Argo (in greco antico: Ἄργος, Árgos) è il cane di Odisseo (Odissea, XVII, 290-327).
Argo | |
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Saga | Ciclo Troiano |
Nome orig. | Ἄργος (Árgos) |
Lingua orig. | Greco antico |
Autore | Omero |
Specie | cane |
Sesso | Maschio |
Allevato come cane da caccia dall'eroe prima di partire per Troia, nel poema di Omero compare in un passo, ad Itaca, soltanto nella terza e ultima parte: ormai vecchio, disteso «su cumuli di letame di muli e buoi addossato dinanzi all'ingresso», tormentato dalle zecche; ugualmente, vede subito il padrone Odisseo (travestito da mendicante) dopo averlo lungamente atteso nonostante la prolungata assenza, e agita la coda, abbassa le orecchie, non avendo la forza di avvicinarsi a lui. Argo allora viene «preso dalla nera morte per sempre[1], dopo essere riuscito a rivedere alla fine Odisseo dopo vent'anni», e Odisseo si asciuga di nascosto una lacrima (l'unica che versa dopo il suo ritorno ad Itaca), senza che Eumeo se ne accorga. Il cane Argo rappresenta la fedeltà nei confronti del padrone.
In merito alla questione del riconoscimento da parte di Argo di Ulisse, la esegesi di Vincenzo Di Benedetto riportata nelle note del testo dice [2]:
«Il riconoscimento di Ulisse non ha carattere di immediatezza né per Telemaco né per Penelope né per Laerte [...] Chi reagisce nel momento stesso in cui lo vede [...] è Argo [...] I cani del podere di Eumeo esprimono la loro gioia, scodinzolando intorno a Telemaco, che essi non vedevano da lungo tempo [...] Anche Argo [...] vorrebbe esprimere a Ulisse la gioia per il suo arrivo scodinzolandogli intorno. [...] A rigore, non c'è un riconoscimento di Ulisse da parte di Argo: non c'è un 'vedere' distinto da un 'conoscere' che si ponga come un momento successivo. Nel verbo νοέω, che è quello usato per Argo nel v. 302 [...] l'aspetto della duplicità è una sovrapposizione moderna a fronte di un atto, che per la cultura più arcaica aveva carattere di immediatezza. Per Argo non c'è, in riferimento al padrone, un trascorrere articolato del tempo, con un presente che debba essere messo a confronto con un passato conservato nella memoria, e la nozione stessa del 'ricordarsi' è inappropriata. Sono il narratore ed Eumeo che ricordano il suo passato. Per altro, Argo non ha consapevolezza del suo decadimento fisico» |
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