Laodamia (in greco antico: Λαοδάμεια, Laodámeia) è un personaggio della mitologia greca. Fu una principessa di Iolco.
Laodamia | |
---|---|
![]() miniatura francese tratta dalle Eroidi di Ovidio | |
Nome orig. | Λαοδάμεια |
Sesso | Femmina |
Luogo di nascita | Iolco |
Professione | Principessa di Iolco |
Figlia di Acasto[1] e (probabilmente) di Astidamia[2], sposò Protesilao[3].
Non risultano fonti di sua progenie.
Subito dopo il matrimonio, il marito partì per la guerra di Troia e quando la flotta greca rimase bloccata ad Aulide nell'attesa dei venti favorevoli, Laodamia gli scrisse una lettera in cui lo metteva in guardia dai nemici troiani ed in particolar modo da Ettore[4].
(LA)
«Hectora nescio quem timeo; Paris Hectora dixit |
(IT)
«Temo un certo Ettore: Paride disse che Ettore |
(Ovidio, Eroidi XIII, versi 63-68.) |
Laodamia, venuta a conoscenza della morte del marito supplicò gli dei di poterlo rivedere un'ultima volta, così gli dei incaricarono Ermes di farlo risalire dall'Ade[3] per fargli passare tre ore con la moglie e, passato quel tempo, farlo ritornare nell'Ade[1].
Laodamia però, non resse al dolore[1] di perderlo per sempre e così fece fare una statua di bronzo[5] (o di cera[4]) ad immagine del marito e la mise nella camera nuziale per dedicargli i riti sacri[3][5].
Un giorno, un servo che le portava della frutta da offrire alla statua, sbirciò attraverso una fessura e la vide intenta ad abbracciare e baciare la statua del marito e pensando che stesse con un amante, andò a riferirlo ad Acasto (il padre di lei) che si precipitò nella camera e vide l'effigie di Protesilao. Così, e con l'intento di far cessare le sofferenze della figlia, lui ordinò d’innalzare una pira e di bruciarvi sopra la statua ma Laodamia, non reggendo al dolore, vi si gettò sopra e fu arsa viva[5].
Secondo Pausania, i Canti Ciprii chiamavano Polidora la moglie di Protesilao[6].
![]() |