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La janara (AFI: /jaˈnaːra/) nelle credenze popolari dell'Italia meridionale, e in particolare dell'area di Benevento e dell'Irpinia,[2] è una delle tante specie di streghe che popolavano i racconti appartenenti soprattutto alla tradizione del mondo agreste e contadino.[3][4]

La dea Diana associata alla Luna, in un'opera del Guercino (1658)
La dea Diana associata alla Luna, in un'opera del Guercino (1658)
Janare intorno al Noce di Benevento[1]
Janare intorno al Noce di Benevento[1]

Il nome potrebbe derivare da Dianara, ossia «sacerdotessa di Diana»,[5] dea romana della Luna,[6] oppure dal latino ianua, «porta»:[7] era appunto dinanzi alla porta, che, secondo la tradizione, era necessario collocare una scopa, oppure un sacchetto con grani di sale; la strega, costretta a contare i fili della scopa, o i grani di sale, avrebbe indugiato fino al sorgere del sole, la cui luce pare fosse sua mortale nemica.


La leggenda


Lo stesso argomento in dettaglio: Noce di Benevento.

Secondo le più antiche leggende, le streghe beneventane si riunivano sotto un immenso noce lungo le sponde del fiume Sabato.

La janara usciva di notte e si intrufolava nelle stalle dei cavalli per prendere una giumenta e cavalcarla per tutta la notte. Avrebbe avuto inoltre l'abitudine di fare le treccine alla criniera della giovane cavalla rapita, lasciando così un segno della sua presenza. Capitava a volte che la giumenta sfinita dalla lunga cavalcata non sopportasse lo sforzo immane a cui era stata sottoposta, morendo di fatica. Per evitare il rapimento delle giumente si era soliti, piazzare un sacco di sale o una scopa davanti alle porte delle stalle, poiché la janara non poteva resistere alla tentazione di contare i grani di sale o i fili della scopa e mentre lei fosse stata intenta nella conta sarebbe venuto il giorno e sarebbe dovuta fuggire.

Contrariamente a tutte le altre streghe, la janara era solitaria e tante volte, anche nella vita di tutti i giorni, aveva un carattere aggressivo e acido.

Secondo la tradizione, per poterla acciuffare bisognava afferrarla per i capelli, il suo punto debole. Inoltre si diceva che a chi fosse riuscito a catturare la janara ella avrebbe offerto la protezione delle janare sulla famiglia per sette generazioni in cambio della libertà.


Fondamenti storici


Probabilmente la leggenda nacque nel periodo del regno longobardo su Benevento, poiché anche se quasi tutti gli abitanti della città si erano convertiti al cristianesimo, alcuni veneravano ancora in segreto gli Dei pagani in particolare le Dee Iside, Diana ed Ecate il cui culto è ancora testimoniato da monumenti sparsi per la città.

Obelisco egizio presente nel centro di Benevento
Obelisco egizio presente nel centro di Benevento

Dopo l'arrivo dei longobardi anch'essi pagani, forse alcuni dei pagani rimasti si unirono a loro nel culto degli alberi presente nella religione longobarda e nel culto della vipera dorata cara ad Iside, da qui forse nacquero le leggende delle orge infernali che si tenevano le notti di sabato sotto l'enorme noce.


Storie legate alle janare


In diversi paesi del Beneventano esistono svariate storie sulle janare ma bisogna ammettere che queste si assomigliano molto tra di loro, variando spesso solo per il luogo in cui è avvenuto il fatto e per il dialetto in cui viene raccontato, ovviamente ogni paesino ha la sua strega. Di seguito ci sono alcune di quelle più ricorrenti.

Fu trovato qui un foglio che narra di un boscaiolo beneventano passando di notte per uno di questi posti ebbe lo spiacere di assistere al sabba, cerimonia in cui si venerava Satana e ogni simbolo cristiano veniva messo al contrario. Egli, corso a casa, raccontò alla moglie tutto ciò che aveva visto: «C'erano donne che calpestavano la croce, altre che con alcuni uomini si dedicavano alle orge più sfrenate e altre ancora che si cospargevano di sangue. In mezzo a tutto ciò ho visto un cane orrendo che sedeva su un trono ...». La mattina dopo quell'uomo fu trovato ucciso.

Altra storia correlata alla figura della janara è quella che identifica un metodo pressoché infallibile per riconoscerle quando sono in sembianza umana: secondo questa diceria, basta recarsi alla messa della notte di Natale e, una volta terminata, uscire ed attendere per vedere le ultime donne che abbandonano la chiesa. Secondo la storia queste sarebbero le janare che, in forma umana, hanno assistito (per una sorta di contrappasso mistico-religioso) alla funzione più sacra di tutta la cristianità.


Le altre streghe di Benevento


Oltre alle janare vi sono altri tipi di streghe nell'immaginario popolare di Benevento. La Zucculara, zoppa, infestava il Triggio, la zona del teatro romano, ed era così chiamata per i suoi zoccoli rumorosi. La figura probabilmente deriva da Ecate, che indossava un solo sandalo ed era venerata nei trivii ("Triggio" deriva proprio da trivium).

Vi è poi la Manalonga (=dal braccio lungo), che vive nei pozzi, e tira giù chi passa nelle vicinanze. La paura dei fossi, immaginati come varchi verso gli inferi, è un elemento ricorrente: nel precipizio sotto il ponte delle janare vi è un laghetto in cui si creano improvvisamente gorghi, che viene chiamato il gorgo dell'inferno. Infine vi sono le Urie, spiriti domestici che ricordano i Lari e i Penati della romanità.

Nelle credenze popolari la leggenda delle streghe sopravvive in parte ancora oggi, arricchendosi di aneddoti e manifestandosi in atteggiamenti superstiziosi e paure di eventi soprannaturali.


La persecuzione


Le persecuzioni delle streghe possono considerarsi iniziate con le prediche di San Bernardino da Siena, che nel XV secolo predicò aspramente contro di loro, con particolare riferimento a quelle di Benevento. Spesso egli le additava al popolo come responsabili delle sciagure, e senza mezzi termini affermava che dovevano essere sterminate.

Un'ulteriore spinta alla caccia alle streghe venne data dalla pubblicazione, nel 1486, del Malleus Maleficarum, che spiegava come riconoscere le streghe, processarle ed interrogarle efficacemente tramite le più crudeli torture. In questo modo, tra il XV e il XVII secolo furono estorte numerose confessioni di supposte streghe, le quali più volte parlano di sabba a Benevento. Si ritrovano elementi comuni come il volo, pratiche come quella di succhiare il sangue dei bambini, tuttavia si trovano discrepanze circa, per esempio, la frequenza delle riunioni. Nella massima parte dei casi le "streghe" erano bruciate, mandate al patibolo o comunque punite con la morte con metodi più o meno atroci.

Solo nel XVII secolo ci si rese conto che non potevano essere veritiere confessioni fatte sotto tortura. In epoca illuministica si fece strada un'interpretazione razionale della leggenda, con Girolamo Tartarotti che nel 1749 spiegò il volo delle streghe come un'allucinazione provocata dal demonio, o Ludovico Antonio Muratori che nel 1745 affermò che le streghe sono solo donne malate psichicamente. Ipotesi successive vorrebbero che l'unguento di cui le streghe si cospargevano fosse una sostanza allucinogena.

Uno storico locale, Abele De Blasio, riferì che nell'archivio arcivescovile di Benevento erano conservati circa 200 verbali di processi per stregoneria, in buona parte distrutti nel 1860 per evitare di conservare documenti che potessero infiammare ulteriormente le tendenze anticlericali che accompagnarono l'epoca dell'unificazione italiana. Un'altra parte è andata persa a causa dei bombardamenti nella seconda guerra mondiale.


Racconti


La storia delle streghe di Benevento è corredata da un grande numero di racconti di diffusione popolare.

[Poemetti napoletani del XIX secolo]

Anche poeti e scrittori nonché musicisti italiani e stranieri parlano e raccontano di streghe, ispirandosi alla leggenda beneventana.


Film


Nel 2015 è stato realizzato un film horror ispirato alla leggenda delle janare e intitolato, appunto, Janara.

Il film horror comedy "Sono solo fantasmi" del 2019, diretto da Christian De Sica, nomina la janara come una strega che infesta Napoli e contro cui i protagonisti si scontrano.

Nell'ottobre 2021 esce "Januae" (Emian), cortometraggio musicale dedicato alla storia della Janara, con le musiche degli Emian e la regia di Elio Nubes De Filippo e Jessica Squillante


Maciara


In alcuni centri del settore orientale dell'Irpinia oltre alla janara c'è pure la maciara; talvolta si tratta dello stesso personaggio. Risulta essere sorta di stregoncella, più atta alle malocchiature dette "affascino". Per estensione, si dice di che fa moine, cioè che fa la "maciara" o che fa le "maciarije". Si nota la forte somiglianza del nome come le streghe del Trentino e della provincia di Milano; in alcune aree dell'Italia meridionale il termine è presente nella variante magàra.

Grotta della Janara località Gianola a Formia (LT). La grotta della janara si trova nel Parco Marino della Riviera di Ulisse tra l'antico porticciolo Romano di Gianola ed il lungomare di Santo Janni. È indicata da cartelli turistici e trattasi di una scala coperta, antico collegamento con i portici, il Tempio di Giano con le vasche termali allora esistenti. Prende il suo nome da una leggenda locale dove si pensava che fosse frequentata dalle streghe.


Musei


Nel 2017, all'interno di Palazzo Paolo V a Benevento, viene inaugurato Janua - museo delle streghe, primo museo multimediale permanente sulle Streghe, nato nell'ambito del Progetto "per terre, per bellezza, per santità".[senza fonte]


Note


  1. Illustrazione tratta da: Enrico Isernia, Istoria della città di Benevento dalla sua origine fino al 1894, volume Primo, pag. 214, Benevento, Stabilimento Tipografico A. D'Alessandro e Figlio, 1895.
  2. (EN) Alessandra Belloni e Matthew Fox, Healing Journeys with the Black Madonna: Chants, Music, and Sacred Practices of the Great Goddess, Simon and Schuster, 2019, p. 408, ISBN 9781591433439.
  3. Salvatore M. Ruggiero, Di Streghe e di Janare, pag. 7, 2015.
  4. Donatello Bernabò Silorata, Nella terra di streghe e "janare", in la Repubblica, 1º novembre 2012, p. 12.
  5. Macrobio sosteneva infatti che Jana era lo stesso nome della dea Diana (Macrobio, Saturnalia, II, 9).
  6. Alessandro Norsa, Nell'antro della strega, pag. 15, 2015.
  7. In tal caso l'etimologia farebbe riferimento al dio Giano, bifronte, preposto all'ingresso e all'uscita delle porte (Agnese Palumbo, Maurizio Ponticello, Misteri, segreti e storie insolite di Napoli, § 24, Benevento, le Janare attorno al Noce, Newton Compton Editori, 2015).
  8. Salvatore Viganò e Edoardo Viganò, Il noce di Benevento: ballo allegorico in quattro atti : da rappresentarsi nel Teatro Vittorio Emanuele nel carnevale-quaresima 1864 - 65, 1864. URL consultato il 20 giugno 2015.

Bibliografia



Voci correlate



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