Secondo gli autori romani sposò una donna di nome Aricia[6] e divenne il padre di Virbio[7].
Mitologia
L'insieme della leggenda di Ippolito è formato da un'iniziale opera di Euripide che ne racconta la prima vita e dalle aggiunte di altri autori (greci e romani) che lo riportano in vita e lo spostano dalla Grecia all'Italia.
La versione più nota della sua leggenda è quella tramandata dall'Ippolito Coronato che racconta di un giovane che fu orgoglioso della propria verginità e che scelse di vivere casto e di dedicarsi esclusivamente al culto di Artemide ed alla caccia.
Questa sua scelta offese Afrodite che decise di punirlo facendo sì che la sua matrigna (Fedra) s'innamorasse di lui e che, dopo il suo rifiuto, si suicidasse lasciando al marito (Teseo, padre di Ippolito) un biglietto dove lo accusava di averla violentata[8].
Per questa accusa e per il dolore del padre per la perdita di Fedra, Ippolito fu esiliato dalla città e mentre conduceva il suo carro per andarsene, l'arrivo di un grosso toro fece spaventare i suoi cavalli che, imbizzarriti, lo fecero cadere a terra e lo trascinarono facendolo sbattere contro le rocce[8].
Agonizzante, Ippolito fu allora condotto a Trezene. Allora Artemide, la dea cui Ippolito era devoto, rivelò a Teseo la verità circa l'inganno di Fedra, Teseo raggiunse il figlio e lo perdonò prima che questi spirasse.
Dall'Attica al Latium
Per desiderio di Artemide[1], Ippolito fu resuscitato da Esculapio[9][10][11] e una volta ritornato in vita rifiutò di perdonare il padre e si trasferì nel Latium nei pressi di Aricia, dove portò il culto di Artemide e ne divenne il re[11].
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