Io (in greco antico Ἰώ Iṑ) è un personaggio della mitologia greca e sacerdotessa di Era argiva, secondo la maggior parte delle versioni figlia di Inaco, dio fluviale e re di Argo. In altre tradizioni, è figlia di altri re di Argo, tra cui Iaso[1][2], Triopa o Peiraso[3]. In tutte le versioni è comunque l'amante di Zeus e la madre di Epafo.
Io | |
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Nome orig. | Ἰώ |
Sesso | Femmina |
Professione | Sacerdotessa |
A causa della sua storia mitologica, Io viene spesso raffigurata come una giovane donna con in testa le corna di una mucca. Per questo fu spesso confusa ed identificata con due divinità egiziane (Iside e Hathor) ed accostata alla Luna.
Zeus, a causa di un incantesimo gettato da Iunge, figlia di Pan e di Eco, si innamorò di Io ma poiché temeva la gelosia di Era quando la andava a trovare la nascondeva in una nuvola dorata.
Era lo accusò di infedeltà e trasformò Iunge in torcicollo per punirla. Zeus negò: "Non ho mai toccato Io" e per evitare di essere scoperto trasformò la giovane in una giovenca bianca, ma Era ne reclamò la proprietà e la affidò ad Argo Panoptes, ordinandogli: "Lega segretamente questa vacca a un albero di olivo presso Nemea".
Ermes, incaricato da Zeus di recuperare Io, prima addormentò Argo poi lo uccise colpendolo con una pietra ed infine tagliandogli la testa. Così liberò la giovenca.
In seguito Era mandò un tafano a pungere Io, che cominciò a correre per tutto il mondo conosciuto per sfuggire all'insetto.
Arrivata al braccio di mare tra Europa e Asia attraversò a nuoto lo stretto che prese il nome di Bosforo (Βόσπορος, "passaggio della giovenca") ed infine giunse in Egitto, dove partorì Epafo, riacquistando le fattezze umane.
uomo
donna
divinità
Il mito risale a una tradizione orale ben precedente alle Metamorfosi di Ovidio, ed è comunque già richiamato sia nel Prometeo incatenato sia nelle Supplici, tragedie di Eschilo risalenti al V secolo avanti Cristo.
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