che Alessandra aveva regalato a Guido. Spiando la sorella di Costa, la vede salire in auto con l'uomo che si era spacciato per don Luigi nella canonica: Alessandra li segue all'interno del cimitero di Rimini, dove la donna cieca viene portata davanti a una tomba a piangere il defunto fratello: Alessandra nota però che il nome sulla lapide non è quello di don Luigi. Lei e Stefano vanno dunque a fare visita al dottor Melis, che fornisce loro informazioni sul reale luogo di sepoltura di Costa.
Stefano, sceso a ispezionare la cripta dove era realmente stato sepolto l'ex prete, scopre che è vuota. Giunto al Lido di Spina, dove sorgono un'ex colonia estiva - la stessa dove Luigi Costa aveva prestato servizio come sacerdote - e una necropoli etrusca, scopre che in realtà molte altre persone sono interessate al terreno K che probabilmente si trova sotto la colonia. Il terreno è stato acquistato da un'équipe di scienziati francesi, guidata dal professor Meyer e di cui fanno parte lo stesso Chesi, il dottor Melis, l'uomo che Stefano aveva incontrato in canonica e Gabriella. L'entourage sta conducendo una serie di esperimenti all'interno della colonia, non facendosi scrupoli a depistare o eliminare chiunque sia d'intralcio alle ricerche. Tra le persone uccise vi sono (forse) il tenente Guido Silvestri e un'allieva del professor Chesi che aveva cercato di mettersi in contatto con Stefano.
Spinto dalla curiosità e dalla ricerca della verità, Stefano si introduce all'interno della pericolante ex colonia estiva per scoprire il terribile segreto dei terreni K. Vi trova una sala con schermi che improvvisamente si accendono, mostrando un corpo in una bara: quello di don Luigi Costa. Stefano affida la videocassetta con la sconvolgente scoperta ad Alessandra, che sul treno per Bologna viene inseguita dall'uomo della canonica, trovando poi rifugio nell'amico di famiglia, il dottor Melis. Stefano torna alla colonia e ritrova sugli schermi l'immagine del cadavere di Costa, che improvvisamente apre gli occhi e comincia a ridere. Si imbatte anche nel cadavere decapitato dell'uomo della canonica e in Gabriella che, mortalmente ferita, lo prega di disseppellire il corpo di don Luigi. Viene poi attaccato dal redivivo Luigi Costa a cui riesce a sfuggire. Tornato nel motel dove alloggiava, Stefano trova Alessandra morta nella propria stanza. Distrutto dal dolore, decide di seppellirla nel terreno K della colonia. Poco tempo dopo la vede riapparire, e corre ad abbracciarla ma, dopo poco, inizia a urlare.
Il film è stato presentato in anteprima nel luglio 1983 al Mystfest di Cattolica riscuotendo grande successo di pubblica e di critica e a Torino il 10 agosto 1983 durante una rassegna estiva della produzione Gaumont avvenuta nel cortile di Palazzo Reale.[1][2][3]
Alcune date di uscita internazionali nel corso degli anni sono state:
In Italia la pellicola è stata vietata ai minori di 14 anni.[7]
Il film ha incassato un totale di 334 milioni di lire italiane.[8]
Anche se le sequenze di apertura sono ambientate a Chartres, le riprese in realtà furono effettuate a Villa Flora a Bologna.[9]
Luca Servini, Pupi Avati. Il cinema dalle finestre che ridono, Piombino, Il Foglio Letterario, 2017, ISBN 978-8876066603.
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