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Boemondo I d'Altavilla, o Boemondo I d'Antiochia o Boemondo di Taranto (San Marco Argentano, tra il 1051 e il 1058 – Bari, 7 marzo 1111), Principe di Taranto[1], fu uno dei comandanti della prima crociata[2], nel corso della quale si insignorì del Principato di Antiochia. Sposò nel 1106 Costanza, figlia del re di Francia Filippo I.

Boemondo I d'Antiochia
Bohemond I, Prince d'Antioche Merry-Joseph Blondel, 1843, Palazzo di Versailles
Principe d'Antiochia
Stemma
Stemma
In carica 1098 
1111
Investitura dicembre 1099
Predecessore titolo creato
Successore Boemondo II
Principe di Taranto[1]
In carica 1088 
1111
Predecessore titolo creato
Successore Boemondo II
Nome completo Marco d'Altavilla, detto Boemondo
Nascita San Marco, tra il 1051 e il 1058
Morte Bari, 7 marzo 1111
Sepoltura Basilica di San Sabino
Luogo di sepoltura Canosa
Casa reale Altavilla
Padre Roberto il Guiscardo
Madre Alberada di Buonalbergo
Consorte Costanza di Francia
Figli Giovanni
Boemondo
Religione Cattolicesimo
Ducato di Puglia e Calabria
Altavilla

Roberto il Guiscardo
Figli
  • Olimpia
  • Boemondo
  • Ruggero
  • Guido
  • Mabilia
  • Roberto
  • Matilde
Ruggero
Figli
  • Luigi
  • Guglielmo
  • Guiscardo
Guglielmo II di Puglia

Biografia



Origine e nome


Boemondo fu il figlio primogenito di Roberto il Guiscardo, duca di Puglia e di Calabria, nato dal matrimonio di quest'ultimo con Alberada di Buonalbergo, che fu più tardi ripudiata. Fu battezzato con il nome di Marco in onore del santo patrono di San Marco Argentano, ma venne scherzosamente "ribattezzato" dal padre Boemondo, come il mitico gigantesco mostro biblico Behemoth, a causa della sua notevole statura sin da bambino[3], e così divenne e restò noto.

Fino al 1098 firmava i documenti semplicemente come Roberti ducis filius. Suo figlio e successore si riferiva a lui semplicemente come magnus Boamundus. Inoltre, a causa della sua controversia con il fratello per il ducato di Puglia, fu chiamato dux Apuliae da alcuni cronisti. Tuttavia, il titolo utilizzato più frequentemente dagli altri capi crociati, durante la sua vita e in seguito, fu Principe d'Antiochia (Antiocenus princeps)[4]. Inoltre, Boemondo viene citato da Torquato Tasso nel VII canto della Gerusalemme liberata con l'appellativo di Conte di Cosenza.


Scontri con i Bizantini


Servì sotto suo padre nel grande attacco ai Balcani contro l'Impero bizantino (1080-1085) e comandò l'esercito normanno durante l'assenza del Guiscardo (1082-1084), penetrando in Tessaglia così come a Larissa, venendo però respinto da Alessio I Comneno. Quest'antica reciproca ostilità ebbe grande influenza nel determinare il corso della politica del regno dell'Imperatore nel periodo che va dall'epoca di Boemondo (che suo padre aveva destinato al trono di Costantinopoli) a quella di Ruggero II.

Stemma di Boemondo d'Antiochia attribuito a posteriori.
Stemma di Boemondo d'Antiochia attribuito a posteriori.

Quando Roberto il Guiscardo morì nel 1085, mentre il suo fratellastro minore Ruggero Borsa ereditava la Puglia e altri territori italiani, Boemondo avrebbe dovuto ereditare i possedimenti balcanici di suo padre, che tuttavia furono persi subito per mano dei Greci. I fratellastri pervennero così a un aperto contrasto che fu infine risolto grazie alla mediazione del papa Urbano II, il quale ottenne per Boemondo il riconoscimento di alcuni possedimenti intorno a Taranto. Boemondo quindi riceveva da parte della matrigna Sichelgaita un piccolo principato (un possedimento allodiale) come compenso per la rinuncia ai suoi diritti sul ducato di Puglia. Ma egli mirava a conseguire un prestigio assai maggiore per sé: il cronista Romualdo Guarna disse di Boemondo che «egli sempre cercava l'impossibile».

Nel 1096 Boemondo, insieme a suo zio Ruggero I il Gran Conte di Sicilia, stava assediando Amalfi che s'era rivoltata contro il duca Ruggero, allorché bande di Crociati cominciarono ad attraversare l'Italia per dirigersi in Terra Santa. Lo zelo crociato conquistò Boemondo: è possibile che egli abbia visto nella Prima Crociata l'opportunità di realizzare la politica paterna di una espansione verso oriente e avesse sperato, in una prima fase, di ritagliare per se stesso un principato orientale. Goffredo Malaterra con schiettezza afferma che Boemondo prese la Croce con l'intenzione di razziare e conquistare terre greche.

Boemondo nella descrizione di Anna Comnena
Boemondo in battaglia.
Boemondo in battaglia.

La figlia dell'Imperatore, Anna Comnena, ha lasciato un bel ritratto di Boemondo nella sua Alessiade; lo incontrò per la prima volta nel 1097, quando lei aveva 14 anni e ne restò affascinata. Anna non ha lasciato alcun ritratto similare di qualsivoglia altro principe crociato. Di Boemondo scrisse:

«Ora [Boemondo] era uno, per dirla in breve, di cui non s'era visto prima l'uguale nella terra dei Romani, fosse barbaro o Greco (perché egli, agli occhi dello spettatore, era una meraviglia, e la sua reputazione era terrorizzante). [...] Egli era tanto alto di statura che sopravanzava di quasi un cubito gli altissimi dell'umana schiatta, sottile di vita e di fianchi, con spalle ampie, torace possente e braccia poderose. Nel complesso il fisico non era né magro, né pingue per ridondanza di carne, ma tenendo giusto mezzo tra lo scarno della persona e il pieno, quasi modello ed opera d'un Policleto, trattone il tipo dalla più sublime arte. [...] Bianca oltre modo erane la carnagione in tutto il corpo. Infra il candor della neve rosseggiavagli il volto, e biondeggianti capelli sol diliungavansi a coprirgli le orecchie, né, seguendo il patrio costume, ingombravan la schiena. Che la sua barba fosse rossiccia, o d'un altro colore che non saprei indicarlo, poiché il rasoio vi era passato con grande accuratezza, sì da lasciare il volto più levigato del marmo [...] I suoi occhi azzurri indicavano spirito elevato e dignità; le sue narici erano larghe. Il suo torace corrispondeva alle sue narici e queste narici... all'ampiezza del suo torace. Poiché attraverso le sue narici la natura aveva dato libero passaggio all'elevato spirito che gli traboccava dal cuore. Un indiscutibile fascino emanava da quest'uomo, ma esso era parzialmente contrassegnato da un'aria di terribilità... Era così fatto di intelligenza e corporeità che coraggio e passione innalzavano le loro creste nel suo intimo ed entrambi lo rendevano incline alla guerra. Il suo ingegno era multiforme, scaltro e capace di trovare una via di fuga in ogni emergenza. Nella conversazione era ben informato e le risposte che dava erano fortemente inconfutabili. Quest'uomo del tutto simile all'imperatore per valore e carattere, era inferiore a lui solo per fortuna, eloquenza e per qualche altro dono di natura.»

Un indiscutibile fascino emanava da quest'uomo ma esso era parzialmente contrassegnato da un'aria di terribilità..., ricorda Anna; ma qualche studioso più attento e avveduto ha rilevato che i termini greci tradizionalmente tradotti con un'aria di terribilità, corrisponderebbero a un olezzo terribile; d'altronde è del tutto naturale che la scarsa abitudine all'igiene del barbaro abbia colpito il sensibile olfatto di una principessa bizantina attenta nondimeno ai muscoli del suo torace.


La partecipazione alla Prima Crociata e conquista di Antiochia


L'assedio di Antiochia.
L'assedio di Antiochia.

Al Terzo concilio di Melfi, dal 10 al 17 settembre 1089, il papa Urbano II propose la prima crociata. Il Pontefice, insieme ai fratellastri normanni Ruggero Borsa e Boemondo I, gettò le basi per costituire una lega allo scopo di liberare dai musulmani la Terra santa. Iniziò, così, la predicazione per la crociata, che fu formalmente indetta, in seguito, a Clermont.

Boemondo radunò un contingente normanno, forse la miglior compagine dello stuolo crociato, nonostante i numeri modoesti (il suo contingente assommava all'incirca a 500 uomini[5] su un totale di circa 35.000 crociati[6]). Alla testa del suo esercito egli traversò, partendo da Trani, il Mare Adriatico e, dopo essere sbarcato a Durazzo, si diresse per la Via Egnatia alla volta di Costantinopoli percorrendo, sotto la prudente scorta di Peceneghi inviatagli incontro dall'Imperatore di Costantinopoli, la via che egli aveva tentato di seguire nel 1084. Fece grande attenzione a osservare un atteggiamento "corretto" nei confronti di Alessio e quando arrivò a Costantinopoli nell'aprile del 1097 rese omaggio feudale all'Imperatore.

Boemondo e il Patriarca Daimberto in navigazione verso la Puglia. Miniatura da un'edizione dell'Histoire d'Outremer del XIII secolo.
Boemondo e il Patriarca Daimberto in navigazione verso la Puglia. Miniatura da un'edizione dell'Histoire d'Outremer del XIII secolo.

Mentre Baldovino di Boulogne e Tancredi d'Altavilla si dirigevano verso est dall'Asia Minore per stabilirsi nella Contea di Edessa, l'esercito principale della Prima Crociata continuò verso sud per assediare Antiochia. Boemondo fu il primo a prendere posizione davanti ad Antiochia (ottobre 1097) e prese parte in modo massiccio all'assedio della città, sconfiggendo i tentativi dei musulmani di portare soccorso da est e mantenendo i collegamenti a ovest degli assedianti con il porto di San Simeone e con le navi genovesi che erano alla fonda. Con oltre quattrocento torri, la città era quasi impenetrabile. L'assedio si protrasse per tutto l'inverno, con grandi difficoltà tra i crociati, che furono spesso costretti a mangiare i propri cavalli, o, secondo la leggenda, i corpi dei loro compagni cristiani che non sopravvivevano.

Comunque, Boemondo convinse il capo della Guardia di Yāghi-Siyān, un cristiano convertito di nome Firuz, a permettere ai Crociati di entrare in città scalando una torre che egli aveva l'incarico di presidiare. Ciò accadde il 3 giugno 1098, e dopo l'irruzione dei Crociati in città, seguì un grande massacro di musulmani. Solo quattro giorni dopo, un esercito musulmano proveniente da Mosul guidato dall'atabeg Kerbogha arrivò ad assediare gli stessi Crociati. Alessio I Comneno, l'Imperatore bizantino, stava venendo in soccorso dei cristiani, ma tornò indietro quando gli giunse la falsa notizia, propalata dal disertore Stefano di Blois, che la città era già stata riconquistata dai musulmani.

Carta politica del vicino Oriente nel 1102, subito dopo la Prima Crociata.
Carta politica del vicino Oriente nel 1102, subito dopo la Prima Crociata.

Tuttavia i Crociati stavano ancora fronteggiando l'assedio, con l'aiuto morale di un mistico chiamato Pietro Bartolomeo. Pietro annunciò di avere avuto una visione di Sant'Andrea Apostolo, che gli avrebbe detto che la lancia di Longino, che aveva trafitto il costato di Cristo sulla croce, si trovava ad Antiochia. Si scavò sotto la cattedrale di San Pietro, e la lancia fu trovata da Pietro stesso. Il forte sospetto di molti era che molto probabilmente questa era stata messa lì da lui stesso (questa era l'opinione anche di Ademaro di Le Puy, Legato papale), ciò risollevò il morale dei crociati. Con la reliquia appena scoperta alla testa dell'esercito, Boemondo marciò incontro a Kerbogha, che fu sconfitto — miracolosamente perché, secondo alcuni Crociati, uno stuolo di cavalieri biancovestiti, guidato da santi era apparso improvvisamente sul campo di battaglia in loro aiuto.

Il controllo della città fu oggetto di una lunga disputa. Vi erano nell'esercito dei Franchi nove conti preposti al loro comando, Boemondo li raccolse a consiglio e domandò a chi dovesse andare Antiochia una volta conquistata, e, dato che ognuno la richiedeva per sé, si accordarono a guidare l'assedio una settimana per ciascuno, concordando che essa sarebbe andata a chi, nella sua settimana, fosse riuscito ad espugnarla[7]. A seguito del corrompimento della guardia Firouz ci riuscì Boemondo e fu così nominato Principe dagli altri capi crociati[4].

Boemondo fece valere le sue pretese contro Raimondo IV, che sosteneva i diritti di Alessio I, e ottenne il pieno possesso di Antiochia nel gennaio 1099. Si trattenne quindi nelle vicinanze della città conquistata per rendere sicure le proprie posizioni, mentre gli altri Crociati si spostavano a sud per la conquista di Gerusalemme.


Il declino e la morte


Si recò a Gerusalemme nel Natale del 1099, quando Dagoberto da Pisa fu eletto patriarca, forse al fine di impedire la crescita di un forte potere lotaringio nella città. Tutto faceva sembrare che Boemondo fosse destinato a gettare le fondamenta di un grande principato ad Antiochia che avrebbe potuto contenere Gerusalemme. Aveva un buon territorio, una buona posizione strategica e un esercito forte. Doveva però fronteggiare due grandi forze: l'Impero bizantino, che reclamava tutti i suoi territori appoggiato nella sua pretesa da Raimondo di Tolosa, e le forti municipalità musulmane del nord-est della Siria. Contro queste forze egli fallì.

Nel 1100, nella battaglia di Melitene fu catturato dai Danishmendidi di Sivas e languì in prigione fino al 1103. Il cugino Tancredi prese il suo posto ma nel frattempo Raimondo s'installava con l'aiuto di Alessio a Tripoli e riusciva così a contenere l'espansione verso sud di Antiochia.

Tancredi era figlio di Oddone Bonmarchis, detto Marchisius "il Buon Marchese", della famiglia dei signori del Monferrato, e di Emma di Altavilla sorella di Roberto il Guiscardo. - Emma era anche il nome di una sorella di Boemondo I d'Altavilla, la cui omonimia ha spesso creato confusione in alcuni autori, i quali, confondendo il grado di parentela tra i due rampolli della casa normanna, hanno erroneamente indicato Tancredi quale nipote di Boemondo principe di Antiochia, anziché suo cugino - Da: Tancredus di Rodolfo di Caen.

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Harran.
Liberazione di Boemondo, miniatura da un manoscritto del XII secolo.
Liberazione di Boemondo, miniatura da un manoscritto del XII secolo.
Matrimonio con Costanza, miniatura da un manoscritto del XII secolo.
Matrimonio con Costanza, miniatura da un manoscritto del XII secolo.
Il Mausoleo dove giace Boemondo, a Canosa di Puglia[8]
Il Mausoleo dove giace Boemondo, a Canosa di Puglia[8]

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Riscattato nel 1103 dalla generosità del principe armeno Kogh Vasil, Boemondo ebbe come suo primo obiettivo quello di attaccare le vicine potenze musulmane per garantirsi i rifornimenti. Nell'attaccare tuttavia Harran nel 1104 egli fu severamente sconfitto sul fiume Balikh, presso al-Raqqa, sull'Eufrate. La disfatta fu decisiva, rendendo irrealizzabile quel grande principato orientale che Boemondo aveva progettato. Seguì un attacco greco in Cilicia e, disperando delle sue proprie risorse, Boemondo tornò in Europa per cercare rinforzi al fine di difendere la sua posizione. Giunto a Roma, Boemondo riuscì a convincere il papa Pasquale II della perfidia Graecorum e così il legato pontificio Bruno di Segni (che accompagnò Boemondo in Francia) ricevette l'incarico di predicare la guerra santa contro Bisanzio. A Saint-Léonard-de-Noblat davanti all'urna di san Leonardo Boemondo depose delle catene d'argento in ricordo di quelle che per tre anni gli avevano torturato il corpo nella prigione di Gümüştekin[9]. Poi si trovò a Chartres con il re di Francia Filippo I. La sua personalità affascinante gli fece guadagnare la mano di Costanza, la figlia del sovrano francese Filippo I, che sposò a Chartres nel 1106. Di questo matrimonio Sugerio di Saint-Denis scrisse:

«Boemondo venne in Francia per ottenere con ogni mezzo a sua disposizione la mano di Costanza, sorella di monsignore Luigi, una giovane dama di eccellente educazione, d'aspetto elegante e di splendido viso. Tanto grande era la reputazione del valore del regno di Francia e di monsignore Luigi che anche i Saraceni erano terrorizzati dalla prospettiva d'un tale matrimonio. Ella non fu fidanzata fin quando non venne rotto l'accordo matrimoniale che la legava a Ugo, conte di Troyes, volendosi evitare un altro inadatto partito. Il principe di Antiochia era navigato e ricco di doni e promesse; egli meritò il matrimonio che fu celebrato con grande pompa dal vescovo di Chartres alla presenza del re, di monsignore Luigi, di numerosi arcivescovi, vescovi e nobiluomini del regno.»

In questo modo Boemondo poté reclutare con il consenso regio un vasto esercito. Abbagliato dal suo successo, Boemondo decise di usare il suo esercito non per difendere Antiochia contro i Greci, ma per attaccare Alessio. Così fece, ma Alessio aiutato dai Veneziani si dimostrò troppo forte e Boemondo dovette sottomettersi a una pace umiliante con il trattato di Devol del 1108, che lo rese vassallo di Alessio, piegandosi a ricevere la sua ricompensa con il titolo di Sebastos, con la promessa di rinunciare ai territori disputati e di ammettere un patriarca greco ad Antiochia. D'allora in poi Boemondo fu un uomo finito.

Tornò quindi in Italia nella speranza di trovare mezzi e uomini che gli consentissero di proseguire con efficacia e determinazione la sua politica in Terra santa, ma nel 1111 morì a Bari[10] e fu sepolto a Canosa di Puglia.[8]


Matrimonio e figli


Boemondo sposò nel 1106 a Chartres Costanza, figlia del re di Francia Filippo I, dalla quale ebbe due figli:


Nella letteratura


Boemondo compare spesso in cronache e resoconti della prima crociata. Inoltre figura tra i co-protagonisti di opere letterarie che hanno come sfondo quell'epopea (come la Gerusalemme liberata del Tasso).

Boemondo compare anche nella novella fantastica Pilgermann di Russell Hoban.


Note


  1. Boemondo, durante la sua vita, non appare come principe di Taranto. Questo titolo fu utilizzato per la prima volta nel 1132 da Ruggero II di Sicilia; e applicato retroattivamente a Boemondo, prima nel 1153 come Antiocenus et princeps Tarentinus nel Codice diplomatico barese e in seguito comunemente come princeps Tarentinus.
  2. Secondo alcuni autori (Condra, Yewdale, Wendell David e Nicholson) ha comandato la prima crociata fino alla conquista di Antiochia, mentre altri autori (Stevenson, Runciman, Cardini e Madden) ricordano come l'esercito dei "baroni" nella prima crociata non avesse un comandante militare in capo, limitandosi ad avere come unica guida spirituale il Legato pontificio, nella persona del vescovo di Le Puy, Ademaro di Monteil.
  3. Orderico Vitale: Historia ecclesiastica, libro XI, capitolo XII: "Marcus quippe in baptismate nominatus est; sed a patre suo, audita in convivio joculari fabula de Buamundo gigante, puero jocunde impositum est."
  4. Boemondo I d'Antiochia, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  5. Hiestand, p. 71
  6. Nicolle, p. 21
  7. Italo Pizzi, Letteratura araba, U. Hoepli, 1903, p. 249. URL consultato il 29 luglio 2009.
    «Erano allora, nell'esercito dei Franchi, nove Conti preposti al loro comando: Goffredo e suo fratello il Conte, Boemondo e il figlio d'una sua sorella, Tancredi, Saint-Gilles, Baldovino e altri. Boemondo li raccolse a consiglio e disse loro: Se noi espugneremo questa città d'Antiochia, a chi toccherà essa?- Furon discordi in ciò; ciascuno, anzi, la richiedeva per sé. Egli allora disse: il consiglio migliore è che ciascun di noi ne guidi l'assedio per una settimana e che essa tocchi a quel tale che nella sua settimana l'avrà espugnata.- Così, su questo punto, s'accordarono. Quando venne il turno di Boemondo, Al-Razzâd (lo maledica Iddio!) calò ai Franchi una corda, ed essi così poteron montar sulle mura. V'accorsero anzi in folla e l'uno si trasse dietro l'altro. Vennero quindi alle scolte e le ammazzarono. Così Boemondo figlio di Guiscardo ebbesi in mano la città.»
  8. Lino Banfi, ecco la sua Canosa: "La proporrò all'Unesco", su La Repubblica, 23 gennaio 2019. URL consultato il 24 gennaio 2019.
  9. Francesco Cognasso, Storia delle crociate, Dall'Oglio, 1967
  10. Alberto di Aquisgrana, Historia Ierosolimitana, II.XI, p. 177.

Bibliografia



Fonti primarie



Letteratura critica



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Nuovo Titolo 1098 – 1111 Boemondo II
Predecessore Principe di Taranto Successore
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