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Bacchilide (in greco antico: Βακχυλίδης, Bakchylídēs; Iuli, 520[1] o 518 a.C.[2] – 451 o 450 a.C.[3]) è stato un poeta greco antico, del genere lirico, coetaneo di Pindaro, suo rivale in poesia.

«Una sola meta han gli uomini — una via di benessere,
che si possa con placida — mente il cammin
della via percorrere.»

(Bacchilide, fr. XII, da: Frammenti della melica greca da Terpandro a Bacchilide, riveduti, tradotti e annotati da L.A. Michelangeli, vol. 6, Bologna, N. Zanichelli, 1897, p. 57)
Un musicista di Albert Joseph Moore (1841-1893)
Un musicista di Albert Joseph Moore (1841-1893)

Biografia


Le prime menzioni di Bacchilide possono essere ritrovate in Callimaco (III secolo a.C.), che produsse alcuni scritti sulle opere di Bacchilide.[4] Come Simonide e Pindaro, comunque, Bacchilide scrisse poesie per la classe elitaria[4], anche se la sua fama crebbe, probabilmente, soltanto sul finire della sua vita.[5]

La biografia di Bacchilide si può ricostruire solamente dagli scritti sulla sua vita compilati dopo la sua morte, e per questo spesso imprecisi e talvolta contraddittori. Secondo Strabone Bacchilide nacque a Iuli, figlio della sorella di Simonide.[6] Secondo la Suda il nome di suo padre era Meidone[7] e suo nonno, anche lui chiamato Bacchilide, era un famoso atleta.[8] Alcuni scrittori antichi, come Eustazio e Tommaso Magistro, sostengono che Bacchilide fosse più giovane di Pindaro e per questo alcuni storici hanno posto l'anno di nascita di Bacchilide alla fine del VI secolo a.C.[9], anche se probabilmente si avvicina di più al 518 a.C.[10]

Secondo Plutarco, Bacchilide fu bandito dalla propria isola natale, Kea, e perciò abitò per un periodo nel Peloponneso, dove egli produsse i suoi carmi più conosciuti.[11]


Opere


Bacchylides, Encomia, fr. 5 (papiro di Ossirinco 1361 fr. 4).
Bacchylides, Encomia, fr. 5 (papiro di Ossirinco 1361 fr. 4).

Bacchilide aveva composto epinici, ditirambi, inni e parteni, che furono successivamente raccolti e divisi in nove libri dai filologi alessandrini. Di tutta la sua vasta produzione poetica rimanevano, tuttavia, solo pochi frammenti sparsi, finché nel 1896 furono ritrovati due papiri egiziani, che ci hanno restituito 14 epinici e 6 ditirambi (alcuni frammentari).

La struttura dei suoi epinici è simile a quella di Pindaro: il mito occupa la parte centrale; l'occasione per la composizione del canto è data da una vittoria di un atleta alle Olimpiadi. La vittoria dell'atleta è inserita in un mito, che ha tre funzioni: dare solennità all'evento, rendere eterno quel momento ed emettere una sentenza morale. L'evento particolare oltrepassa così i limiti temporali e si innalza a modello esemplare per tutti. La parte iniziale e finale degli epinici è invece rappresentata dalle lodi dell'atleta vincente, e anche della sua famiglia, della sua città e dei suoi dèi protettori.

Da ricordare sono l'epinicio a Gerone, vincitore a Olimpia nel 470 a.C., e i due ditirambi dedicati alla saga di Teseo. L'epinicio a Gerone, inviato al potente protettore tramite Ceo, si apre con la celebrazione della vittoria olimpica di Gerone e del suo cavallo Ferenico, quest'ultimo definito impetuoso come il vento del nord, e prosegue con l'auspicio di ottenere dal cielo ricchezza e gloria contemporaneamente; l'aggancio con il mito viene effettuato descrivendo la sfortunata sorte di Meleagro, su cui si accanirono Artemide e Altea, e la pietà di Eracle, che ottenne in sposa Deianira, sorella del morto; l'ultima parte del carme è dedicata all'invocazione della Musa, affinché celebri le gesta del vincitore e dei suoi luoghi.

Il mito di Teseo
Il mito di Teseo

Anche i ditirambi contengono elementi storici letterari di una notevole importanza, come nel caso de I giovani, in cui Teseo trasporta a Creta quattordici maschi e femmine vergini da sacrificare al Minotauro e dimostra, grazie da una prova pericolosa, la sua origine familiare risalente a Poseidone.[12] Invece Teseo è un dialogo fra il coro di ateniesi ed il re di Atene Egeo, che assume una notevole importanza, in quanto viene considerato da alcuni critici, tra i quali Aristotele, un intermedio fra il dramma e la lirica corale, da cui sbocciò la tragedia, mentre altri ritengono che Bacchilide sia stato ispirato dalla tragedia, che quindi, in questo caso, era già formata e diffusa a quei tempi.[13]
I ritmi usati nei ditirambi sono giambico-trocaici e dattilici, mentre lo stile e il dialetto sono influenzati dal modello omerico.


Il mondo poetico e concettuale di Bacchilide


Il Canone alessandrino lo include nei nove poeti lirici per eccellenza insieme allo zio Simonide. L'eleganza e lo stile raffinato che caratterizzano i suoi carmi, in particolare epinici e ditirambi, ricevono lodi anche dall'autore del Sublime, che però lo pone in secondo piano rispetto a Pindaro.[2][14].

La rivalità con Pindaro traspare anche in alcune opere, e comunque la critica moderna, quasi all'unanimità, attribuisce a Pindaro una maggiore originalità e ispirazione oltre ad una maggiore altezza lirica, mentre Bacchilide era apprezzato soprattutto dagli antichi per la grazia dei suoi versi e per una maggiore fluidità e trasparenza.[13]

Gli studiosi moderni ne apprezzano soprattutto l'attenta proporzione tra la misura di ogni verso e l'utilizzo dei termini propri dell'epos classico in versi chiari, ma pieni di grazia.[2][15] La sua carriera coincise temporalmente con la diffusione dello stile drammatico, incarnato da Sofocle e Eschilo, e la perdita della poesia lirica, che vedeva in Bacchilide uno degli ultimi maggiori esponenti.[16]


Edizioni e traduzioni



Note


  1. Bacchilide, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. Bacchilide e la lirica corale (PDF), su online.scuola.zanichelli.it. URL consultato il 30 dicembre 2015.
  3. L'anno di morte si desume dalla Cronaca universale di Eusebio di Cesarea che proprio dal 451 a.C. non fa più menzione del poeta.[2]
  4. Maehler, p. 25.
  5. Jebb, p. 3.
  6. Strabone, Geografia, X, 5.
  7. Non così per l'Etymologicum Magnum (582, 20), secondo cui il nome del padre era Meidilo. Cfr. Campbell, p. 413.
  8. Jebb, p. 1.
  9. Jebb, pp. 2-4.
  10. Gerber, Douglas E. (1997) A Companion to the Greek lyric poets, Brill ISBN 90-04-09944-1, p. 278
  11. Plutarco, de exil., 605c.
  12. testo in greco
  13. Le Muse, Novara, De Agostini, 1964, vol. I, pp. 502-503.
  14. (LA) Pseudo-Longino, De Sublimitate, XXXIII, 5.
  15. Burnett, p. 3.
  16. Jebb, p. 27.

Bibliografia



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Collegamenti esterni


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[en] Bacchylides

Bacchylides (/bəˈkɪlɪˌdiːz/; Greek: Βακχυλίδης; c. 518 – c. 451 BC) was a Greek lyric poet. Later Greeks included him in the canonical list of Nine Lyric Poets, which included his uncle Simonides. The elegance and polished style of his lyrics have been noted in Bacchylidean scholarship since at least Longinus.[1][2] Some scholars have characterized these qualities as superficial charm.[3] He has often been compared unfavourably with his contemporary, Pindar, as "a kind of Boccherini to Pindar's Haydn".[4] However, the differences in their styles do not allow for easy comparison, and translator Robert Fagles has written that "to blame Bacchylides for not being Pindar is as childish a judgement as to condemn ... Marvell for missing the grandeur of Milton".[5] His career coincided with the ascendency of dramatic styles of poetry, as embodied in the works of Aeschylus or Sophocles, and he is in fact considered one of the last poets of major significance within the more ancient tradition of purely lyric poetry.[6] The most notable features of his lyrics are their clarity in expression and simplicity of thought,[7] making them an ideal introduction to the study of Greek lyric poetry in general and to Pindar's verse in particular.[8]

[es] Baquílides

Baquílides de Ceos, en griego Βακχυλίδης (Iulis, isla de Ceos ¿565 - 430? a. C.?), fue un poeta lírico griego de los siglos VI-V a. C.

[fr] Bacchylide

Bacchylide, en grec ancien Βακχυλίδης / Bakkhylídês (début du Ve siècle av. J.-C.), est un poète lyrique grec.
- [it] Bacchilide

[ru] Вакхилид

Вакхили́д (Бакхили́д, др.-греч. Βακχυλίδης, ок. 516 — ок. 450 до н. э.) — греческий поэт, представитель торжественной хоровой лирики. Был включен в канонический список Девяти лириков учеными эллинистической Александрии.



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