Tideo (in greco antico: Τυδεύς, Tydèus) è un personaggio della mitologia greca. Fu un principe di Calidone e di Argo e fu uno dei sette contro Tebe[1].
Tideo | |
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![]() riproducente un Cammeo etrusco | |
Saga | Ciclo Tebano |
Nome orig. | Τυδεύς |
Epiteto | Ardente |
Sesso | Maschio |
Luogo di nascita | Calidone |
Professione | principe di Calidone e di Argo |
Figlio di Oineo[1][2][3] e di Peribea[2][3] o di Gorga[2], sposò Deipile[1][4] e fu padre di Diomede[2][5].
Fu costretto a lasciare Calidone dopo aver ucciso un parente (sulla cui identità le fonti non concordano[1][2]) e per purificarsi si recò ad Argo dove fu accolto da re Adrasto[4].
Nello stesso periodo, anche un altro principe (Polinice, a sua volta bandito da Tebe), fu ospite del re ed i due una notte si affrontarono per causa di un diverbio[4].
Adrasto li divise e notando che entrambi avevano sullo scudo[2] (oppure indossavano[5]) una pelle di animale, si ricordò di una profezia sul suo futuro e così, per rispettarla, decise di dare in moglie a ciascuno dei due una delle proprie figlie e di aiutarli a fare ritorno nelle rispettive città[4]. Così a Tideo (che aveva la pelle di un cinghiale), spettò Deifile[4][5] e con il matrimonio acquisì il titolo di principe di Argo.
Negli anni successivi e prima della guerra, ebbe il figlio Diomede (che nell'Iliade spesso è citato come Tidìde[6]) e partecipò ai Giochi nemei tenutisi dopo la morte di Archemoro vincendo il torneo di pugilato[4].
Da Adrasto ricevette l'incarico di recarsi a Tebe per incontrare Eteocle (fratello e nemico di Polinice) per portare un'ambasciata e reclamare il regno, ma nel ritorno subì un'imboscata di cinquanta uomini e per difendersi dovette combatterli ed ucciderli. Si salvò solo Maeone, che riuscì[4] (o fu lasciato[7]) fuggire.
Così ad Adrasto (che dopo aver concesso le mani delle figlie aveva dato la sua parola), non rimase altro che organizzare un esercito ed attaccare Tebe[4].
Durante l'attacco Tideo prese d'assalto una delle sette porte di Tebe (la Crenidiana[4]) ed uccise[4] (o solo ferì e l'uccisore fu Anfiarao[8] oppure Capaneo[9]) in un duello il nemico Melanippo, che era stato posto a guardia della stessa porta[10] e che in ogni versione riuscì a ferire a morte Tideo[4][11] prima di essere decapitato.
Mentre giaceva in fin di vita, Tideo fu raggiunto da Atena intenzionata a salvarlo tramite una medicina avuta da Zeus e che lo avrebbe reso immortale, ma Anfiarao (che in precedenza aveva avuto il compito di riunire l'esercito ed era stato ostacolato da Tideo), vide la dea e decidendo di vendicarsi con Tideo tagliò la testa del già morto Melanippo e la porse a Tideo. Questi l'aprì e ne mangiò il cervello sotto gli occhi della dea che, disgustata, trattenne per sé la medicina e lo lasciò morire[4].
Nel libro IV dell'Iliade Agamennone racconta a Diomede le azioni di Tideo dicendogli che quando suo padre entrò a Tebe con l'ambasciata degli Argivi, sfidò e sconfisse tutti i comandanti tebani in combattimenti singoli e che solo in seguito Eteocle organizzò l'imboscata[12].
Secondo gli Scholia a Iliade, V, 126 che riprendono l'opinione di Ferecide di Atene, il gesto di Anfiarao di lanciare la testa a Tideo non avrebbe avuto lo scopo di far desistere Atena dal salvarlo[13].
Nella Tebaide non figura Anfiarao, ma è Tideo stesso a chiedere a Capaneo di poter avere la testa di Melanippo.[14].
Nelle leggende e nelle opere relative al ciclo tebano non c'è menzione dell'uccisione di Ismene e l'unico che ne parla è il poeta Mimnermo che la attribuisce a Tideo.
La scena è rappresentata su un'anfora corinzia del 6 ° secolo oggi conservata al Louvre[15].
Fu seppellito da Maeone lungo la strada da Tebe porta a Calcide e che parte dalla porta Proetidiana e la sua tomba non ebbe nessun monumento ma fu contrassegnata da tre sole pietre non lavorate[6][16].
Come narra Virgilio, Enea giunto a Cuma ed incontrando la Sibilla, viene da questa accompagnato vivo nell'Ade per incontrare il padre Anchise e nella zona riservata agli eroi vede anche Tideo[17].
Nel 2018 fu diffusa le notizia che una delle due statue bronzee conosciute come Bronzi di Riace e custodite presso il Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria raffiguri Tideo.
Secondo la stessa fonte l'altra statua raffigurerebbe Anfiarao[18].
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