La chiave a stella è un romanzo di Primo Levi pubblicato nel 1978, che rinnova il filone della letteratura industriale in voga negli anni Sessanta.[1] Con quest'opera Primo Levi si aggiudica il Premio Strega del 1979.[2]
La chiave a stella | |
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Autore | Primo Levi |
1ª ed. originale | 1978 |
Genere | romanzo |
Sottogenere | letteratura industriale |
Lingua originale | italiano |
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Il romanzo è composto da quattordici capitoli narrati in prima persona, ciascuno dei quali consiste di un episodio autonomo. In essi il narratore (che si può identificare con l'autore) riferisce i racconti di Libertino Faussone, detto Tino, operaio specializzato nel montaggio di ponti, tralicci e gru. Faussone racconta casi ed eventi tratti principalmente dalle sue esperienze di lavoro; i colloqui tra il narratore e Faussone avvengono in una città non nominata dell'Unione Sovietica, sul basso Volga, dove entrambi si trovano per lavoro e si sono incontrati.
Faussone viene inviato in tutte le parti del mondo, dall'Alaska all'India, dall'Africa alla Russia, dove fa esperienze e vive avventure che a volte mettono a repentaglio la sua vita per la durezza del lavoro, sempre con i suoi attrezzi da montatore e la fiducia nelle proprie capacità. Alla tranquillità di una vita sedentaria, sicura ma monotona, preferisce la varietà del viaggio:
«Se uno sta a casa sua magari è tranquillo, ma è come succhiare un chiodo. Il mondo è bello perché è vario.» |
Alla fine, è il narratore/Levi a raccontare una sua avventura, in cui un cliente russo solleva una disputa su una partita di vernici apparentemente difettosa, e su come egli riesce a dimostrare la bontà del prodotto.
Fin dagli anni sessanta Levi pensava di scrivere sul mondo del lavoro. Il "seme" di La chiave a stella si trova nel racconto Meditato con malizia pubblicato su La Stampa nel 1977, che diventerà il primo capitolo del libro. Nel romanzo si riflettono le esperienze e gli incontri dell'autore, che pochi anni prima aveva compiuto diversi viaggi di lavoro a Togliattigrad.[3] La citazione finale del libro, da Tifone di Joseph Conrad, suggerisce che Faussone sia il condensato degli incontri e delle esperienze di una vita.
Faussone è una sorta di personaggio epico che lotta contro le forze della natura con il solo bagaglio delle sue esperienze e delle sue abilità. Per questo La chiave a stella è un romanzo ottimista: Levi in questo suo primo romanzo di invenzione dimostra una straordinaria fiducia nell'uomo.
Il lavoro in questo romanzo è un attributo positivo per l'uomo: l'uomo che fa, che agisce, realizza se stesso ed è con il lavoro che si nobilita anche nella sua parte spirituale. Faussone, uomo del fare, dimostra, raccontando al narratore, una profonda conoscenza degli uomini e una grande intelligenza riflessiva.
In queste pagine Primo Levi celebra il lavoro "vero", quello non di scrittore, con una frase significativa:
«Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l'amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono.» |
La lingua di Faussone è colloquiale e quotidiana, caratterizzata dalla presenza di termini tecnici ed espressioni piemontesi e gergali, ed anche questo contribuisce a renderlo un personaggio vibrante e vivo.[4]
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