La 25ª ora (25th Hour) è un film del 2002, diretto da Spike Lee, tratto dal romanzo omonimo scritto da David Benioff.
La 25ª ora | |
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Titolo originale | 25th Hour |
Lingua originale | inglese, russo |
Paese di produzione | Stati Uniti d'America |
Anno | 2002 |
Durata | 135 min |
Rapporto | 2,35:1 |
Genere | drammatico |
Regia | Spike Lee |
Soggetto | dall'omonimo romanzo di David Benioff |
Sceneggiatura | David Benioff |
Produttore | Spike Lee, Jon Kilik, Julia Chasman, Tobey Maguire |
Produttore esecutivo | Nick Wechsler |
Casa di produzione | 40 Acres & a Mule Filmworks, Touchstone Pictures, Gamut Films, Industry Entertainment |
Distribuzione in italiano | Buena Vista International Italia |
Fotografia | Rodrigo Prieto |
Montaggio | Barry Alexander Brown |
Effetti speciali | Steve Wolf, J. John Corbett |
Musiche | Terence Blanchard |
Scenografia | James Chinlund, Nicholas Lundy, Ondine Karady |
Costumi | Sandra Hernandez |
Trucco | Ellie Winslow, Cassandra Saulter, Michael Mills |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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È uno dei primi film ambientati a New York dopo la tragedia dell'11 settembre 2001 ed il primo a mostrare Ground Zero.[1]
Considerato uno dei migliori film di Spike Lee,[1] è stato presentato in concorso al Festival di Berlino.
New York, 2002. Monty Brogan è uno spacciatore di eroina, fidanzato con Naturelle, una ragazza portoricana. I suoi migliori amici sono Jacob, un insegnante innamorato di una sua studentessa, e Frank, un cinico agente di borsa. Monty ha anche un cane, con il quale passeggia per le strade di New York. Il padre, James, è un vigile del fuoco in pensione che pensa spesso ai colleghi uccisi l'11 settembre. Monty è stato condannato a sette anni di carcere, dopo che la polizia, in seguito a una soffiata, ha trovato nel suo appartamento molti contanti e un chilo di eroina; l'uomo si appresta quindi a vivere l'ultima sua notte di libertà, in compagnia dei suoi amici e della sua fidanzata.
Monty non riesce a capacitarsi della sua colpa e, in un monologo, inizia ad insultare tutti, prima di capire che l'unico colpevole della sua situazione è lui. Il gruppo va quindi in una discoteca, per salutare Monty e festeggiare la sua ultima notte in libertà. Questi però è convinto che non reggerà alla galera perché ha paura che lo violentino o lo uccidano. Per non presentarsi in carcere con un aspetto troppo pulito, si fa picchiare da Frank, quindi saluta Naturelle e sale in auto col padre, per andare in carcere. Il padre però non si dirige verso il penitenziario, ma intraprende un viaggio in una metaforica venticinquesima ora, dove Monty potrà rifarsi una vita e rimediare ai suoi errori. Il sogno però si infrange, lasciando il posto al destino di Monty che si compie.
Il romanzo di David Benioff fu letto dall'attore Tobey Maguire, che avrebbe voluto interpretare Monty. Acquistati i diritti del romanzo dalla Touchstone Pictures, Benioff iniziò a scrivere la sceneggiatura. In seguito Maguire fu scelto per il ruolo di Peter Parker in Spider-Man, e rinunciò al progetto.
Benioff, ultimato il copione lo mandò a Spike Lee che, letto anche il romanzo, lo invitò nel suo ufficio. «In sostanza quello che mi disse fu: "Il tuo romanzo mi è piaciuto molto, non riesco però a capire perché tu non sia rimasto fedele alla storia anche nel copione", e poi aggiunse: "Hai tagliato tutte le mie scene preferite!", una delle quali era il lungo monologo di Monty allo specchio. Spike volle sapere perché avevo tagliato quella scena, e io gli risposi che non riuscivo ad immaginare come si potesse riprodurre un momento del genere sul grande schermo e riuscire a renderlo veramente drammatico. E lui: "Tu pensa a scrivere. Al resto penso io". E ho fatto come diceva», disse lo scrittore. La sequenza del monologo nel bagno diventò la scena più memorabile del film. «Senza dubbio è quella che la gente cita più spesso quando parla del film», dichiarò Benioff.[1]
I cambiamenti apportati da Spike Lee alla sceneggiatura riguardarono il lutto inferto alla città di New York dagli attacchi terroristici dell'11 settembre. «Il romanzo è ambientato prima dell'11 settembre, ma il problema per noi era molto semplice: sentivamo che girare un film come questo a New York, così poco tempo dopo l'attacco, ci imponeva di doverlo realizzare anche come se fosse un commento alla città dopo l'11 settembre. Per questo abbiamo trasformato New York in un personaggio della storia, trattandola come una città ferita, popolata da persone che cercano semplicemente di vivere le proprie vite. C'è una battuta molto importante nel film, quando nell'appartamento che si affaccia su Ground Zero Jacob chiede a Frank: "Cambi casa?" e lui risponde: "Cazzo, no. Neanche se Bin Laden ne lanciasse un altro contro il palazzo accanto.". Quello non è solo Frank che parla, ma 8 milioni di newyorkesi che dichiarano: "Noi da qui non ce ne andiamo"»,[1] asserì il regista. A Frank fu dato un appartamento che si affacciava di fronte a Ground Zero. Altri riferimenti all'11 settembre furono il pub del padre di Monty, tappezzato di bandiere statunitensi e di fotografie dei vigili del fuoco morti durante l'attacco, e la sequenza dei titoli di testa, che mostra i due grandi fasci di luci sistemati al posto delle torri gemelle.
Accettata la regia, Spike Lee iniziò a selezionare il cast. Norton aveva già aderito, quindi Lee scelse Brian Cox per il ruolo del padre di Monty e Rosario Dawson per quello della fidanzata Naturelle. Per la parte dei due migliori amici di Monty, Lee scelse Barry Pepper, allora poco conosciuto, e Philip Seymour Hoffman, attore feticcio di Paul Thomas Anderson.
Per quanto riguarda il ruolo di Mary D'Annunzio, la studentessa che Jacob ama segretamente, fu scelta Brittany Murphy, che però fu subito licenziata perché non mostrava l'impegno necessario. Per sostituirla fu scelta quindi Anna Paquin.[1]
Due settimane prima dell'inizio delle riprese, Lee e il cast al completo si riunirono per studiare il copione. Terminata la riunione, il regista fece vedere agli attori alcuni film, come Un uomo da marciapiede, per come mostra New York, e Fronte del porto, per il protagonista che affronta una crisi morale.[1]
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Il film ebbe un budget di 5 milioni di dollari.
La lavorazione del film non presentò molti problemi. Per il montaggio del film, Lee ritornò a lavorare con Barry Alexander Brown, montatore di film quali Fa' la cosa giusta e Malcolm X. A Brown, Lee chiese di lasciare alle scene più respiro rispetto ai suoi film precedenti. Lee chiamò per tagliare un paio di sequenze anche Sam Pollard, montatore del precedente Bamboozled. Pollard montò la scena in cui Monty e Naturelle dialogano seduti sui gradini della loro casa e quella della loro lite.[1]
La sequenza finale, quella del sogno, della "25ª ora", durava nel copione quattro minuti. Spike Lee, che stava registrando la voce fuori campo di Brian Cox che accompagna la sequenza, chiamò Benioff per dirgli che aveva una ripresa del deserto che durava cinque minuti. «Gli dissi: "D'accordo, te la faccio avere tra una settimana" E lui: "No, forse non hai capito. Sono con Cox nello studio di registrazione in questo momento. Mi serve tra un'ora". Fortunatamente sentivo di conoscere il personaggio abbastanza bene per descrivere quello che gli passava per la testa senza starci troppo a pensare. O forse non mi sono fatto prendere dal panico solo perché non ne avevo tempo», dichiarò Benioff.[1]
Il film uscì nelle sale cinematografiche statunitensi il 22 dicembre 2002, incassando in totale circa 23084595 $.[2] In Italia il film uscì in anteprima il 17 febbraio 2003 e nei cinema il 18 aprile dello stesso anno.[3]
Le recensioni dei critici statunitensi furono contrastanti. Il San Francisco Chronicle definì il film «triste e potente, il primo grande film del Ventunesimo secolo su un tema del Ventesimo secolo».[1] Altri critici trovarono il film noioso o la storia già vista.[1] Il New Yorker scrisse: «Il film coglie alla perfezione il clima amareggiato, teso quasi oltre i limiti, della città dopo l'11 settembre».[1]
In Europa il film fu accolto molto positivamente, e fu considerato uno dei migliori, se non il migliore, di Spike Lee.[1]
La direzione del doppiaggio e i dialoghi italiani sono stati curati da Silvia Monelli per conto della Dea 5.[4] La sonorizzazione, invece, è stata effettuata dalla SEFIT-CDC.[4]
La colonna sonora del film fu affidata a Terence Blanchard, uno dei collaboratori storici di Spike Lee. Blanchard inserì in orchestra delle cornamuse e accostò alla musica irlandese quella mediorientale, oltre a conferire alla melodia, in alcuni punti, delle tonalità Jazz. «Attraverso le musiche, credo che Spike stesse cercando di comunicare un messaggio agli Stati Uniti. Troppo spesso la musica mediorientale e la musica irlandese sono state associate solo a determinati segmenti della vita statunitense, mentre quello che Spike stava cercando di dire è: "Tutto questo è Stati Uniti"», disse Blanchard.[1]
La colonna sonora presenta i seguenti brani:
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