Afrodite (in greco antico: Ἀφροδίτη, Aphrodítē) è, nella religione greca, la dea della bellezza, dell'amore, della generazione. Secondo una versione del mito, nacque da Urano e dalla schiuma del mare, oppure fu figlia di Zeus e Dione. Veniva anche venerata come dea che rende sicura la navigazione[3]. Nella mitologia romana ha la sua equivalente in Venere, ed è affine anche ad altre divinità semitiche come Astarte e Ishtar.
Afrodite | |
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Nome orig. | Ἀφροδίτη (Aphrodítē) |
Specie | divinità |
Sesso | Femmina |
Professione | Dea dell'amore e della bellezza |
Affiliazione | Dei olimpici |
(LA) «sed ante omnia est non solum Praxitelis, verum et in toto orbe terrarum Venus, quam ut viderent, multi navigaverunt Cnidum.» | (IT) «Comunque non solo su tutte le sue statue (di Prassitele), ma nel mondo intero, primeggia la sua Venere: molti sono andati per nave a Cnido semplicemente per vederla.» |
(Plinio, Historia naturalis XXXVI, 4, 20. Traduzione di Antonio Corso, Rossana Mugellesi e Giampiero Rosati, in Gaio Plinio Secondo, Storia naturale, vol.V, Torino, Einaudi, 1998, pp. 545-547) |
Il nome Ἀφροδίτη (Aphrodítē) non è attestato in Lineare B (miceneo). D'altronde il suo accostamento etimologico, a partire da Esiodo, al termine ἀφρός (spuma del mare)[4] sembrerebbe di tipo "popolare"[5].
La tradizione greca la vuole di derivazione orientale: Erodoto[6] sostiene che il suo santuario di provenienza è quello di Afrodite Urania ad Ascalona, da lì i Ciprioti ne importarono il culto; mentre, per Pausania, i Fenici trasferirono direttamente il culto a Citera[7]. Comunque sia la sua figura venne ellenizzata già al tempo di Omero[8]: nell'Odissea[9] la si fa originare dal santuario di Pafo nell'isola di Cipro. Quindi se è probabile una sua influenza orientale è da tener presente che il tempio di Afrodite rinvenuto a Pafo è datato al XII secolo a.C., quando vi giunsero i Micenei (Achei), mentre la colonizzazione fenicia è invece attestata al IX secolo a.C.[10].
Urano | Gea | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Genitali di Urano | Crono | Rea | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Zeus | Era | Poseidone | Ade | Demetra | Estia | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
a[11] | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
b[12] | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ares | Efesto | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Meti | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Atena[13] | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Latona | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Apollo | Artemide | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Maia | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ermes | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Semele | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Dioniso | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Dione | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
a[14] | b[15] | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Afrodite | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
(GRC)
«Νέστορος [εἰμὶ] εὔποτον ποτήριον ὃς δ' ἂν τοῦδε πίησι ποτηρίου αὐτίκα κῆνον ἵμερος αἱρήσει καλλιστεφάνου Ἀφροδίτης» |
(IT)
«Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona» |
Pausania ricorda nei suoi scritti che già all'epoca di Dedalo esistevano xoana (simulacro templari in legno) di Afrodite[16]. A partire dal V secolo a.C. la rappresentazione della dea greca assunse un significato più specifico con opere come la famosa Afrodite Sosandra di Calamide (460 a.C. circa), in cui essa era rappresentata avvolta nel mantello e con un'espressione solenne e sacrale. Anche Fidia diede altre rappresentazioni della dea un forte senso di dignità, come nell'Afrodite Urania o nei frammenti del frontone est del Partenone[17].
A partire dal IV secolo a.C. l'iconografia della dea mutò radicalmente, a partire dall'Afrodite cnidia di Prassitele, primo nudo femminile dell'arte greca: in tale statua Afrodite è rappresentata mentre sta per immergersi nel bagno sacro, con uno sguardo lontano che ne sottolinea il carattere ultraterreno. In quegli stessi anni Apelle ne dipingeva una celebre immagine (perduta), l'Anadiomene, che la mostra sorgente dalle acque nell'atto di strizzare i capelli bagnati[17].
Ulteriori sviluppi si ebbero con l'ellenismo. Verso il 250 a.C. Doidalsa scolpì una celebre Afrodite accovacciata, in cui la dea è piegata nell'atto di ricevere su di sé l'acqua del bagno, in un atteggiamento umanizzato reso con estrema attenzione naturalistica, scevro dalla connotazione "eroica" delle figure precedenti. Negli anni successivi si continuò sulla medesima strada. Al II secolo a.C. risale la celebre Afrodite di Melos (nota come Venere di Milo), nuda dall'addome in su, con le gambe coperte da un fitto panneggio e il corpo animato da una misurata torsione. Un braccio della dea doveva incrociarsi verso la gamba opposta, leggermente sollevata, anticipando il gesto dell'Afrodite pudica, un tema sviluppato in varie versioni (Capitolina, Medici e Landolina le principali). Nelle opere più tarde dell'arte greca la resa naturalistica del corpo femminile nudo aveva ormai posto in secondo piano i significati religiosi, come si vede nell'Afrodite di Cirene o nell'Esquilina[17].
(GRC)
«μοῦσά μοι ἔννεπε ἔργα πολυχρύσου Ἀφροδίτης, |
(IT)
«O Musa, dimmi le opere di Afrodite d'oro, |
(Inni omerici- Ad Afrodite, V, 1-4. Traduzione di Filippo Càssola, Milano, Mondadori/Lorenzo Valla, 2006, pp.254-5) |
La potenza divina[18] di Afrodite è l'amplesso (γάμος, gamos), non solo quello "legittimo" perché «qualunque attività umana può assumere una dimensione sacrale; e l'amplesso è sacro in quanto vi si manifesta "la forza" (δύναμις, dynamis) che congiunge l'elemento maschile con l'elemento femminile, impersonata da Afrodite»[19].
«È verosimile d'altronde, che anche di Afrodite (Aphrodíte) si tramandi che sia nata nel mare per nessun altro motivo se non per questo: affinché tutto venga all'essere, c'è bisogno di movimento e di umidità, fatto entrambi presenti nel mare in abbondanza. [...] Afrodite, per altro, è la potenza che conduce insieme il maschile e il femminile: forse ha assunto tale denominazione in virtù del fatto che i semi generatori degli animali sono spumosi (aphróde) [...] È presentata come bellissima, poiché agli uomini risulta gradito in massima misura il piacere relativo al congiungimento come eccellente al di sopra di tutti gli altri, ed è chiamata per questo anche "amante del sorriso" (philomeidés) [...] La fascia ricamata, poi, è come adorna, trapunta e variegata, e ha il potere di legare e serrare insieme. È chiamata inoltre sia celeste (ouranía) sia terrena (pándemos) sia marina (pontía), poiché la sua potenza si osserva sia in cielo sia in terra sia in mare.» |
(Anneo Cornuto, Compendio di teologia greca XXIV; traduzione di Ilaria Ramelli, Milano, Bompiani, 2003, pp. 247 e sgg.) |
Nonostante la prerogativa della potenza divina della dea Afrodite fosse l'amore inteso come amplesso, il suo culto era generalmente serio se non austero[20].
Le prostitute la invocavano come loro protettrice[21] e, a Corinto, si esercitava la ierodulia in suo onore[22].
Non si sa molto delle feste in onore di Afrodite[23], ma la dea era sovente onorata al termine di imprese importanti[24]. Plutarco[25] ricorda che in suo onore si chiudevano le celebrazioni a Posidone a Egina.
Le feste "Afrodisie" erano proprie dei marinai, che la veneravano come dea sorta dal mare, al termine del loro viaggio per mare, vissute con larga partecipazione dei piaceri[26].
Gli animali sacri ad Afrodite erano il delfino, il passero, il cigno e soprattutto la colomba. Tra le piante a lei sacre ci sono la rosa, il mirto, la palma e il melocotogno[27].
Esiodo nella Teogonia (vv. 188-206) fa derivare il nome Ἀφροδίτη da ἀφρός (spuma, aphrós)[28] e ne narra in questo modo la nascita provocata dalla spuma marina, frutto del seme del membro di Urano evirato da Kronos, mischiato con l'acqua del mare:
(GRC)
«Μήδεα δ᾽ ὡς τὸ πρῶτον ἀποτμήξας ἀδάμαντι |
(IT)
«E come ebbe tagliati i genitali con l'adamante |
(Esiodo, Teogonia, 188-206. Traduzione di Graziano Arrighetti, in Esiodo Opere : 1998 Einaudi-Gallimard; 2007 Mondadori, p. 11.13) |
«Afrodite rappresenta, la potenza irresistibile dell'amore e l'impulso alla sessualità che stanno alla radice della vita stessa. In ogni creatura vivente la dea, se vuole, sa accendere il desiderio, che procede come un incendio, travolgendo ogni regola [...]. Al di là delle regole, al di là della giustizia, una forza possente travolge ogni creatura e la spinge a osare ciò che non avrebbe mai osato se fosse stata in senno. Poiché quando ama, ognuno sembra perdere la ragione, e si lascia trascinare dalla passione, quella di Afrodite è considerata μανία, una follia appunto, ma di tipo particolare: "i più grandi doni (scrive Platone, Fedro 244 a) vengono agli uomini da parte degli dèi attraverso la follia, quella che viene data per grazia divina".» |
(Giulio Guidorizzi. Il mito greco - Gli dèi. Milano, Mondadori, 2009, p. 507) |
Nell'Iliade Afrodite appare come figlia di Zeus (Ζεύς) e di Dione (Διώνη)[31][32], difende i Troiani ed è madre dell'eroe Enea, generato con l'eroe troiano Anchise, da lei personalmente difeso. La sua origine non guerriera è in questa poema evidenziata dal fatto che non solo viene ferita dall'eroe greco Diomede ma anche che, a seguito di ciò, il re degli dèi e suo padre, Zeus, la rimprovera di occuparsi di fatti guerreschi anziché attendere a quelli riguardanti "amabili cose d'amore" che sono di sua competenza[33]. Questo passo ha un interessante parallelo nella tavola n.VI dell'Epopea di Gilgamesh: l'eroe rifiuta la proposta di matrimonio della dea Ishtar, la quale va a lamentarsi dell'onta subita dai suoi genitori: Anu, il padre, ribatte rispondendole che era colpa sua, e quanto detto da Gilgamesh era la realtà. Diomede recita nel passo greco la parte di Gilgamesh, mentre la madre di Afrodite (in questo passo-tradizione moglie di Zeus al posto di Era) Dione è la letterale traduzione di Antu, dea-moglie di Anu, dio del cielo: Διώνη è il femminile tratto dalla stessa radice di Zeus, *dewos, "luce del giorno". Entrambe le coppie di divinità significano "Signore e Signora del Cielo". Questo passo andrebbe considerato, oltre che come prova dei contatti anche a livello letterario tra la Grecia antica ed il Vicino Oriente, come puro cameo letterario e non come rappresentativo di una linea genealogica alternativa.[34]
Anche nell'Odissea, Afrodite è la dea dell'amore ma qui è moglie del dio Efesto (Ἥφαιστος)[35] ma è amata anche da Ares (Ἄρης)[36].
André Motte e Vinciane Pirenne-Delforge ricordano come Afrodite si presenti già nella Teogonia di Esiodo, come la prima figura femminile in forme antropomorfe, emergendo da un contesto di desiderio e di violenza che ne caratterizza i tratti di seduzione e di inganno, poi presenti nella prima donna, Pandora[37].
(GRC)
«ποικιλόθρον' ἀθανάτ' Αφρόδιτα, |
(IT)
«Afrodite, immortale che siedi |
(Saffo, fr. 1 Voigt, 1-4; traduzione di Giulio Guidorizzi, in Lirici greci, Milano, Mondadori, 2007, pp. 240-1) |
In Empedocle, Amore (Φιλότης) è indicato anche con il nome di Afrodite (Ἀφροδίτη)[38], o con il suo appellativo di Kýpris (Κύπρις)[39], indicando qui la «natura divina che tutto unisce e genera la vita»[40]. Tale accostamento tra Amore e Afrodite ispirò al poeta epicureo romano Lucrezio l'inno a Venere, collocato nel proemio del De rerum natura. In questa opera Venere non è la dea dell'amplesso, quanto piuttosto «l'onnipotente forza creatrice che pervade la natura e vi anima tutto l'essere», venendo poi, come nel caso di Empedocle, opposta a Marte, dio del conflitto[41].
«Zeus è re, Zeus dalla vivida folgore il sovrano di tutte le cose; |
(Papiro di Derveni. Traduzione di Paolo Scarpi, in Le religioni dei misteri vol. 1, pp. 369 e sgg.) |
Afrodite era gelosa della bellezza di una donna mortale di nome Psiche. Chiese quindi a Eros di usare le sue frecce dorate per farla innamorare dell'uomo più brutto della terra. Eros accettò ma si innamorò egli stesso di Psiche (forse pungendosi inavvertitamente con una delle sue frecce). Eros la fece abitare in un bellissimo palazzo dove si incontrò con lui ogni notte ed ebbero dei rapporti sessuali. Lui le chiese solo di non accendere mai alcuna lampada, poiché non voleva che lei sapesse chi egli fosse (avere le ali lo rendeva individuabile). Le due sorelle, gelose di Psiche, la convinsero a trasgredire e così una notte ella accese una lampada, riconoscendo Eros all'istante. Una goccia di olio bollente cadde sul petto di Eros svegliandolo e facendolo fuggire. Nella disperata ricerca del perduto amore Psiche giunge al palazzo di Afrodite. La dea, mossa dall'ira, sottopone la fanciulla a una serie di prove, che Psiche riesce a superare grazie all'aiuto di esseri divini. Eros intanto, in preda alla nostalgia, si pone alla ricerca dell'amata e, trovatala, chiede a Zeus il permesso di sposarla. Ottenutolo, i due si sposarono ed ebbero una figlia di nome Edoné, che in greco significa piacere.
Afrodite era l'amante di Adone, dalla bellezza ultraterrena, ed ebbe un ruolo nella sua nascita. Ella spinse Mirra a commettere incesto col padre Cinira, re di Cipro. Quando Cinira scoprì la cosa, si adirò e inseguì la figlia con un coltello. Gli dei la trasformarono in un albero di mirra e Adone nacque da questo albero. Secondo altre versioni, fu Afrodite a trasformarla in albero e Adone nacque quando Teia colpì l'albero con una freccia o quando un cinghiale usò le sue zanne per strapparne la corteccia.
Una volta nato Adone, Afrodite lo prese sotto la sua ala, seducendolo con l'aiuto di Elena, sua amica, e rimanendo ammaliata dalla sua bellezza ultraterrena. Afrodite lo diede a Persefone perché lo vigilasse, ma anche Persefone fu meravigliata dalla sua bellezza e si rifiutò di restituirlo. La discussione tra le due dee venne appianata da Zeus o da Calliope, con Adone che avrebbe passato quattro mesi l'anno con Afrodite, quattro con Persefone e quattro per conto suo.
Adone alla fine venne ucciso dal geloso Ares. Afrodite fu avvertita di questa gelosia e le venne detto che Adone sarebbe stato ucciso da un cinghiale in cui si sarebbe trasformato Ares. Afrodite cercò di persuadere Adone a restare con lei tutto il tempo, ma il suo amore per la caccia fu la sua disgrazia. Mentre Adone cacciava, Ares lo trovò e lo colpì a morte. Afrodite arrivò appena in tempo per udire il suo ultimo respiro. Si narra anche che Afrodite diede una figlia ad Adone, Beroe.
Alle nozze di Peleo e Teti sul monte Olimpo furono invitati tutti gli dei e le dee tranne la dea della discordia Eris, che per vendetta lanciò sul tavolo una mela d'oro con scritto "Alla più bella". Ne derivò allora un'aspra contesa tra Afrodite, Era e Atena, per arrogarsi quel titolo. Zeus lasciò il compito di giudicare a Paride, il quale scelse Afrodite poiché gli aveva promesso l'amore di Elena, la donna più bella del mondo. Afrodite dunque contribuì allo scoppio della guerra di Troia, nella quale si schierò dalla parte dei Troiani contro gli Achei. Nel terzo libro dell'Iliade, Afrodite salvò Paride quando stava per essere ucciso da Menelao, e fu molto protettiva nei confronti del figlio Enea.
Prima di diventare una degli dei dell'Olimpo, Afrodite viveva nel mare, e si era innamorata di Nerito, l'unico figlio maschio di Nereo e Doride. Quando ella volle salire sull'Olimpo invitò anche Nerito a venire con lei, ma lui preferì rimanere tra le onde insieme alle sorelle, e Afrodite, infuriata, lo trasformò in una conchiglia.
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Questa voce o sezione sull'argomento mitologia è priva o carente di note e riferimenti bibliografici puntuali.
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Amante | Status | Figli |
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Adone | Mortale | |
Anchise | Mortale |
|
Ares | Dio | |
Bute | Mortale | |
Dioniso | Dio | |
Efesto | Dio |
nessuno |
Ermes | Dio |
|
Fetonte | Semidio |
|
Poseidone | Dio | |
Zeus | Dio | |
«Non cessano mai di muoversi e di agire al suo interno e condizionano l'esistenza umana attraverso l'ambiente naturale, i mezzi di sussistenza e tutti gli aspetti della vita sociale e politica. Ma agiscono anche all'interno degli uomini, nella loro intimità più profonda, quella che, per brevità, noi chiamiamo anima, sapendo bene, tuttavia, che può essere rischioso, usare questo concetto in relazione all'esperienza greca del divino» |
(André Motte. Il mondo greco. Il sacro nella natura e nell'uomo: la percezione del divino nella Grecia antica in Le civiltà del Mediterraneo e il sacro (a cura di Julien Ries). Trattato di Antrolopologia del sacro vol.3. Milano, Jaca Book, 1992, pag. 250) |
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