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Ulisse (dal latino Ulixēs, -is), oppure Odisseo (pronunciato [odisˈsεːo] o alla latina [oˈdisseo][1]; in greco antico: Ὀδυσσεύς [odysse͜ús]), è un personaggio della mitologia greca.

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Disambiguazione – "Odisseo" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Odisseo (disambigua).
Ulisse (Odisseo)
Testa di Ulisse, Gruppo di Polifemo a Sperlonga
SagaCiclo troiano
Nome orig.Ὀδυσσεύς (Odysseus)
EpitetoLaerziade (patronimico, da Laerte), "prudente", "distruttore di rocche", "luminoso", "astuto", "divino", "dal multiforme ingegno"
1ª app. inIliade di Omero, VIII secolo a.C. circa
SessoMaschio
Luogo di nascitaItaca
Giovanni Domenico Tiepolo, Processione del cavallo di Troia, 1773
Giovanni Domenico Tiepolo, Processione del cavallo di Troia, 1773

Re di Itaca figlio di Laerte, è uno degli eroi achei descritti da Omero nell'Iliade e nell'Odissea, che lo ha come protagonista e da cui prende il nome.


Il nome e la sua storia


Il vero nome di Ulisse era Odisseo, nome dal significato formidabile che gli fu assegnato dal nonno Autolico motivandolo come "odiato dai nemici" che il nonno si era procurato, da coloro che lui farà per il primato della sua mente, "futura cagione di molte invidie". Ὀδυσσεύς Odysséus deriverebbe dal verbo greco ὀδύσσομαι odýssomai, "odiare", "essere odiato", quindi significherebbe "Colui che è odiato", ma fra i possibili significati dobbiamo citare "collerico" o addirittura "il piccolo", quest'ultima definizione si adatterebbe alla sua statura, non altissima.

Ulisse, epiteto datogli dai Romani e reso celebre da Livio Andronico (che significa "Ferito a un'anca"), epiteto formato da due parole in riferimento a una ferita riportata alla coscia in una battuta di caccia al cinghiale (nelle foreste di Castalia), è la "personificazione" dell'ingegno, del coraggio, della curiosità e dell'abilità manuale. Figlio di Anticlea e di Laerte, dal quale ereditò il regno. Da parte materna Ulisse è quindi pronipote di Ermes. Sposo di Penelope e padre di Telemaco e secondo molte tradizioni di Telegono, avuto con la maga Circe.

Secondo un'altra tradizione il padre di Ulisse era Sisifo, che lo generò con la madre Anticlea in qualità di amante prima che si unisse con il re di Itaca Laerte.[2] Sisifo infatti è considerato come la figura del grande ingannatore degli dèi.

Ulisse si vanta di discendere per via paterna direttamente da Giove, in quanto il padre di Laerte, cioè suo nonno Arcesio, sarebbe stato figlio di Giove (Ovidio, Metamorfosi, XIII, 144-145).


La follia simulata


Odisseo aveva consultato un oracolo dal quale era stato ammonito che, se fosse andato a Troia, sarebbe tornato in patria solo dopo vent'anni e in condizioni di miseria. In seguito quando Agamennone, accompagnato da Menelao e Palamede, fece visita all'eroe per convocarlo in onore del solenne giuramento che aveva pronunciato sulle carni di cavallo, Odisseo architettò di giustificare la sua riluttanza alla guerra comportandosi come un pazzo. I tre uomini lo sorpresero con un cappello da contadino a forma di mezzo uovo mentre arava un campo pungolando un asino e un bue aggiogati insieme e lanciandosi alle spalle manciate di sale. Palamede, per verificare la sanità dell'uomo, strappò Telemaco bambino dalle braccia della madre e lo posò per terra davanti alle zampe delle bestie aggiogate all'aratro; Odisseo subito arretrò tirando le redini per risparmiare il figlio smascherando la sua macchinazione, e cedette ad arruolarsi nella spedizione.[3]


Le versioni della guerra di Troia


Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra di Troia.

Esistono diverse versioni di tale racconto:


Ritorno in patria, a Itaca


Lo stesso argomento in dettaglio: Odissea.
Giuseppe Bottani, Atena rivela Itaca a Ulisse, 1775, Pavia, Pinacoteca Malaspina
Giuseppe Bottani, Atena rivela Itaca a Ulisse, 1775, Pavia, Pinacoteca Malaspina

Re di Itaca, figlio di Laerte (anche se una tradizione lo vuole figlio di Sisifo) e di Anticlea, sposo di Penelope, padre di Telemaco, Ulisse (Odisseo) vorrebbe ritornare agli affetti familiari e alla nativa Itaca dopo dieci anni passati a Troia a causa della guerra (suo è l'espediente del cavallo di legno che permette di sbloccare la situazione), ma l'odio di un dio avverso, Poseidone, glielo impedisce. Costretto da continui incidenti e incredibili peripezie, dopo altri dieci anni, grazie anche all'aiuto della dea Atena, riuscirà a portare a compimento il proprio ritorno a casa.


Le tappe


Le tappe del ritorno (in greco νόστος nòstos) sono dodici, numero degli insiemi perfetti. Si alternano tappe in cui l'insidia è manifesta (mostruosità, aggressione, morte) a tappe in cui l'insidia è solo latente: un'ospitalità che nasconde un pericolo, un divieto da non infrangere. Ulisse continua a non riuscire a tornare a Itaca perché il dio Poseidone, adirato con lui, gli scatena contro venti furiosi, continui naufragi e pericolosi approdi in altre terre.


I Ciconi


Dopo la partenza da Troia, Ulisse fa tappa a Ismaro, nella terra dei Ciconi (in greco, Kìkones), e li attacca per fare bottino. Qui risparmia Marone, sacerdote di Apollo, che gli dona del vino forte e dolcissimo che gli tornerà utile nella grotta di Polifemo.


I Lotofagi


Seconda tappa nella terra dei Lotofagi, cioè mangiatori di loto. Essi sono ospitali ma insidiosi: offrono infatti ai compagni di Ulisse (Odisseo) il loto, un frutto che fa dimenticare il ritorno, costringendo l'eroe a legarli e a trascinarli a forza sulle navi.


Il ciclope Polifemo


Ulisse, insieme ai suoi compagni, approda su un'isola abitata dalle ninfe. Ulisse vuole andare a chiedere ospitalità in un'isola vicina e porta con sé una nave e alcuni suoi compagni. Giungono nella grotta di Polifemo, che nel frattempo è uscito a pascolare le pecore, e la trovano con i graticci pieni di formaggi enormi e il latte appena munto. I compagni pregano Ulisse di prendere i formaggi, rimettersi in mare e scappare, ma l'eroe vuole ricevere i doni dell'ospitalità. Polifemo ritorna: è orrendo, un gigante con un solo occhio in mezzo alla fronte. Quando li vede sta preparando la sua cena, e allora prende due compagni di Odisseo e li divora. Poi si mette a dormire, così Ulisse medita come scappare da quella disavventura.

Inizialmente pensa di estrarre la spada e così ucciderlo, ma poi riflette che in quel modo sarebbero morti anche loro, perché nessuno poteva smuovere il grande macigno che il ciclope aveva posto davanti alla porta. Poi vede un ramo d'ulivo, gigantesco, ancora verde, che a lui pareva l'albero di una nave da venti remi, e che Polifemo aveva conservato per farne un bastone. Ordina ai compagni di tagliarne un pezzo e intanto lui lo appuntisce. La sera dopo l'eroe offre al ciclope il vino che gli aveva donato Marone. Polifemo, contento del vino offerto, chiede poi a Ulisse il suo nome. L'eroe acheo risponde che il suo nome è "Nessuno" (in greco antico "οὐδείς" - oudeís - parola assonante con il nome di Odisseo). Il ciclope si addormenta, ubriaco a causa del potente vino bevuto, e Ulisse e i compagni colgono l'occasione: prendono il ramo, fanno diventare incandescente la punta dell'ulivo e accecano l'unico occhio del ciclope. Il gigante urla di dolore e gli altri due fratelli di Polifemo accorrono, ma ritornano indietro quando il ciclope dice: "Nessuno, amici, mi uccide con l'inganno e non con la forza". La mattina dopo Polifemo fa uscire a pascolare le sue pecore, ma per evitare che qualcuno fugga, stende le mani in modo da tastare il vello delle pecore. Allora l'eroe e i suoi compagni si legano sotto dei montoni, riuscendo così a sfuggire.


Eolo


Qui Ulisse giunge quindi nell'isola di Eolo, un uomo che gode del favore degli Dei e comanda i venti, da cui viene ospitalmente accolto per un mese, ricevendo in dono l'otre dei venti, accompagnato da un divieto da non infrangere: nessuno dovrà aprire l'otre. Saranno i compagni però che, invidiosi del dono dell'ospite, ormai in prossimità di Itaca, approfittando del sonno di Odisseo, apriranno l'otre scatenando i venti che risospingeranno la nave al largo.


I Lestrigoni


Quinta tappa presso i Lestrigoni, giganti mostruosi quasi quanto i ciclopi. Anche qui Odisseo perde alcuni compagni e i giganti bersagliano la sua flotta abbattendo undici navi. Solo quella dell'eroe si salva.


Circe e l'Ade


Giunge poi nell'isola di Circe, una dea seducente che trasforma i compagni di Odisseo in porci. Grazie all'aiuto di Ermes, che gli dà una misteriosa erba quale antidoto alla maledizione della dea, l'eroe riesce a evitare l'insidia e costringe Circe a restituire ai compagni sembianze umane. Dopo essersi fermato un anno da Circe, Odisseo - su indicazione di lei stessa - si accinge a una nuova prova: il viaggio verso il regno dei morti. Lì riesce a entrare in contatto con le figure dei compagni perduti durante la guerra di Troia, con la madre e con l'indovino Tiresia, che gli presagirà un ritorno luttuoso e difficile. Ulisse torna dunque da Circe che lo consiglia sulla rotta da seguire, su come comportarsi con le Sirene e con Scilla e Cariddi, e lo invita a guardarsi dal toccare le vacche del Sole iperionide.


Le sirene


Rimessosi in rotta, Odisseo se la vede con le pericolose sirene; allora, seguendo il consiglio datogli da Circe prima della partenza, tappa le orecchie ai compagni e si fa legare all'albero maestro della nave per udire il loro canto, che trae a morte certa tutti coloro che le ascoltano. Superato lo scoglio delle sirene Ulisse si sta dirigendo verso lo stretto di Messina.


Scilla, Cariddi e l'isola di Elio


Ulisse tenta di superare i mostri Scilla e Cariddi, evitando la rotta alternativa verso le Simplegadi che Circe gli ha sconsigliato. La dea lo ha anche avvertito di non armarsi in presenza di Scilla, ma Ulisse dimentica il suo monito. Inoltre, per non atterrire troppo i compagni, l'eroe parla loro della sola Cariddi. Scilla mangia sei volte sei compagni di Ulisse, mentre Cariddi risucchia le acque. Dopo aver affrontato i due mostri, Odisseo, approdato coi compagni superstiti sull'isola di Trinacria, non riesce a frenare la voglia dei compagni di banchettare con le invitanti mucche di Elio (altre versioni dicono di Era o Apollo). Per questo Odisseo racconta di essere stato per nove giorni in balia di terribili tempeste scatenate da Zeus, con la nave e i compagni uccisi da Scilla.


Calipso


Bernardino Nocchi, Mercurio ordina a Calipso di lasciar partire Ulisse (Il pianto di Ulisse), Museo Civico di Modena
Bernardino Nocchi, Mercurio ordina a Calipso di lasciar partire Ulisse (Il pianto di Ulisse), Museo Civico di Modena
Gli amori di Ulisse e Calipso, dipinto di Jan Brueghel il Vecchio, Londra, Johnny van Haeften Gallery
Gli amori di Ulisse e Calipso, dipinto di Jan Brueghel il Vecchio, Londra, Johnny van Haeften Gallery

Scampato alla tempesta, riuscì a salvarsi grazie all'arrivo sull'isola di Ogigia, dove incontrò Calipso, una ninfa molto bella e immortale; ella si innamorò perdutamente dell'eroe, infatti cercò in tutti i modi di trattenerlo, anche quando, dopo sette anni di "prigionia" lontano da casa, Ermes andò ad avvisare la ninfa di lasciare Ulisse, il quale, costruita una barca, partì per Itaca, ma a un passo dalla terra natia Poseidone lo fermò. Ma la dea marina Ino aiutò Odisseo ad approdare in una terra sconosciuta, quella dei Feaci.


I Feaci


Ulisse si presenta a Nausicaa sulla spiaggia, dipinto di Pieter Lastman, 1617, Monaco, Alte Pinakothek
Ulisse si presenta a Nausicaa sulla spiaggia, dipinto di Pieter Lastman, 1617, Monaco, Alte Pinakothek

Odisseo, naufrago, approdò presso l'isola dei Feaci, dove incontrò Nausicaa, la figlia di re Alcìnoo e le chiese dei vestiti e dove fosse la reggia del re. Andò alla reggia e dopo aver svelato il suo nome e raccontato le sue peripezie, il re gli diede una nave per ritornare a casa. Il giorno dopo si imbarcò, salutando tutti.


Itaca


Quando arrivò a Itaca con l'aiuto di Atena, Odisseo si fece ospitare da Eumeo, come mendicante. Dopo essersi rivelato a Telemaco e a Eumeo, si recò alla reggia facendosi accogliere come un mendicante. Qui, schernito dai pretendenti (i Proci), Odisseo partecipa alla gara di arco organizzata da Penelope, che aveva promesso di consegnarsi in sposa a colui che sarebbe riuscito a scoccare una freccia dall'arco del marito facendola passare per le fessure di dodici scuri allineate. Nessuno dei pretendenti riuscì anche solo a tendere l'arco, e così Odisseo chiese di poter fare un tentativo. Sotto gli occhi torvi dei Proci, Odisseo riesce perfettamente nell'impresa di tendere l'arco e scoccare. A questo punto, compie la sua vendetta che aveva preparato con Eumeo, Filezio e il figlio, togliendo tutte le armi ai Proci per poi ucciderli. Euriclea andò a chiamare Penelope per dirle che Odisseo non era morto; quando lei lo vide non disse niente, non si convinceva che fosse suo marito, perciò venne rimproverata da Telemaco e si decise a sottoporlo alla prova del talamo nuziale, chiedendogli di spostarlo. Lui, avendolo intagliato in un ulivo ancora in vita, spiegò che non poteva essere spostato dalla stanza in cui era custodito: Penelope riconobbe il marito e lo strinse forte piangendo.


Le possibili morti di Ulisse


Odisseo e Tiresia
Odisseo e Tiresia

Nel libro undicesimo dell'Odissea, l'indovino Tiresia predice il futuro del re itacese: infatti gli profetizza una morte "Ex halos"[10], che vuol dire "dal mare" o "lontano dal mare". Una volta uccisi i Proci, ripartirà verso terre lontane, ai confini del regno di Poseidone, ossia oltre le Colonne d'Ercole. Giungerà a una terra dove non si conoscono il mare e le navi e dove non si condiscono i cibi con il sale. Quando un viandante scambierà il remo di Ulisse per un ventilabro (strumento agricolo consistente in una pala di legno con cui si ventilava il grano sull'aia, allo scopo di separarlo dalla pula) potrà fermarsi, piantare il remo e offrire sacrifici a Poseidone. Tornerà quindi a Itaca, offrirà sacrifici a tutti gli dei e una lieta morte verrà dal mare durante una serena vecchiaia, circondato da popoli pacificati. Le ulteriori peregrinazioni di Ulisse e la sua morte sono state trattate in canti epici che non ci sono pervenuti. Per questo, diversi scrittori hanno ipotizzato la possibile morte di Ulisse. Letteratura e miti ci narrano cinque diverse versioni sulla morte di Ulisse:


Ulisse nell'arte


Nell'arte greca, le prime raffigurazioni di Odisseo sono di pittori vascolari del periodo orientalizzante, inizio del VII secolo a.C., dunque immediatamente successive la composizione dell'Odissea stessa. Nelle loro opere la più rappresentata è la scena dell'accecamento di Polifemo da parte di Odisseo e dei suoi compagni, episodio che più di altri evidenzia l'astuzia e l'intelligenza dell'eroe, per cui si vede come sin dall'inizio l'arte figurativa interpreti correttamente la figura di Odisseo, secondo la lettura che ne verrà data nei secoli successivi. In quanto a frequenza di attestazione, poi, per secondo viene l'incontro con Scilla, il peggior pericolo forse tra quelli effettivamente corsi da Odisseo durante le sue peregrinazioni e per terzo, infine, quello con le sirene, simbolo per eccellenza del potere della seduzione della conoscenza.

Dopo l'età protogreca le raffigurazioni del mito di Odisseo, comparse, come s'è detto, improvvisamente e massicciamente nella pittura vascolare e in quella minore nella prima metà del VII secolo a.C., si interrompono quasi del tutto. Per l'età classica ci è pervenuto un solo esempio, un cratere italico del tardo V secolo a.C., che però si riferisce non al testo omerico ma a Il Ciclope, il dramma satiresco di Euripide. Il tema diventerà nuovamente fiorente solo in età ellenistica, per poi diventare una tra le fonti di maggiore ispirazione per l'arte romana.


Ulisse nella letteratura


Ulisse è, per antonomasia, l'uomo affascinato dall'ignoto. James Joyce prende a modello la sua figura e la sua storia per il suo romanzo, l'Ulisse. Ugo Foscolo vide nel proprio destino di esule somiglianze con quello dell'eroe omerico. Guido Gozzano, in piena polemica antidannunziana, lo presenta ironicamente come una specie di moderno "viveur", con il nome di Re-di-Tempeste (L'ipotesi, 1907)[11].


Iliade


Nell'Iliade Ulisse non ha un ruolo molto importante, anche se il poeta non manca di sottolineare il suo valore bellico. Nel quinto libro, dopo aver assistito alla morte di Tlepolemo per mano di Sarpedonte, egli decide di non inseguire l'assassino del suo compagno, ma di attaccare gli altri guerrieri lici, uccidendo Cerano, Alastore, Cromio, Alcandro, Alio, Noemone e Pritani. In seguito Ulisse lo si vede per lo più a fianco di Diomede, ed è con lui che compie le imprese più note: nel decimo libro, i due assaltano il campo dei Traci, con Diomede che sgozza i nemici addormentati e Ulisse che gli copre le spalle: nell'undicesimo, Ulisse colpisce a morte il giovane Molione, valletto e auriga del re asiatico Timbreo, ucciso poco prima da Diomede. Egli è anche, insieme ad Agamennone, Diomede, Aiace Telamonio, Aiace Oileo, Idomeneo, Merione, Euripilo e Toante, tra coloro che si offrono di affrontare Ettore in duello. In seguito durante i giochi funebri in onore di Patroclo, Odisseo partecipa alla gara di lotta affrontando Aiace Telamonio. Ulisse riesce a tenere testa ad Aiace grazie alla sua astuzia, ma Achille ferma la gara assegnando la vittoria a entrambi. Inoltre partecipa anche alla gara di corsa insieme ad Aiace Oileo e Antiloco; ottiene la vittoria grazie all'aiuto di Atena.


Odissea


Gruppo di Polifemo, Sperlonga
Gruppo di Polifemo, Sperlonga

L'Odissea è uno dei nostoi (o ritorni) che raccontano le avventure degli eroi omerici dopo la guerra, ma tra tutti questi poemi (in principio trasmessi oralmente) è certamente il più famoso. La fama del poema è certamente legata al suo personaggio principale che rappresenta, anche secondo la nozione comune, l'uomo moderno. Una caratteristica di Ulisse è certamente la tradizionale καλοκαγαθία (=benignità) eroica, l'essere di bell'aspetto ed eticamente virtuoso, cui aggiunge uno straordinario senso pratico e una grande curiosità che, unita al suo incredibile genio, lo rendono capace di risolvere ogni ostacolo con successo.

Si deve inoltre ricordare che Ulisse nel suo viaggio all'interno dell'Ade incontra anche la madre, morta di dolore dopo la partenza del figlio per la guerra. Odisseo vede poi amici e personaggi illustri (come Achille, il giudice Minosse, Orione): vede anche i dannati, come Tantalo e Sisifo. Tuttavia le anime che Ulisse incontra nell'Ade sono prive di vera e propria forza interiore, sono prive di ricordi, sono ombre presentate sotto forma di sogni. Esse infatti hanno bisogno di sangue (ed è per questo che Circe dona a Ulisse e ai suoi compagni un agnello e una pecora nera da sacrificare) per ricordare le loro vite passate, e le rimpiangono amaramente. Anche per questo l'Odissea può essere considerata un "proseguimento dell'Iliade": alla morte di personaggi illustri come Achille, Ettore o Patroclo, i nemici o gli eroi stessi annunciano il rimpianto, molto diverso dalla nostra concezione di morte attuale, l'andare in un mondo migliore, onore concesso solo a pochi fortunati parenti, amici o umani amati dagli dei.

I morti rimpiangono la luce del sole perché è la cosa che ricorda più ai defunti la vita, l'amore, la vendetta, gli istinti primordiali dell'uomo. La madre e la moglie di Ulisse sono intese come persone "buone" e molto legate alla famiglia per fedeltà e forza d'animo, così come nell'Iliade lo sono la madre e la moglie di Ettore, Ecuba e Andromaca, che mal sopportano la morte di Ettore ma continuano la loro vita, amaramente.


Aiace


Nella tragedia di Sofocle Aiace, che prende il nome dal protagonista, Ulisse è colui che con Agamennone e Menelao ha suscitato l'ira, e con essa la follia di Aiace. La tragedia ha infatti inizio con Aiace che ha trucidato di notte un intero gregge di pecore, credendole soldati greci a causa di un inganno di Atena, perché voleva vendicarsi della decisione da parte dei due Atridi di assegnare a Ulisse, piuttosto che a lui, le armi del defunto Achille.

Tuttavia in questa tragedia Ulisse ha un ruolo quasi marginale, ma alla fine è lui a intervenire nella lite fra Teucro (figlio di Telamone e fratellastro di Aiace) che voleva seppellire il corpo del fratellastro suicida, e i due capi Atridi che volevano invece negare al cadavere la sepoltura per punirlo del tentato eccidio. Ulisse infatti entra in scena e con poche parole riesce a convincere Agamennone a lasciare che Aiace venga sepolto in virtù dei suoi meriti e del suo passato apporto all'esercito greco. Teucro tuttavia non gli permetterà di partecipare alla sepoltura, come egli avrebbe invece voluto, per non fare cosa sgradita al defunto.

Va ricordato inoltre che nell'Odissea (Libro XI), quando Ulisse andrà nel regno dell'Ade e incontrerà fra gli altri personaggi Aiace, costui si rifiuterà orgogliosamente di rivolgergli la parola e riappacificarsi con lui.


Eneide


Nel poema virgiliano Ulisse compare in carne e ossa nel libro II: calatosi dal cavallo di legno con molti altri Achei, entra in Troia, dove ferisce Pelia, un amico di Enea. Nel libro VI si scoprirà anche che durante la presa della città egli ha fatto irruzione insieme a Menelao nella casa di Deifobo, come narrato dalla stessa vittima (incontrata da Enea nell'Ade); che però non rivela il nome del suo assassino.


Divina Commedia


Nel ventiseiesimo canto dell'Inferno Ulisse è condannato assieme a Diomede nella bolgia dei consiglieri di frode a causa degli inganni perpetrati (il cavallo di Troia, quello ai danni di Achille e il furto del Palladio) e ne viene anche narrata la morte: incapace di frenare la sua smania di conoscenza, Ulisse spinse i suoi compagni oltre le colonne d'Ercole naufragando poco prima di poter sbarcare sull'isola nella quale si trova la montagna del Purgatorio. Per Dante il "folle volo" rappresenta la volontà di superare i limiti della finitezza umana senza però il sostegno della Grazia divina in una sorta di ribellione contro l'ordine stabilito da Dio: Ulisse è perciò un magnanimo che però, oltre ad aver provocato con le sue menzogne dolore e sofferenza, vuole farsi simile a Dio stesso dimenticando di essere un semplice uomo ed esaltando la propria intelligenza al punto di trasformare ciò che è positivo (il desiderio di seguire "virtute e canoscenza") in un'irragionevole negazione di ogni limite.


Ulisse nella letteratura dopo Dante


Ugo Foscolo nel sonetto A Zacinto fa di Ulisse la metafora della condizione umana e dell'esilio. Giovanni Pascoli nella poesia Ultimo viaggio che fa parte dei Poemi conviviali, interpreta Ulisse in chiave moderna come un personaggio triste e deluso, pieno di dubbi, alla ricerca della propria identità, con la sempre presente ansia di cogliere il vero senso delle cose. L'Ulisse pascoliano afferma che "Il mio sogno non era altro che sogno, e vento e fumo". Poi la sua nave naufraga. Il passato riserva solo sogni, e l'unica realtà per l'uomo è la perenne attualità del morire, un annullamento definitivo nel silenzio della morte.

Gabriele D'Annunzio vede nell'eroe omerico il modello di superuomo che egli stesso vorrebbe incarnare. Nel primo libro delle Laudi il poeta immagina di incontrare l'eroe omerico che naviga nel mar Jonio in solitudine, sprezzante del pericolo, eroe che naviga verso la pienezza radiosa della vita. Guido Gozzano nella poesia L'ipotesi fa una parodia di Odisseo. Qui è diventato un playboy con un moderno yacht che tocca con "liete brigate" varie spiagge del mar Mediterraneo ove si trovano donne di facili costumi. Si tratta di una dissacrazione dell'aristocratico Ulisse - superuomo dannunziano.

Il navigare come metafora della vita è il tema dell'Ulisse in Umberto Saba e James Joyce. Saba nella poesia Ulisse con cui termina la raccolta Mediterranee, interpreta il mito di Odisseo come una costante disponibilità agli impulsi del profondo, in solitudine e dolore, praticamente incapace di concludere l'ultimo momento dell'esistenza, la morte. L'ulissismo di Saba si rifà a quello di Joyce, autore del romanzo Ulisse, il cui protagonista, Leopold Bloom, è un antieroe che, con una inversione ironica, vive in un solo giorno le ventennali peregrinazioni dell'Ulisse omerico, e diventa emblema delle virtù e dei vizi umani.

I poeti greci dell'Ottocento e del Novecento riprendono il mito di Odisseo. In Ghiorgos Seferis l'ulissismo diviene simbolo delle vicende personali dell'autore e della storia della Grecia con tutte le sofferenze della stirpe greca per secoli assoggettata al dominio dei Turchi Ottomani, nonché il desiderio nostalgico del nostos, il ritorno in patria (il poeta stesso conobbe l'esilio). Kostantinos Kavafis nella poesia Itaca mostra invece il viaggio verso l'isola come metafora del viaggio della vita di cui dovrà assaporare tutte le esperienze, senza temere delusioni e dolori, e arricchendosi di nuove conoscenze ed esperienze.


Cinema e televisione


Il cinema e la televisione non potevano non interessarsi di una figura affascinante e complessa come quella di Ulisse. La prima trasposizione cinematografica delle gesta dell'eroe greco risale al 1911 per opera di Giuseppe de Liguoro. Nel 1955 arriva sul grande schermo l'interpretazione di Kirk Douglas, con Silvana Mangano nel ruolo di Penelope, sotto la regia di Mario Camerini (Ulisse), ma si tratta di una realizzazione con una scarsissima aderenza al testo omerico. Nel 2004 compare come personaggio secondario nel film colossal epico Troy di Wolfgang Petersen, interpretato da Sean Bean.

Diverso è il caso dello sceneggiato televisivo Rai del 1968, Odissea, regia di Franco Rossi, con Bekim Fehmiu e Irene Papas. A parte qualche eccezione, questa trasposizione televisiva del poema riassume per intero e in modo fedele la storia narrata da Omero.

Un altro esempio di contrasto con l'epopea omerica è invece il film per la TV del 1997 di Andrej Končalovskij, ancora dal titolo L'Odissea, interpretato - fra gli altri - da Armand Assante, nella parte del protagonista, Greta Scacchi, Isabella Rossellini, e di nuovo Irene Papas, e che aggiunge elementi di altri poemi epici.

Canale 5, nel 1991, ha realizzato una versione musical in chiave comica di L'Odissea, con la regia di Beppe Recchia.

Un altro Ulisse in chiave di parodia è stato infine quello rappresentato nel 1964 dal Quartetto Cetra in Biblioteca di Studio Uno.

Nel luglio 2012 su Rai 2 è partito un cartone animato intitolato Ulisse. Il mio nome è Nessuno che, pur parlando delle peripezie dell'eroe greco, introduce avvenimenti o personaggi inesistenti nel poema di Omero. Curiosamente nello stesso anno lo scrittore Valerio Massimo Manfredi pubblicava un romanzo con un titolo molto simile: Il mio nome è Nessuno.


Influenza culturale


A Ulisse è intitolato il cratere Odisseo (di 445 km di diametro) su Teti[12].

Nella serie I Cavalieri dello Zodiaco compaiono due personaggi di nome Odisseo: uno è un Angel, un guerriero dei cieli al servizio degli dei, tanto abile da ritorcere gli attacchi nemici contro gli stessi avversari; compare nel film I Cavalieri dello zodiaco: Le porte del paradiso; l'altro è un Gold Saint, il 13º, discendente di un antenato che indossando la stessa armatura peccò di arroganza credendosi pari agli Dei dell'Olimpo; compare nel manga Saint Seiya: Next Dimension, ambientato due secoli prima della storia originale.


Il palazzo di Ulisse


Dopo un'appassionata ricerca che perdurava da 16 anni, un'équipe dell'università greca di Ioannina, guidata dal prof. Athanasios Papadopulos, ha trovato nel 2010 quelle che ritiene essere le tracce del palazzo dell'eroe omerico. A conferma del valore storico del racconto di Omero, il luogo del ritrovamento è Exogi, nel nord dell'isola di Itaca.

Gli indizi sull'identità del palazzo sono molteplici, tra i quali in particolare rilevano la forma del palazzo, simile ad altri palazzi regi micenei, alcuni manufatti ritrovati e una fontana databile intorno al XIII secolo a.C. Gli esperti italiani che hanno commentato la notizia sono cauti, ma concordano sull'importanza della certezza di un palazzo regio nell'isola.

Più incline a dar credito alla convinzione del collega greco è lo storico Luciano Canfora, che sottolinea l'attendibilità storica dei poemi omerici in genere.[13]


Note


  1. Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "Odisseo", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2016, ISBN 978-88-397-1478-7.
  2. Sisifo nell'Enciclopedia Treccani, su treccani.it. URL consultato il 28 giugno 2018.
  3. Filostrato, Eroico
  4. Pseudo-Apollodoro, Epitome, 5,14
  5. Igino, Favola, 108
  6. Tzetze, Scoli a Licofrone, 219 e seguenti
  7. Pausania, Libro I, 23,10
  8. Virgilio, Eneide, II, 13-249
  9. Pseudo-Apollodoro, Epitome, 5,15
  10. L'espressione significa letteralmente fuori/dal sale, ma questo termine in poesia, se al femminile, può significare anche mare,
  11. In Poesie sparse, sezione di Guido Gozzano, Tutte le poesie, a cura di Andrea Rocca, Milano: Mondadori, 1980, pp. 265-72 e note pp. 749-56.
  12. (EN) Odysseus, su Gazetteer of Planetary Nomenclature. URL consultato l'8 gennaio 2016.
  13. Paolo Fallai, Trovata la reggia di Ulisse. Omero aveva ragione, su archiviostorico.corriere.it, corriere.it. URL consultato il 17 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2016).

Bibliografia



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[en] Odysseus

Odysseus (/əˈdɪsiəs/ ə-DISS-ee-əs;[1] Greek: Ὀδυσσεύς, Ὀδυσεύς, translit. Odysseús.mw-parser-output .noitalic{font-style:normal}, Odyseús, IPA: [o.dy(s).sěu̯s]), also known by the Latin variant Ulysses (/juːˈlɪsiːz/ yoo-LISS-eez, UK also /ˈjuːlɪsiːz/ YOO-liss-eez; Latin: Ulysses, Ulixes), is a legendary Greek king of Ithaca and the hero of Homer's epic poem the Odyssey. Odysseus also plays a key role in Homer's Iliad and other works in that same epic cycle.[2]

[fr] Ulysse

Ulysse ou Odysseus (en grec ancien Ὀδυσσεύς / Odysseús, en latin Ulixes, puis par déformation Ulysses) est l'un des héros les plus célèbres de la mythologie grecque. Roi d'Ithaque, fils de Laërte et d'Anticlée, il est marié à Pénélope dont il a un fils, Télémaque. Il est renommé pour sa mètis, cette « intelligence rusée » qui rend son conseil très apprécié dans la guerre de Troie à laquelle il participe. C'est encore par la mètis qu'il se distingue dans le long périple qu'il connaît au retour de Troie, chanté par Homère dans son Odyssée.
- [it] Ulisse

[ru] Одиссей

Одиссе́й (др.-греч. Ὀδυσσεύς; Улисс лат. Ulixes) — персонаж греческой мифологии, царь Итаки, сын Лаэрта и внук Автолика, отличавшийся умом и хитростью. Был вынужден принять участие в Троянской войне, в ходе которой погубил своего врага Паламеда. Именно Одиссей, согласно одной из версий мифа, придумал, как взять Трою с помощью деревянного коня. Его путь домой по окончании войны затянулся на десять лет из-за гнева Посейдона и разнообразных злоключений; в ходе плавания Одиссей столкнулся с циклопом-людоедом Полифемом, с волшебницей Киркой, превращавшей путников в свиней, прошёл между чудовищами Скиллой и Харибдой, смог услышать песни сирен и не погибнуть при этом, спуститься в царство мёртвых и вернуться в мир живых. Семь лет он провёл, тоскуя по дому, на райском острове Калипсо, пока благодаря вмешательству богов не смог продолжить путь. Сделав короткую остановку в стране феаков, Одиссей вернулся на родину, где его ждали верная жена Пенелопа и сын Телемах. Он перебил буйных женихов Пенелопы, а потом отправился в изгнание в Эпир. Согласно одной из версий мифа, Одиссей погиб на Итаке от руки собственного сына Телегона. По другим версиям, он умер своей смертью в Эпире или в Этолии либо погиб в Этрурии.



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