Renato Pinciroli: un conoscente di Ferdinando Cefalù
Doppiatori italiani
Rita Savagnone: Angela/Rosalia Cefalù
Ignazio Balsamo: don Calogero/don Ciccio Matara
Augusto Galli: Carmelo Patanè
Presentato in concorso al Festival di Cannes 1962, vinse il premio come miglior commedia[1], e ottenne anche tre candidature all'Oscar vincendo la statuetta per la miglior sceneggiatura originale.
Trama
Nella città siciliana di Agramonte vive il barone Ferdinando Cefalù, detto Fefè. L'uomo è coniugato da dodici anni con l'assillante Rosalia, una donna ardente d'amore per lui, ma per la quale ha perso ogni attrazione. Nel frattempo si è innamorato della propria cugina, la sedicenne Angela. La legge italiana non ammette ancora il divorzio, ma è invece previsto ancora il delitto d'onore, un caso di omicidio punito con pena più mite e molto frequente in Sicilia[2]. Fefè tenta allora disperatamente di trovare alla moglie un amante, per poterli sorprendere insieme, ucciderli, usufruire del beneficio del motivo d'onore e - scontata la lieve pena - sposare finalmente l'amata. Non ci riesce, ma la sorte gli viene incontro.
In seguito a un litigio con il marito, Rosalia, sentendosi abbandonata, cerca conforto in Carmelo Patanè, un suo vecchio spasimante creduto morto in guerra e poi tornato. Fefè, venuto a sapere della vecchia relazione, favorisce gli incontri e spia i potenziali adulteri, finché un giorno scopre che si sono finalmente dati appuntamento per l'indomani, in occasione dell'arrivo in città del film La dolce vita, che richiama al cinema l'intero paese. Il barone va al cinema, ma nel mezzo della proiezione rincasa, allo scopo di sorprendere gli amanti. Costoro, però, anziché consumare il tradimento, si danno alla fuga.
Venuta a mancare la flagranza, che avrebbe potuto giustificare lo stato d'ira richiesto dalla norma sul delitto d'onore, Fefè si finge malato e incapace di reagire. Si attira così il disprezzo di tutti i concittadini, intenzionalmente, per creare condizioni di disonore sufficienti a giustificare comunque il suo gesto. Nel frattempo lo zio Calogero, padre di Angela, muore d'infarto scoprendo casualmente la tresca della figlia con il nipote. Al funerale fa la sua apparizione Immacolata, moglie di Patanè, che umilia pubblicamente Ferdinando, sputandogli in faccia.
Grazie a don Ciccio Matara, boss locale, il barone viene a conoscenza del luogo dove sono nascosti i fuggiaschi. Giunto sul posto, trova Immacolata che ha già vendicato il suo onore uccidendo il marito. Non gli resta allora che fare altrettanto con Rosalia. Condannato a tre anni di carcere, sconta una pena inferiore beneficiando di un'amnistia e torna infine in paese, dove finalmente sposa la bella Angela. Ma, dopo pochi mesi, in viaggio di nozze qualcosa mette già in dubbio la felicità dell'unione: nella scena finale Angela, sdraiata sul ponte di una barca, bacia il neomarito Fefè, mentre con un piede carezza quello del giovane timoniere.
Produzione
Sceneggiatura
La sceneggiatura del film fu scritta da Ennio De Concini, Pietro Germi, Alfredo Giannetti e Agenore Incrocci, quest'ultimo non indicato nei titoli di testa.
Riprese
La gran parte della città fittizia di Agramonte è stata girata nel comune di Ispica, in provincia di Ragusa, nella Sicilia sud-orientale. Altre scene sono state girate nel Ragusano (interno chiesa dentro il Duomo di San Giorgio di Ragusa Ibla) e nel Catanese (scene vista mare al porto di Ognina e scene del cinematografo dentro il teatro Bellini di Adrano).
Doppiaggio
Sia Stefania Sandrelli che Daniela Rocca furono doppiate da Rita Savagnone.
Distribuzione
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Critica
Con questo film Pietro Germi, dai toni più drammatici dei primi film della sua carriera, passa alla commedia e alla satira. Il successo fu tale che fu proprio parafrasando il titolo di questo film che venne coniato il termine commedia all'italiana, che caratterizzò gran parte della produzione cinematografica italiana degli anni sessanta e settanta.[3].
Con un classico schema da commedia all'italiana, Germi[4] adatta e trasforma il romanzo di Giovanni Arpino Un delitto d'onore - in origine appunto una vicenda drammatica ambientata nell'Irpinia degli anni venti - in un ironico e godibilissimo ritratto della mentalità e delle pulsioni di una certa Sicilia di provincia, soprattutto prendendo di mira con un sarcasmo a volte feroce due situazioni di arretratezza legislativa dell'Italia dell'epoca: la mancanza di una legge sul divorzio (che arriverà solo nel 1970), e soprattutto l'anacronistico articolo 587 del codice penale che regolava il delitto d'onore, che verrà abolito soltanto venti anni dopo[5].
Ne scaturisce una commedia graffiante, retta magistralmente da Marcello Mastroianni, da comprimari di livello come Leopoldo Trieste e Daniela Rocca, e da una giovane Stefania Sandrelli che, grazie a questo film, avrà grande notorietà. Considerato uno dei migliori film della commedia all'italiana, costituirà un modello per molti altri film che negli anni successivi tenteranno di ritrarre ironicamente la mentalità e i costumi dell'Italia meridionale.
Il film è stato inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare[6]. Nel 1962 il National Board of Review of Motion Pictures l'ha inserito nella lista dei migliori film stranieri dell'anno.
Premi e riconoscimenti
1963 - Premio Oscar
Miglior sceneggiatura originale a Pietro Germi, Ennio De Concini e Alfredo Giannetti
Candidatura Miglior regia a Pietro Germi
Candidatura Miglior attore protagonista a Marcello Mastroianni
1963 - Golden Globe
Miglior film straniero (Italia)
Miglior attore in un film commedia a Marcello Mastroianni
1963 - BAFTA Awards
Miglior attore straniero a Marcello Mastroianni
Candidatura Miglior film straniero (Italia)
Candidatura Miglior attrice straniera a Daniela Rocca
1962 - Nastro d'argento
Miglior soggetto originale a Pietro Germi, Alfredo Giannetti e Ennio De Concini
Migliore sceneggiatura a Pietro Germi, Alfredo Giannetti e Ennio De Concini
Miglior attore protagonista a Marcello Mastroianni
Candidatura Regista del miglior film a Pietro Germi
Candidatura Miglior produttore a Franco Cristaldi
Candidatura Migliore scenografia a Carlo Egidi
1962 - Globo d'oro
Miglior film a Pietro Germi e Franco Cristaldi
1962 - Festival di Cannes
Prix de la meilleure comédie a Pietro Germi
Candidatura Palma d'oro a Pietro Germi
Citazioni e omaggi
In occasione dei 50 anni dalla vittoria dell'Oscar a Ispica (l'Agramonte del film) sono state fatte rivivere, in chiave teatrale, alcune scene celebri del film (tra cui la scena del corteo funebre con la banda al seguito) interpretate da comparse locali e attori professionisti del teatro di Modica[7].
Nel 2017 Teatro in Mostra ha prodotto un adattamento teatrale del film di Germi, su drammaturgia di Magdalena Barile e con la regia di Luca Ligato.
Note
(EN) Awards 1962, su Festival de Cannes. URL consultato l'11 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 25 dicembre 2013).
Dopo il referendum sul divorzio (1974), la riforma del diritto di famiglia (legge 151/1975) e il referendum sull'aborto, le disposizioni sul delitto d'onore sono state abrogate con la legge n. 442 del 5 agosto 1981.
«"Divorzio all'italiana" è un film che ha molti meriti, non ultimo quello di avere ispirato, con il suo titolo, l'espressione "commedia all'italiana" per indicare quel ricco filone cinematografico, nato nella seconda metà degli anni '50 e sviluppatosi nei decenni successivi, che ha reso il cinema italiano famoso in tutto il mondo.»
Tullio Kezich, Corriere della Sera, 20 aprile 2003.
«Si trattava ora di convincere Germi, che brancolava nelle incertezze. L'impresa era partita dall'idea di adattare il romanzo di Giovanni Arpino Un delitto d'onore, ma nel corso delle riunioni di sceneggiatura Ennio De Concini e Alfredo Giannetti avevano messo una pulce nell'orecchio a Germi: quel modo drammatico di proporre l'urgenza di revisionare l'articolo 587 del Codice Rocco, che alleggeriva di molto la responsabilità penale di chi uccide il coniuge per motivi d'onore, rischiava di essere fuori moda rispetto al rapido cambiamento del costume. Perché non trasferirlo, invece, sul piano della commedia? E così fecero...»
Morando Morandini, Il Morandini - Dizionario dei Film, Zanichelli, 2007.
«Si può fare una commedia intelligente, lesta, graffiante anche illustrando un articolo (il 587) del codice penale. Se c'è un'arte che nasce dall'indignazione, questo film le appartiene. Moralista risentito, Germi carica qui i suoi livori di un umor nero, di una amara e invelenita buffoneria che trova negli interpreti, soprattutto in Mastroianni, il suo sfogo.»
Divorzio all'italiana, su Rete degli Spettatori (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).
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